Cooperazione & Relazioni internazionali

Minori ucraini, Limonta: «Questo è il tempo della protezione, non dell’adozione»

Sarebbero 2mila i minori non accompagnati ucraini che si trovano in territorio russo come profughi. La Federazione Russa starebbe pensando di semplificare le procedure affinché questi minori vengano adottati da famiglie russe, con adozione nazionale. Paolo Limonta, presidente del Ciai: «Per procedere a un’adozione è necessario essere assolutamente certi che quel bambino non abbia legami affettivi significativi con nessun adulto. Pensare di accelerare le adozioni non tutela il diritto delle bambine e dei bambini»

di Sara De Carli

«L’adozione in tempo di guerra è una inaccettabile violazione dei diritti dei bambini e delle bambine. Come è possibile, in tempo di guerra, verificare il reale stato di abbandono? Come si può essere certi che non vi siano legami affettivi significativi con persone che potrebbero prendersi cura di questi bambini e queste bambine?»: così Paolo Limonta, presidente di Ciai, commenta la notizia secondo cui la Federazione Russa sarebbe pronta a fare adottare a famiglie russe circa 2mila minori ucraini, che si trovano nel paese come minori non accompagnati. Un articolo di qualche giorno fa di Federico Fubini sul Corriere della Sera rivelava che la Federazione Russa, attraverso il suo Commissariato per la protezione dei bambini, sarebbe pronta a «spianare la strada all’adozione sistematica dei bambini ucraini deportati senza genitori da parte di famiglie russe». Sono circa un milione gli ucraini profughi all’interno della Federazione Russa, fra cui 1.700 minori non accompagnati. L’idea è di rendere semplice e rapido l’inserimento di questi minori in famiglie russe: «presto potranno essere adottati dalle famiglie come se fossero russi, presentando pochi semplici documenti», scrive Fubini.

È solo il buon senso o ci sono leggi che dicono che sull’adozione in tempi di guerra è meglio andarci cauti?
Ci sono anche delle norme, il Permanent Bureau della Conferenza dell’Aja il 16 marzo ha pubblicato una nota informativa sulla protezione e l’adozione internazionale di minori ucraini che a causa della guerra si trovano privati dei genitori. Nella nota si dice che i bambini che sono stati separati dai loro genitori in situazioni come quelle dell’Ucraina non possono essere dichiarati orfani e/o in condizioni di adottabilità. Ciò include anche i circa 100mila bambini, metà dei quali con disabilità, che vivono in istituti di accoglienza e collegi in Ucraina. Nel documento si ribadisce che nel caso di conflitti armati le misure devono essere rivolte alla protezione dei minori e non all’adozione, anche per i rischi che in situazioni di emergenza si verifichino pratiche illecite. Ovviamente questo discorso non vale per i minori per cui era già stato verificato lo stato di adottabilità e che erano già stati dichiarati adottabili, per loro anzi le procedure vanno portate avanti, per quanto sia difficile in questo momento farlo. E penso sia ai bambini ucraini sia a quelli russi.

Perché in tempo di guerra e di emergenza tutte le misure devono essere rivolte alla protezione dei minori e non alla adozione?
Perché solo così si rispettano i diritti delle bambine e dei bambini. Per procedere a un’adozione non basta sapere che i genitori del bambino sono morti: ci possono essere nonni, zii, parenti, famiglie allargate… È necessario essere assolutamente certi che quel bambino non abbia legami affettivi significativi con nessun adulto che possa prendersi cura di lui. Pensare di accelerare le pratiche adottive, come sembra voler fare la Russia, non tutela il diritto delle bambine e dei bambini a verifiche approfondite su questo aspetto. Sappiamo benissimo che le adozioni non sono una cosa semplice e per questo come Ciai abbiamo voluto dire una parola forte su questa questione. È inammissibile che uno stato che causa la fuga di minori non accompagnati dal loro paese, con bombaridamenti e guerra poi si presenti come il soggetto che ha a cuore i bambini che fuggono dai territori di guerra. Se davvero ha a cuore la sorte dei minori ucraini, la scelta da fare è semplice: interrompere la guerra.

La Federazione Russa non ha ratificato la Convenzione dell’Aja: l’avesse fatto, cambierebbe qualcosa? Che strumenti ci sono quindi?
Francamente non credo, quando viene data parola alle armi anche far osservare le normative e le convenzioni internazionali diventa molto complicato. Sicuramente ciò non ci esime dall’insistere perché la Convenzione dell’Aja venga ratificata da sempre più paesi. È ovvio che in situazioni come questa le prese di posizione di principio rimangono quasi ideali, non ci sono strumenti o organismi internazionali che possano applicare interventi coercitivi per impedire che succeda quello di cui Fubini parlava. Noi abbiamo ritenuto di dover prendere posizione, di affermare con forza l’inviolabilità dei diritti dei bambini e continueremo a farlo. Abbiamo scritto alla rete EurAdopt e abbiamo chiesto di prendere una posizione altrettanto netta, siamo in attesa di una loro risposta. Quello che possiamo fare è cercare di allargare il numero di enti e associazioni ed eventualmente governi che prendono posizioni in modo che anche questa questione sia posta all’attenzione dell'opinione pubblica ed eventualmente considerate se e quando verranno avviati seri colloqui di pace. Se il bambino ha legami significativi con persone del proprio paese, deve rimanere nel proprio paese.

Aleggia il precedente dei figli dei desaparecidos, ma guerre civili in questi anni ci sono state in tanti paesi e non in tutti i casi le adozioni sono state sospese. Quindi qual è il discrimine?
Come ciai lavoriamo in Etiopia e in Costa d’Avorio quindi sappiamo cosa significa lavorare in paesi dove ci sono stati colpi di stato o dove sono in corso scontri armati tra fazioni: le adoz non sempre vengono sospese, questa è una decisione che prende il Paese, ma sicuramente i tempi si allungano, perché si moltiplicano le situazioni che devono essere tenute in considerazione. La richiesta infatti non è di sospendere le adozioni in Ucraina ma di dare precise garanzie sul percorso adottivo, cioè aver verificato che non ci siano legami affettivi significativi… Noi mettiamo in discussione questa decisione non smentita di accelerare e facilitare le pratiche adottive. È l’“accelerare e facilitare” che ci mette in allarme. C’è una cosa semplice, che non viene capita: cioè che l’adozione va nella direzione del rispetto e del benessere e dei diritti dei bambini, non degli adulti perché il bambino non è il coronamento del sogno di genitorialità di due adulti. Accelerare gli aspetti burocratici delle pratiche adottive è qualcosa che non deve mai andare a ledere il diritto del bambino.

Ci sono famiglie italiane in attesa di adozione dalla Federazione Russa e immagino siano spaventate da un’azione di pressione sulla Russia su questi temi, che si aggiungerebbe alle sanzioni? A loro che dice?
Io mi auguro che i bambini e le adozioni non vengano sotto nessun punto di vista utilizzati come strumento di pressione internazionale. Nel momento in cui ci sono bambini che sono stati dichiarati adottabili e abbinati a coppie italiane, è chiaro che questi bambini devono venire in Italia al più presto, questo è quello che mi auguro: le guerre le fanno gli adulti e le conseguenze principali le subiscono i bambini.

Photo by Didssph on Unsplash


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