Attivismo civico & Terzo settore

Delfini, in Sardegna vile bracconaggio per gourmand senza scrupoli

Nel Nuorese rinvenute due carcasse di tursiope, uno degli otto cetacei del Mediterraneo, e specie già a rischio. Li pescano di frodo per vederne il mosciame (filetti essiccati) a 200 euro al chilo al mercato illegale. Il Wwf Italia muove gli avvocati e ricorda progetti di tutela e campagna di adozione

di Barbara Marini

Il filetto di tursiope, al mercato nero, può toccare quota 200 euro al chilo. Per questo succede che qualcuno si metta a pescarlo di frodo. Il tursiope è un delfino presente al largo delle coste italiane; è una delle otto specie di cetacei presenti in Mediterraneo e, pur essendo tra le più avvistate, non gode di un buono stato di conservazione, infatti è considerata dalla Unione mondiale per la conservazione della natura – Iucn, come vulnerabile. Eppure il Wwf Italia, nei giorni scorsi, ha denunciato la comparsa a Orosei, nel Nuorese, di due carcasse sfilettate e mutilate dei poveri animali.

“Questo episodio, riportato da alcuni organi di stampa è solo l’ultimo di molti casi simili registrati in questi anni e testimonia la diffusione di questo grave e inaccettabile crimine”, ricorda una nota stampa del fondo per la natura, “il motivo dell’uccisione di individui appartenenti a questa specie è riconducibile alla vendita del cosiddetto mosciame: filetti di carne essiccata”.

Una vendita vietata, vietatissima: considerata illegale dal 1989 e tuttavia, dicono gli ambientalisti, “il commercio illegale della carne di delfino continua ad essere un mercato clandestino fiorente e diffuso in molte aree del Mediterraneo”.

Per questo il Wwf parla di crimine di natura, per fatti come quelli di Orosei, e punta l’indice contro “il mondo della ristorazione e quindi dalla domanda di alcuni consumatori senza coscienza”.

Non bagattelle, stiamo parlando di un fenomeno criminale che grava sulla biodiversità marina già compromessa a causa di lungo elenco di impatti quotidiani dovuti alle attività antropiche. Il Wwf li elenca: “eccessivo traffico nautico, bycatch (intrappolamento negli attrezzi da pesca), sovrasfruttamento ittico, inquinamento chimico, acustico e dovuto a macro- e micro-plastiche, deturpamento dell’ecosistema marino costiero. Il bracconaggio propedeutico alla vendita illegale del mosciame”, proseguono in volontari, “è quindi un crimine ancor più inaccettabile che però, ancora oggi, è difficile da contrastare. Per questa ragione è fondamentale la collaborazione dei cittadini/consumatori che, grazie a scelte consapevoli e responsabili, possono ridurre, fino ad azzerare la domanda di prodotti provenienti da fonti illecite”.

In prima linea nel contrasto al bracconaggio marino, il Wwf si è già attivato, tramite il suo ufficio legale, per supportare le indagini mirate ad individuare i responsabili. “Già nel 2016”, dicono dalla storica organizzazione, “avevamo presentato un esposto contro ignoti alla procura di Cagliari l’uccisione di un altro tursiope avvenuta all’epoca a pochi chilometri da Villasimius”.

Per contrastare i crimini di natura è tuttavia necessario “creare banche dati aggiornate e dettagliate, rafforzare la vigilanza, adeguare gli strumenti sanzionatori e puntare sulla formazione delle istituzioni pubbliche. Questi sono gli obiettivi del progetto europeo LIFE SWiPE (Successfull Wildlife Crime Prosecution in Europe), attraverso il quale il WWF lavora in Italia da oltre un anno per favorire il contrasto ai crimini contro la fauna selvatica, promuovendo e rafforzando il coordinamento con magistrati e forze dell’ordine”.

E per sostenere la mobilitazione c’è poi – evergreen dell’attivismo green – la campagna “Adotta un delfino”, aderire alla quale è sempre più un dovere civico.

La foto in apertura è di Fabio Mazzarella per Agenzia Sintesi


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