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Storia di Noemi e di altri invisibili

Una storia di solitudine e di abbandono quella che Victor Matteucci e Gilda Sciortino raccontano nel libro inchiesta "Noemi Crack Bang" percorrendo i 32 anni di vita di Noemi, giovane donna palermitana morta presumibilmente per overdose il 5 dicembre del 2020. Una storia drammatica che consente di addentrarci nel mondo degli invisibili, quell'esercito di giovani che vivono ai margini di una società che li ha classificati senza avere cercato di capire

di Redazione

Una vicenda dura, crudele, drammaticamente vera, che permette di entrare nel mondo degli invisibili denunciando tante carenze, come quelle affettive della famiglia, ma anche le tante mancanze del sistema dell’assistenza sociale dal quale i più fragili dovrebbero essere protetti e garantiti e che, invece, non riesce a dimostrare di sapere svolgere questo compito.

S’intitola “Noemi Crack Bang(La banalità del male), il libro scritto da Victor Matteucci e Gilda Sciortino, edito da Mediter Italia, che racconta la storia vera di Noemi Ocello, morta a 32 anni presumibilmente per overdose.

È il 5 dicembre 2020. La città si prepara al lungo periodo di festività che avrà inizio con l’Immacolata. Per due giorni le confraternite porteranno in trionfo la Madonna, “a marunnuzza”. In tutto il centro storico, come in un interminabile suk arabo, dovunque, c’è già la frutta secca e ci sono i cibi di strada, dalle arancine alla pizza siciliana, dalla calia e simenza alle panelli, dalle crocchè alle stigghiole. Dai bar e dalle piccole attività di fast food lungo via Maqueda si sparge l’odore degli “sfinciuni”, le focacce morbide condite con salsa di pomodoro, caciocavallo e acciughe, dei cardi in pastella (“carduna”) e del baccalà fritto con la “passolina”. È il primo pomeriggio di sabato. La folla di persone invade, come al solito, via Maqueda, via Candelai. È un fiume carsico che avanza ostinatamente con un brusio incessante. Improvvisamente, intorno alle 15.30, il vociare diffuso della gente viene lacerato dall’urlo della sirena di un’ambulanza. La folla si apre e si separa ai lati della strada, simultaneamente, mentre scende un improvviso silenzio. Il cuore della movida di Palermo cessa di battere per alcuni istanti. L’ambulanza del 118 è un grido di dolore che i palermitani conoscono bene. Di lì a poco verrà e rinvenuto il cadavere di Noemi.

La storia di Noemi è una storia tutta al femminile, non solo per la diretta protagonista, ma anche perché la maggior parte delle persone con cui ha avuto un contatto erano donne, entrate in conflitto con lei, invece di accoglierla. L’hanno continuamente giudicata senza darle modo di capire in cosa stesse sbagliando. Tutti hanno puntato il dito contro una giovane donna che voleva essere solamente prima figlia, poi madre, e alla quale, invece, è stato negato ogni ruolo. Doveva essere solamente una tossicodipendente e sottostare a regole che non le davano modo di uscire da un vortice che l’ha condotta alla morte.

Una solidarietà tutta femminile assolutamente mancata e che Noemi pensava di avere trovato in coloro con cui condivideva le giornate sotto le colone della biblioteca comunale di Casa Professa, nel cuore del centro storico di Palermo, che, durante la notte, si colora di anime solitarie, disperate, pronte a tutto pur di anestetizzarsi con la dose di turno. Luoghi in cui si anima lo spaccio e dove, alla fine, Noemi ha trovato solitudine e violenza, quest’ultima anche fisica.

«La storia di Noemi dimostra che le donne pagano il prezzo doppio degli uomini, anche nel mondo degli invisibili. Come al solito – sottolineano gli autori – sono le vittime finali, le ultime vittime degli ultimi carnefici possibili. Il conflitto di genere (come quello etnico) attraversa, al pari di una ferita aperta, in modo trasversale, tutti i possibili conflitti; si riproduce all’interno di ogni tipo di sistema sociale; attraversa tutte le autorità propedeutiche, dalla famiglia alla scuola e a tutti gli ambiti del mondo del lavoro, sia esso legale che illegale. Il suo non è un caso di tossicodipendenza e la soluzione scelta per raccontare la sua storia è stata quella di indagare la sua vita, a partire dalle sue relazioni con la famiglia, la scuola e con le istituzioni».

Inevitabile che una storia del genere abbia invogliato gli autori ad andare oltre, indagando, sondando, scandagliando i meandri di una Palermo sommersa, nascosta al resto di una città che, come quel 5 dicembre del 2020, continua a restare sorda e cieca, facendosi abbagliare da luci che, all’occorrenza, celebrano qualcosa pur di distogliere lo sguardo e l’attenzione da ciò che appare scomodo e interpella la propria coscienza, chiamando in causa tutti.

Un lavoro sinergico, per esempio, è in atto con le scuole grazie al protocollo d'intesa firmato con l'assessorato regionale alla Pubblica Istruzione per avviare il dialogo e il confronto tra docenti, studenti, istituzioni, servizi sociali e famiglia sul tema del disagio giovanile, delle tossicodipendenze, dell’emarginazione, della crisi della famiglia e riguardo al ruolo dei servizi sociali chiamati a rispondere alle dinamiche di disagio che portano alla deriva tantissimi giovani.

Ecco, dunque, questo libro inchiesta di 392 pagine, che contiene anche una ricca e inedita documentazione cartacea e audio, supportata da una serie di testimonianze inedite e a un’incredibile mole di documenti originali che la stessa Noemi ha lasciato nelle sue comunicazioni telefoniche della durata di ore. In tutto 55 interviste a rappresentanti istituzionali, procuratori, medici, psichiatri, insegnanti, insegnanti, diretti protagonisti per colloqui complessivi di circa 90 ore. Testimonianze grazie alle quali è stato possibile comprendere il mondo nel quale Noemi ha vissuto e ciò che sono stati i 32 anni della sua vita. Anni vissuti tra strutture psichiatriche, strada, dormitori, crack house, case e fabbriche abbandonate a Ballarò e allo Sperone dove lo spaccio, il consumo di droga, la prostituzione e la violenza sono la normalità.

Un libro che ha portato alla luce una vita rifiutata, di amore e rabbia. Di solitudine e dolore. Una vicenda consumatasi per anni nella Palermo sconosciuta degli invisibili, in pieno centro storico, sotto gli occhi di tutti.

Noemi era una giovane donna palermitana, con problemi di dipendenza, ma diversa da altre con situazioni simili perché rimane sul confine attraversandolo e riattraversandolo per anni, entrando e uscendo dal mondo degli invisibili, oscillando tra mondo integrato e mondo degli esclusi. Di solito, gli invisibili sono tali perché diventano silenziosi e spariscono dalla società civile. Al contrario, Noemi ha alternato assenze e silenzi a proteste e richieste di aiuto. Inutilmente. Tutto questo rende il caso Noemi straordinario.

Una nota sul sottotitolo, “La banalità del male”, chiaramente tratto dal saggio di Hanna Arendt.

«È evidente che, nella “vicenda Noemi”, non vi sia alcun disegno deliberato – aggiungono in conclusione Victor Matteucci e Gilda Sciortino – tuttavia, l’insieme di atti, procedure, comportamenti, pur nella loro specifica casualità, neutralità, involontarietà, hanno composto un risultato finale drammatico. Il male, quando è un prodotto collettivo, ha di solito questa natura banale di atti comuni e non voluti. In effetti, la tesi del libro è che non si debba individuare un capro espiatorio, quanto riformare il sistema dell’assistenza e della protezione sociale. In particolare, l’inchiesta denuncia la mancanza di un tutor in grado di affiancare soggetti vulnerabili come Noemi e l’esigenza di una risposta istituzionale integrata realmente in rete tra tutti i servizi».


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