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Roma 2030: le proposte del sociale per l’Expo della sostenibilità

Con gli Stati Generali del 21 luglio, si è aperto il percorso per la candidatura di Roma ad ospitare Expo nel 2030. "Persone e territori: rigenerazione urbana, inclusione e innovazione" è il tema scelto. Il sindaco Gualtieri: «Sarà l'Expo della sostenibilità, del verde e della natura, con una grande centrale green che alimenterà l'area di Tor Vergata e una grande comunità energetica che renderemo permanente». Un tema su cui il sociale ha molto da dire

di Sara De Carli

“People and Territories: urban regeneration, inclusion and innovation”: è questo il tema scelto per la candidatura di Roma ad ospitare l’Expo del 2030. Il dossier di candidatura – che il comitato promotore sta ultimando – verrà presentato ufficialmente il 7 settembre: la scelta del BIE verrà annunciata a novembre 2023. Cinque i tavoli tematici che giovedì 21 luglio hanno animato gli Stati Generali di Roma per Expo 2030, accanto al tavolo istituzionale tenutosi in Campidoglio, con la partecipazione del sottosegretario Benedetto Della Vedova, del sindaco Roberto Gualtieri e dell’ambasciatore Giampiero Massolo, presidente del comitato promotore.

VITA ha moderato il tavolo dedicato al “Terzo Settore”, presieduto dall’Assessore comunale alle Politiche sociali e alla salute, Barbara Funari, che si è svolto al Campo dei Miracoli a Corviale: si tratta del nuovo campo da calcio del centro polifunzionale dell’associazione CalcioSociale, un luogo simbolo di inclusione e di rigenerazione attraverso lo sport.

Organizzazioni non profit italiane e internazionali – forti di un’esperienza quotidiana sui temi dell’inclusione, della prossimità, dell’innovazione sociale, della rigenerazione urbana – hanno espresso proposte, garantito il proprio appoggio, chiesto che l’Expo sia progettata fin dall’inizio con una forte legacy istituzionale, coerente con questi valori e auspicato che l’Expo sia l’occasione per accelerare percorsi che però vanno avviati senza aspettare il 2030. Fra l’altro il 2030 sarà anche l’anno in cui si farà un bilancio su quali obiettivi dell’Agenda 2030 saremo riusciti a realizzare: Roma quindi, candidandosi a Expo 2030 con un tema che parla di persone e territorio, si candida anche a proporsi come “capitale della sostenibilità”. «Un’Expo nel 2030 non può non essere un’Expo della sostenibilità», ha ribadito Giulio Lo Iacono, Coordinatore operativo di ASVIS. Il sindaco Gualtieri, nel corso degli Stati Generali, ha garantito che «non sarà l'Expo del cemento ma del verde». E ancora: «Abbiamo un'occasione irripetibile per trasformare Roma: lo faremo organizzando l'Expo della sostenibilità, del verde e della natura, con una grande centrale green che alimenterà integralmente l'area di Tor Vergata, rendendola neutrale dal punto di vista delle emissioni attraverso una grande comunità energetica che renderemo permanente». Tutti i padiglioni «saranno riutilizzabili».

Cosa si aspetta il sociale da Expo Roma 2030

La prima cosa che il sociale chiede e si aspetta è «il riconoscimento»: ha esordito Christian Iaione, titolare della cattedra di Comunicazione Istituzionale e direttore del Laboratorio per la Governance dei Beni Comuni presso la LUISS di Roma. «Le istituzioni spesso non vedono le risposte che le persone e le organizzazioni danno, mettendo a disposizione un’energia sociale e cognitiva che – ove riconosciuta – mette in moto meccanismi di abilitazione dei territori». Il secondo input forte è quello per una legacy istituzionale, non solo di spazi che restano al territorio: «Auspichiamo un percorso con una governance solida, cogestito da questi attori, per esempio una fondazione di partecipazione che resti dopo Expo 2030».

Francesca Danese, Portavoce del forum del Terzo settore del Lazio, ha chiesto più spazi: «La legacy di Expo potrebbe essere quella Casa del Terzo settore che da tempo attendiamo, dove fare formazione, dove accogliere le tante piccole associazioni che nemmeno hanno una sede». Ma allo stesso tempo la Roma che nel 2030 ospiterà Expo – se così deciderà il BIE – dovrà essere una «città dell’altra economia», con delle indicazioni chiare per il coinvolgimento non solo dei volontari «ma anche delle cooperative di tipo B, per i cui lavoratori fragili Expo potrebbe essere una grande occasione».

Il Direttore del Centro servizi per il volontariato del Lazio, Enzo Morricone, ha detto che «come associazioni presenti in maniera capillare sui territori, portiamo una conoscenza applicata» dei temi che la proposta di Roma per Expo 2030 mette al centro» mentre Giulio Lo Iacono, Coordinatore operativo di ASVIS si è spinto a immaginare che nel 2030 il tradizionale Festival dello Sviluppo Sostenibile potrebbe essere «lungo tutto il periodo di Expo», con un «rapporto speciale, redatto dai nostri esperti» e una «Casa dello Sviluppo Sostenibile che sia fisicamente sostenibile e che possa ospitare formazione, startup, best practice, per dire che “la sostenibilità non è un lusso”».

L’insegnamento di Expo Milano 2015

Luciano Gualzetti, Direttore Caritas Ambrosiana, Daniela Fatarella, Direttrice Generale Save the Children Italia e Vincenzo Falabella, Presidente Nazionale FISH hanno ripercorso invece l’esperienza vissuta a Milano nel 2015. Gualzetti ha ribadito l’importanza che già da questa fase di messa a punto del dossier di candidatura «nessuna voce sia lasciata fuori, perché non dimentichiamoci che non tutte le voci dicono le stesse cose, in particolare su questi temi. La voce degli ultimi può rivelarsi utile anche per “i primi” e la contaminazione può generare esperienze nuove», ha detto. Expo è una sfida: «Non basta vincere al BIE e ospitare l’evento, l’obiettivo deve essere quello di cambiare la realtà, concretamente». Fatarella, ricordando che il padiglione di Save the Children a Milano oggi accoglie una scuola, ha invitato a coinvolgere fin da subito bambini e ragazzi nel percorso, perché «non ci possiamo permettere di fare youngwashing», e ha ribadito che «l’Expo deve essere l’occasione di un percorso di rigenerazione urbana che non riguardi solo il luogo che ospiterà l’evento. Che cosa lasciamo ai ragazzi? Ci deve essere una trasformazione prima, durante e dopo l’evento». Anche Falabella ha chiesto coinvolgimento delle persone con disabilità, «perché insieme le soluzioni si trovano», per ragionare sull’accessibilità «non solo del sito di Expo ma anche della città, rilanciando Roma come città accessibile»: un tema che non riguarda solo le persone con disabilità, «ma tutta la cittadinanza, senza etichette categoriali, nella logica dell’universal design».

Il logo

ll logo di Expo 2030 Roma è un segno che richiama la forma di una porta e di un arco, un punto di incontro tra cultura, tradizioni, passato e futuro. Per la prima volta nella Storia delle esposizioni universali il logo diventa un NFT, un Non-Fungible Token, salvato sulla blockchain che rappresenta un pezzo unico di arte digitale e che ci accompagnerà verso un futuro sostenibile, digitale e connesso.


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