Welfare & Lavoro

I questionari dei pregiudizi

Falabella (Fish): «Questa volta sono le stesse amministrazioni locali ad alimentare gli stigmi e i pregiudizi. Chiediamo di ritirare i questionari». Rasconi (Uildm): «Parliamo di questi temi da sempre, perché noi associazioni non siamo state coinvolte a monte?». Anffas: «Strumento scientificamente validato, ma odioso e irrispettoso. La comunità scientifica, insieme al movimento, proponga altro»

di Sara De Carli

«Ci risiamo, questa volta sono le stesse amministrazioni locali ad alimentare gli stigmi e i pregiudizi nei confronti delle persone con disabilità e dei loro familiari»: Vincenzo Falabella, Presidente Nazionale della Fish, commenta così le due notizie rivelate da Repubblica Roma e da Sky Tg24 secondo cui prima il Comune di Roma e poi anche quello di Nettuno avrebbero predisposto dei questionari destinati alle famiglie con un componente con disabilità, al fine di quantificare lo stress dei caregiver e rilevare i loro bisogni. Queste le intenzioni dichiarate. Questionari che però «presentano domande che evidenziano una arretratezza culturale che alimenta lo stigma arcaico e putrescente verso le persone con disabilità e le loro famiglie», annota Falabella. Le amministrazioni comunali infatti hanno posto ai caregiver domande di questo tenore: «quanto risentimento provi nei confronti di tuo figlio disabile?», oppure «da zero a quattro, quanto ti vergogni del tuo familiare?».

«Con questo episodi, che purtroppo sappiamo essere non sporadici abbiamo veramente toccato il fondo. Ci troviamo all’interno di un baratro culturale», aggiunge Falabella. «Stavolta rileviamo una cattiveria inaudita da parte delle amministrazioni pubbliche che avrebbero il compito, invece, di tutelare i più fragili, e non di alimentare pregiudizi».

La Fish quindi chiede di «intervenire immediatamente ritirando quei questionari e, nel caso, anche di intervenire amministrativamente nei confronti di coloro i quali hanno dato il via a tale campagna finalizzata a corrispondere quattro soldi che sembrerebbero essere elargiti come premio alla virtù piuttosto che a soddisfare un bisogno essenziale. Da parte nostra abbiamo già attivato le interlocuzioni necessarie con la Regione e i Comuni coinvolti, attraverso FISH Lazio, per il ritiro immediato di quell’atto. Di sicuro, questa volta, non basteranno le semplici scuse da parte delle amministrazioni coinvolte».

Non è una questione di temi tabù o di pensare che per tutti i caregiver nutrano sempre e solo sentimenti positivi: «Ma invece di chiedere "quanto ti vergogni del tuo familiare?" si poteva chiedere "quanto l'ambiente esterno ti fa pesare la disabilità del tuo familiare?". Il tema che si indaga è lo stesso, ma senza alimentare pregiudizi e stigma», afferma Marco Rasconi, presidente nazionale di Uildm. Allo stesso modo, sarebbe stato diversissimo indagare tali questioni di persona, dentro un dialogo empatico, e non con un impersonale questionario «che per esempio non tiente conto del fatto che le cose sul piano psicologico sono molto diverse per il caregiver che ha ricevuto la comunicazione della diagnosi da un mese o per quello che vive questa situazione da tempo». Della vicenda lui mette l'accento proprio sul mancato coinvolgimento delle associazioni di persone con disabilità: «Abbiamo sessant'anni di storia, abbiamo affrontato tutte le questioni che ci riguardano, da tutti i punti di vista. È chiaro che anche il tema dell'accettazione della disabilità di un figlio o di un familiare è qualcosa che esiste e che va affrontato, così come il disagio psicologico causato dall'ambiente esterno. Le nostre relatà indagano questi temi da sempre, con gli strumenti e i modi giusti. Perché un'amministrazione nel 2022 deve atteggiarsi a pioniere, facendo da sola un questionario su questi temi, senza coinvolgere le nostre realtà? Dopo tutti questi anni si può più apprezzare il fatto che comunque c'è stato un segnale di attezione a un argomento così delicato: se il risultato è goffo , io ho il dovere di dire che questa cosa è stata fatta male e con almeno dieci anni di ritardo rispetto al linguaggio e alla concezione della disabilità. Coinvolgeteci prima, l'appello è sempre questo. Perché siamo anche stanchi di fare quelli che, a cose fatte, siamo costretti a dire che le cose non vanno bene: ci costringete a diventare antipatici, a passare per quelli a cui non va mai bene niente. Non è così. La verità è che abbiamo competenze, esperienza, una riflessione lunga anni… e le vogliamo mettere a disposizione perché insieme possiamo fare le cose bene insieme da subito, in modo che sia "buona la prima"».

A spiegare bene la vicenda esplosa oggi è una nota di Anffas. La cornice è – paradossalmente – quella di una positiva novità: la DGR Lazio n. 341 del 08/06/2021 approvava infatti delle “Linee guida regionali per il riconoscimento del “caregiver familiare”, la valorizzazione sociale del ruolo e la promozione di interventi di sostegno”. Un atto cioè che finalmente riconosce il ruolo e l’impegno di cura del “caregiver familiare”. «Tutto bene, se non fosse per le pesanti implicazioni scaturite da un’approssimativa e ancora troppo burocratizzante risposta da parte delle Istituzioni sulla rilevazione del “carico emotivo” vissuto dal caregiver per comprendere come supportarlo», annota Anffas. Il Comune di Nettuno così, «ha richiesto ai caregiver la compilazione di un questionario di valutazione per verificare il loro stress (fisico, sociale, emotivo, ecc.) conosciuto come il “Caregiver Burden Inventory – CBI” (Novak M. e Guest C., Gerontologist, 29, 798-803, 1989)». È la stessa Regione Lazione che lo ha indicato, appunto, come «possibile strumento da utilizzare». Le domande al centro della bufera di oggi e dei «giusti strali delle famiglie interessate e delle loro associazioni rappresentative» vengono da tale questionario. Questionario che, scrive Anffas, «pur risultando scientificamente validato per la valutazione dello stress assistenziale (specifico per persone con Alzheimer e altri disturbi neuro cognitivi maggiori o minori) è poco appropriato rispetto alle disabilità intellettive». «Pur comprendendo la necessità di verificare in concreto lo stress emotivo dei caregiver, si sarebbero dovute semmai richiamare, da parte della Regione Lazio, altri possibili strumenti che avrebbero raggiunto lo scopo senza giudizi lesivi della dignità delle persone e senza mettere a rischio anche il medesimo rapporto di spontaneità e di condivisione di un percorso tra il caregiver e la persona con disabilità». Il Comune di Nettuno quindi «trovando nella delibera regionale, ha somministrato il questionario, forse scaricandolo direttamente da internet e probabilmente alterandone il senso letterale nel tradurlo in italiano, senza valutarne l’effettiva efficacia rispetto allo scopo che si perseguiva e a quanto sembra con poca attenzione anche alle modalità con cui si sono comunicate le finalità di tale indagine che, invece di dare sollievo alle famiglie e alle stesse persone con disabilità, ha ulteriormente aggiunto stress e aggravato la condizione di disagio».

«Anffas ritiene del tutto inaccettabile l’utilizzo di tale improprio ed odioso strumento, a prescindere dalla sua validazione scientifica, e al fine di poter usufruire di una più idonea gamma di strumenti utili a dare risposte alle persone con disabilità, richiede alla comunità scientifica, cui manifesta la propria disponibilità a collaborare, di sperimentare e di mettere in campo studi, indagini e ricerca-azioni che sappiano fornire strategie e mezzi di valutazione ponderati e calibrati rispettosi delle varie sensibilità e non già finalizzati a meri ed inutili adempimenti burocratici». Una «giusta indignazione collettiva», quindi, con la speranza che «in futuro si ponga maggiore attenzione nel compiere atti di tale portata, avendo maggiore riguardo al rispetto dei diritti e dignità delle persone con disabilità e dei loro familiari».


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