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Economia & Impresa sociale 

Donne, migranti, imprenditrici: il dialogo si fa fashion

Nell'ambito del progetto Interreg "See me in", realizzato dal Cgm e dai suoi partner europei, sei designer di moda hanno raccontato la propria esperienza e la propria passione

di Veronica Rossi

“La moda è il mio mondo, la mia vita”. Il fashion è più di una professione per la stilista iraniana Roya Abdollahi, che ora vive a Milano. È la sua passione, quello che ama fare. La donna è una delle sei designer con background migratorio protagoniste di un video promozionale realizzato nel contesto del progetto See me in, un Interreg implementato in cinque Paesi europei – Italia, Germania, Croazia, Ungheria e Slovenia – e gestito a livello nazionale da Cgm, il Consorzio nazionale per la cooperazione sociale Gino Mattarelli.

“Il progetto”, racconta la project manager Alessia di Cesare, “è cominciato nel 2019 e ha l’obiettivo di facilitare lo sviluppo di imprese multiculturali, avviate nelle città dell’Unione da persone nate fuori dalla Comunità europea e regolarmente residenti in uno dei suoi Paesi”. Queste attività, infatti, non riescono sempre a esprimere appieno il loro potenziale, a causa di barriere linguistiche, culturali e amministrative, e restano poco competitive sul mercato, nonostante la validità dei prodotti proposti. Tra gli output di See me in, oltre al video, anche un libro di ricette di chef con background migratorio e una piattaforma multilingue in cui gli imprenditori possono trovare una serie di risorse, strumenti e materiali per rafforzare le proprie competenze e affermare le proprie aziende. Rispetto all’idea iniziale, il progetto è molto più “digitalizzato”, a causa dell’epidemia di Covid-19, che ha caratterizzato la quasi totalità del suo periodo di svolgimento. Ma non si è trattato di un aspetto del tutto negativo: le attività online hanno permesso di raggiungere un numero molto ampio di persone e di aumentare le interazioni.

“Le designer che si raccontano nel filmato”, spiega Sabina Bellione, direttrice generale dell’area progettazione di Cgm, “provengono dagli Stati Uniti, dalla Russia, dall’Iran, dal Venezuela e dalla Bulgaria e si sono spostate in Europa principalmente per amore”. Per partecipare sono state selezionate imprese giovani, ma che fossero già avviate, con collezioni e prodotti da mostrare. “Il fatto che siano tutte donne”, continua la direttrice, “non è voluto: semplicemente si tratta di un settore più femminile”. Ognuna delle professioniste interpellate è specializzata in una branca del fashion: dai giocattoli e gli accessori per bambini agli abiti per adulti, passando per l’abbigliamento sportivo per persone incinte e i gioielli.

Scopo del video non era tanto mettere in luce le difficoltà che uno straniero può incontrare nell’aprire un’attività da lavoratore autonomo, quanto evidenziare il valore aggiunto che un’impresa multiculturale può offrire. “Se vieni da un Paese e lavori in un altro”, dice Bellione, “puoi avere un grande arricchimento, in termini di creatività e di innovazione. Una delle ragazze, proveniente dal Venezuela, spiega per esempio come arrivando in Europa abbia coniugato la sua tradizione con la stagionalità, che prima non conosceva”. Dall’incontro tra due culture scaturisce un mix che permette di inventare qualcosa di nuovo e di portare nel territorio in cui si sceglie di fondare un’azienda delle competenze diverse e, a volte, complementari rispetto a quelle delle persone che vi sono nate e cresciute.

Il filmato ha contribuito a dare visibilità alle fashion designer, anche grazie alle video pillole che ciascuna delle imprenditrici ha potuto utilizzare per la promozione nei propri canali social. Moltissime persone sono state ispirate dalle parole e dalle immagini realizzate nel contesto di See me in: in tanti hanno chiesto informazioni, hanno cercato un contatto con le protagoniste del progetto. “Spesso chi ha un background migratorio e decide di aprire un’attività si sente solo”, continua la direttrice. “Scoprire che altre persone vivono e hanno vissuto le stesse esperienze è molto d’aiuto”. Dopo il video, quindi, c’è stato una sorta di empowerment, ha fatto sentire le donne direttamente coinvolte e gli individui con una storia simile alla loro come parte di una grande comunità che ce la sta mettendo tutta, nonostante le difficoltà legate all’apertura di un’azienda multiculturale, in un periodo, quello pandemico, che mette tutti i liberi professionisti di fronte a grosse sfide.

“Ogni progetto”, conclude Alessia di Cesare, “contiene dentro di sé i semi per la propria sostenibilità futura. Questa rete che si è creata e questi punti di incontro e convergenza resteranno anche dopo la conclusione dell’Interreg, , così come la piattaforma online che mette a disposizione strumenti e materiali per gli imprenditori con background migratorio”.


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