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Cooperazione & Relazioni internazionali

In cammino per la pace in Ucraina, il contributo di Bergonzoni

Ieri il webinar promosso da Vita e Avvenire che vi suggeriamo di vedere perchè gli ospiti da Manconi al cardinal Zuppi, da Vignarca a Nello Scavo, da Moretti alla Sclavi sino ai rappresentanti della società civile ucraina aiutano, in una riflessione polifonica, ad approfondire le ragioni della pace. Vi proponiamo la trascrizione dell'intervento di Alessandro Bergonzoni

di Redazione

Giugno e luglio saranno due mesi "caldi" per la pace. Per i movimenti pacifisti della società civile che torneranno a mettersi in cammino. Dopo la carovana della pace, #Stopthewarnow, che lo scorso 1 aprile ha raggiunto Leopoli e permesso anche l’evacuazione di persone ucraine fragili, il prossimo 24 giugno e 14 luglio si replicherà ad Odessa. Non solo, sempre a luglio, ed esattamente l’11, festa di San Benedetto patrono d’Europa e anniversario della strage di Srebrenica, è previsto un secondo cammino di pace, quello messo in campo da Mean, il Movimento europeo di azione nonviolenta promosso da una quarantina di organizzazioni, che si appresta a raggiungere Kiev.

«La società civile ha un enorme valore, non solo testimoniale, perché può aprire punti di contatto» ha sottolineato il cardinale Matteo Maria Zuppi, presidente della Conferenza episcopale italiana, fra gli ospiti ieri del webinar il webinar dal titolo "Kiev. La pace in cammino" organizzato da Vita e Avvenire. Dei nuovi appuntamenti e degli incontri preparatori in programma già da domani a Firenze, il 18 giugno e il 20 giugno a Roma, si è parlato ieri durante l’incontro in rete con la partecipazione di Riccardo Bonacina, editorialista e fondatore di Vita e Marco Tarquinio, direttore di Avvenire.

Tra gli ospiti, oltre al cardinale Zuppi, Francesco Vignarca, della Rete italiana Pace e disarmo e tra i promotori di Stop The War Now, Luigi Manconi, sociologo e politico, che ha sottolineato i passi nuovi che caratterizzano i movimenti della pace italiani “pacifismo istituzionale” lo ha definito. Da Kiev sono intervenuti Angelo Moretti, portavoce di Mean, Maria Grazia Guida, presidente di Reti della Carità, l’inviato di Avvenire, Nello Scavo, e Marianella Sclavi, sociologa e attivista della Fondazione Langer. Al dibattito hanno partecipato anche rappresentanti della società civile ucraina e l’artista Alessandro Bergonzoni di cui riportiamo il testo dell’intervento

È arrivato il momento, l’incontro che lavora in me. È arrivato il momento solo che dobbiamo andare a prenderlo, ma se nessuno lo va a prendere va via con se stesso. In un momento. Io ho notato oggi che pacifismo ha acquisito un altro significato e mi piace dire che io mi sento pacifico come un oceano e voi siete un oceano. Quindi siete mossi, profondi, grandi e pieni di vita dentro. Quindi non c’è passività. Bella la scelta di mettere in gioco i corpi. L’idea del corpo che ho sempre usato entrando nelle carceri e nei manicomi, fin da giovane, mi serviva proprio per dire non far tanto la vittima, non ti lamentare. Invece oggi bisogna fare le vittime, diventare le vittime. Questo è fondamentale per cambiare la natura umana. Dicono che la natura umana sarà sempre e soltanto natura bellica, bene io devo cambiare in questo momento natura umana. Io sono d’accordo che ci deve essere un pacifismo istituzionale, al pacifismo istituzionale però non ci si arriva se non si tira su l’antenna della santità, della grazia, dell’essere profeti. Mi piace la parola non profet, nessuno deve essere profeta, però dobbiamo cominciare a cambiare una parte interna, dobbiamo cambiare il potere. Potere non da dominio, comando, conquista: Io dico sempre non voglio popoli da conquistare ma popoli con cui stare. Il problema è quello del potere fare, potere cessare, poter cambiare.

La pace tendenzialmente doveva essere fatta e preparata prima, quando c’era la pace. Altrimenti è come apparecchiare la tavola mentre le persone mangiano. Ma si può fare anche adesso. E credo che non sia un’utopia. Mi sono stancato – e sentendo voi ne ho la conferma – di sentire che la pace è un’utopia. Tutti cominciano da un’utopia, da un sogno, da una visione. Poi realizzano, partono, danno, e questo è forte, l’importante è non fomentare l’idea di vittoria, della gloria, dell’eroismo. Io dico sempre Gloria, che resti solo un nome, Armando, che resti solo un nome. Guerra che resti solo un cognome. La pace è un lavoro, una costruzione, allora uno dice la resistenza, la resistenza, ma cosa c’è di più eroico della resistenza alla guerra? Resistere alla guerra, non è una resa, non è assolutamente. È un cambio di passo in avanti, cessare una guerra senza vincerla non èviltà, è civiltà. Tutti mi dicono tu usi le parole, giochi con le parole. Basta. Dentro c’è un segno di civiltà, forte, dobbiamo fare un cambio d’uso di queste parole. Io ho fatto due concerti insieme a una violoncellista russa e un violoncellista ucraino, poi abbiamo fatto un altro concerto dove io ho parlato, loro hanno suonato questo va fatto per raccontare alle persone che si credono al di fuori di questo conflitto che non sono assolutamente al di fuori di questo conflitto, mai. Io non voglio ribadire: abbandonate il mercato delle armi che è denaro, la gente dice ci rimettiamo. Ma io dico ci rimettiamo in cammino. La parola rimetterci non significa solo perdere dei soldi, non significa solo cambiare l’economia, ma rimetterci in vita, rimetterci nel mercato, rimetterci nell’umanità che io chiamo sovrumanità.

Questo è fondamentale. Un artista può fare anche questo, ma non “debellare” l’essere umano e debellare l’umanità. Debellare, Virgilio diceva: “debellare i superbi e risparmiare i vinti”. È importantissimo curarsi prima di ammalarsi. Voi fate una prevenzione fenomenale. E questo credo che sia una parola fondamentale e sia però anche il grande lavoro da fare su tutti i cittadini, quelli che non possono andare a Kiev, quelli che non possono andare a Odessa, cercare di raccontare nei teatri, nelle scuole, nelle case con le persone che se non sei tu stanco dentro, se non sei tu spiritualmente pronto a ricevere una grazia potentissima che è la mutazione, la grande meta, la metamorfosi non è solo dei religiosi, non è solo del Papa, non è solo dei preti. È una grande richiesta di salto in alto, è un cambio di dimensione. L’uomo non può più vivere solo in una dimensione.

Sono contro l’idea che l’unione faccia la forza. L’unione fa la pace, non fa la forza. Ed è un grande problema quello delle parole che non sono parole, ma ci stanno dicendo: ci capite? Ci ascoltate? Ci sentite? La parola grana, grano, granai, granate non sono giochi di parole è una poesia, è una forma che costruisce quello che la televisione in questi 101 giorni ha fatto rovinosamente. Semplicemente usando parole, usando immagini di sottofondo, la guerra come mestiere per i giornalisti di televisione, quelli che sono lì per le chiacchierate, per vendere libri, mentre scorrono le immagini dei morti. Dovrebbero non censurare ma trovare il modo di trovare altri linguaggi, perché questo è un geniocidio, prima del genocidio c’è il geniocidio. Uccidiamo la parte più intelligente, profonda, geniale, visionaria che è in noi. È per questo che le parole vengono violate”.

Qui per rivedere il webinar


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