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In Harley con il vento in faccia sfidando la vita

Parte da Palermo l'ottava edizione di "Route 21", percorso in Harley-Davidson a bordo delle quali viaggerà anche un gruppo di giovani con Sindrome di Down che il 4 ottobre sarà ricevuto dal Santo Padre. Non un progetto di inclusione sociale, quello al quale ha pensato otto anni fa Gian Piero Papasodero, ma un viaggio di autoconsapevolezza che non fa sconti a nessuno di questi centauri

di Gilda Sciortino

Il cinema ci ha fatto sognare grazie alle avventure di Peter Fonda e Jack Nicholson sulle loro fiammanti e rombanti Harley-Davidson in pellicole come "Easy Rider" o con Marlon Brando e la mitica giacca di pelle nera che indossa ne “Il Selvaggio”. Chi non ha desiderato di vivere la vita all’avventura come loro, senza tempo e senza regole, abbandonando la routine quotidiana e andando alla scoperta del mondo? Se, poi, a essere protagonisti sono ragazzi che la voglia di libertà ce l’hanno nell’anima, ma non sempre riescono a esprimere i colori dell’arcobaleno che caratterizzano la loro vita, un viaggio a bordo di un'Harley diventa una magia.

Non è, quindi, un progetto di inclusione sociale, un’iniziativa di sensibilizzazione, neppure un viaggio in moto per ragazzi Down, Route 21, il viaggio al quale ha pensato 8 anni fa Gian Piero Papasodero, vicepresidente dell’associazione “Diversa-Mente” che promuove il progetto. Un’edizione importante, l’ottava, presentata pubblicamente a Palazzo delle Aquile, sede del consiglio comunale di Palermo, per annunciare la prima tappa, quella che per la prima volta partirà domenica 4 settembre dal capoluogo siciliano, per poi proseguire lungo tutto lo Stivale.

In tutto 33 tappe, da potere seguire live sulla pagina https://www.facebook.com/route21chromosomeontheroad, l’ultima delle quali il 4 ottobre a Roma dove i ragazzi, che via via saliranno a bordo delle Harley a seconda del rispettivo logo di residenza, incontreranno il Santo Padre. Un’esperienza unica che, per i diretti protagonisti e le loro famiglie, è un’emozione anche solo pensarla.

«Abito a Verona e ho sempre partecipato alla Route 21 – dice Luca, 29 anni – e oggi ho approfittato di questa presentazione per visitare Palermo. Mi piace la sua ospitalità e la bellezza dei monumenti. Gian Piero mi ha fatto abituare a visitare i posti ed è bellissimo perché ti cambia la vita».

«Io vado in moto con Gian Piero da tanto tempo – racconta Andrea, 27 anni – e partecipare mi fa sentire veramente speciale».

Federico, 26 anni, ha partecipato a tutte le edizioni e a lui, andare in moto, ha cambiato la vita: «Quando viaggiamo incontriamo tante persone che ci accolgono sempre a braccia aperte e mi piace conoscerle tutte».

«La "Route 21" mi ha fatto vivere tante emozioni – sottolinea Alessio, 31 anni -. Mi piace anche aiutare i miei compagni quando hanno bisogno perché è bello superare tutti insieme le nostre difficoltà e le sfide che la vita ci pone davanti. Certo, andare in moto e fare tantissimi chilometri è faticoso perché devi stare sempre sveglio, non ti puoi addormentare. Quando scendo, infatti, mi fanno sempre male le gambe perché sto in tensione, ma lo farei altre mille volte».

Da Palermo parte Damiano, 28 anni, orgoglioso di posare per i presenti con il primo giubotto dell’ottava edizione: «Mi preparo tutto l'anno per andare in moto. Aspetto questo momento con ansia e sono contento di dare il via io alla "Route 21"».

Felici anche i genitori, sensibilmente più emozionati dei figli.

«Queste esperienze servono ai nostri ragazzi ad ampliare le loro conoscenze – sostengono Luisa e Costantino –. Per Alessio, poi, è stata fondamentale. È ogni volta l’occasione per incontrare e conoscere persone che li accolgono e li fanno sentire protagonisti. Gian Piero, poi, non fa loro alcuno sconto. Sole, vento, pioggia, va affrontato tutto. Ha imparato a rapportarsi alla pari con il conducente e questo lo ha gia fatto crescere. Alessio sarà in viaggio per sette giorni, nonostante tutto non ci preoccupiamo. Ci piacerebbe che chiamasse qualche volta, ma sappiamo che questo è un momento di piena indipendenza che deve vivere da solo».

Anche per la mamma di Andrea, la "Route 21", ha insegnato al loro ragazzo a essere autonomo.

«Cambia veramente tutto – afferma Roberta – avendo come punto di riferimento sempre e solo Gian Piero che, non dico vedano come un Dio, ma quasi. È anche un'occasione per affontare il mondo, la società perchè dove viviamo noi, a Lugo di Romagna, vicino Ravenna, per questi ragazzi non c'è niente. Sono del tutto abbandonati, quindi iniziative come questa, che consentono di fare cose nuove, servono come ricarica. Quando torna, per qualche settimana, è super attivo, emozionato di raccontare cosa ha fatto, chi ha conosciuto. Un'altra dimensione».

Patrizia e Massimo sono i genitori di Damiano. che domenica partirà da Palermo.

«Noi siamo di Padova ed essere qui è una vera emozione. Quello che la "Route 21" ha fatto per nostro figlio è inimmaginabile. Ha imparato ad aprirsi e relazionarsi con la gente, cosa che per lui era molto difficoltoso. Anche a casa si sente più sicuro nel parlare e questo succede perché Gian Piero crea una relazione alla pari che non prevede alcuna supremazia da parte sua».

Una bella sinergia, quella che dà vita a "Route 21" e che ha origini molto lontane. Un’avventura che è anche diventata libro, "ROUTE21 strada vita e cromosomi", scritto da Gian Piero per raccontare quello che è da sempre una rinnovata emozione per lui stesso.

«Quando 8 anni fa ho deciso di proporre questa avventura a una famiglia con un ragazzo down – affonda nei ricordi l'ideatore di quello che è prima di tutto un percorso di consapevolezza – ho capito che era un'idea vincente perché ho visto illuminarsi i volti di questi genitori. Ho aperto la strada a un modo nuovo di avere a che fare con questi ragazzi. Solo dopo 7 anni, però, rileggendo il libro e ripercorrendo tutti gli interventi che mi hanno preceduto, mi sono reso conto di quanta strada è stata fatta. L’hanno detto in molti che questi ragazzi tirano fuori il meglio di noi quando siamo in loro presenza. Siamo portati a essere più buoni. Quando ho scoperto che l'unico modo per fare tutto questo era non farli più andare via, ho fatto in modo che la "Route 21" entrasse a casa mia e facesse parte della mia vita quotidiana. Questo è il motivo per cui per me è semplice parlare di questo mondo, sentendomi a mio agio nei confronti di ragazzi che giudico miei pari a tutti gli effetti. Sono assolutamente incapace di vedere la loro disabilità perchè mi accorgo solamente di uomini forti che si battono contro qualcosa che è più grande di loro. LI ho scelti e non si sono mai arresi».

Un progetto che li ha aiutati ad autodeterminarsi per fare in modo che ognuno tirasse fuori il meglio di sé stesso.

«Devono riuscire a guardare oltre – aggiunge Papasodero – senza pensare che non ce la faranno perché hanno la sindrome di Down e che, per questo, non possono essere normali. È vero che portare in giro per l'Italia su una moto un ragazzo con disabilità è una grandissima responsabilità, ma è anche vero che privarli del loro tempo è la più grossa cattiveria che si possa fare. Solitamente si propongono attività che li mettono attorno al tavolo per far fare dei disegnini, senza che nessuno abbia la pazienza di dare altro. Con "Route 21" avviene la rottura con tutto quello che è consueto. Dico sempre che il tempo non lo puoi comprare perché io, per un incidente di percorso molto personale, lo stavo perdendo».

Mai arrendersi, dunque, nonostante tutto e tutti.

«Io non l'ho mai fatto e l'ho insegnato ai nostri ragazzi attraverso la lealtà. Sanno che nessuno li sta pigliando in giro. Scherzo sempre con loro, ma sono anche serio nel senso che sono consapevoli che, ogni volta che mi arrabbio e ogni volta che dico "bravo", sono sincero perché riconosco meriti e demeriti. Si parla tanto di inclusione, ma per me già il termine esclude. L'unico modo per dare risorse a questa società – conclude Gian Piero – è quello di abbattere tutto quello che finora è stato costruito ed è rimasto in piedi sol perché retaggio rispetto a un tema che spaventa. Sono più di 20 anni che vivo con questi ragazzi e per me sono dei figli. Non a caso la chiamiamo "Route Family».


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