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Politica & Istituzioni

Maria Teresa Bellucci: se vince Meloni, sono pronta a fare la ministra

Abbiamo incontrato la donna che la leader di Fratelli d'Italia vorrebbe a governare i dossier della solidarietà. Ecco cosa farebbe in tema di Terzo settore, reddito di cittadinanza, immigrazione, servizio civile, disabilità. Un impegno personale che nasce dal volontariato giovanile, passa attraverso il lavoro nelle tossicodipendenze e approda alla rappresentanza dell'associazionismo. Nel 2018, l'approdo alla politica. Di sé dice: "Dialogo con tutti ma sui i principi non transigo"

di Giampaolo Cerri

Potrebbe essere il nuovo ministro delle Politiche sociali di un governo di centrodestra, se quello schieramento prevalesse al voto del 25 settembre, e se Fratelli d’Italia facesse il pieno di consensi. Sì perché Maria Teresa Bellucci, romana, classe 1972, è la donna a cui Giorgia Meloni ha chiesto di seguire il sociale nella scorsa legislatura, cosa che ha fatto sedendo nella commissione affari sociali della Camera. Psicologa e psicoterapeuta che ha lavorato molto nelle dipendenze, ha guidato il Movimento delle Associazioni di Volontariato Italiano – Modavi, che l’ha portata nel Forum del Terzo settore e nel Consiglio nazionale del Terzo settore presso il ministero. Insomma, una che di sociale ne sa. Approccio morbido – “ho sempre dialogato con tutti, sia fuori sia dentro il Parlamento, e ho lavorato con persone stimabili dell’altro schieramento, come Paolo Siani, del Pd” – Bellucci tiene sempre il punto su principi e valori: “Sono sempre stati questi, sin da ragazzina”.

Onorevole, legislatura agli sgoccioli. Tracci un ideale bilancio del suo lavoro alla Camera: soddisfatta?

Quando sono stata eletta in parlamento ho preso un impegno…

Quale?

Quello di dare voce a chi spesso non ha voce nelle istituzioni. Ai più fragili, ai volontari e operatori del mondo della solidarietà sociale e della cooperazione, ai bambini, alle persone con disabilità e alle loro famiglie, agli anziani. Ho lavorato, mantenendo un rapporto continuo con i corpi intermedi e gli operatori del settore, con l’unico obiettivo di impegnare l’esecutivo a dare attenzione alla solidarietà, alla protezione dei più fragili, garantendo aiuti e supporti concreti.

Anche su provvedimenti specifici.

Mi sono battuta su questioni come la definizione del quadro fiscale del Terzo Settore, l’esclusione dell’Iva agli Enti di Terzo settore-Ets, la compensazione delle spese per i dispositivi di protezione individuale-dpi durante la pandemia, la piena applicazione della legge 68 per garantire il diritto al lavoro delle persone disabili, il riconoscimento del valore sociale ed economico dei caregiver familiari, l’eliminazione degli affidi illeciti dei minori insieme alla certezza dell’ascolto del minore in sede giudiziaria da parte del Giudice, il rafforzamento dell’assegno unico per i figli a carico e la destinazione di maggiori risorse per la tutela della salute mentale di minori ed adulti e per la prevenzione e cura delle dipendenze patologiche.

Molte cose. E per il futuro, cosa vorrebbe fare?

Superare la matrice centralista che ha caratterizzato i Governi dell’ultimo decennio, in favore dell’attuazione di riforme fondate sulla sussidiarietà e sulla costruzione di una reale alleanza tra pubblico, privato e privato sociale.

Cominciamo dal Terzo settore, interessato da una riforma importante: dopo che il pacchetto fiscale sarà stato vagliato dalla Commissione europea, sarà operativa. Se toccherà a voi governare, che farete?

Beh intanto, mi lasci dire che sono estremamente soddisfatta per aver contribuito con un emendamento a mia firma, in occasione del Dl “Semplificazioni”, alla definizione del pacchetto delle norme fiscali per il Terzo Settore. Un risultato raggiunto raccogliendo la richiesta di aiuto del Forum nazionale Terzo Settore e delle migliaia di enti che attendevano da troppo tempo, cinque anni, certe disposizioni fiscali. Certamente mi impegnerò per scongiurare l’applicazione dell’Iva agli Ets, oltre alla semplificazione e razionalizzazione delle procedure di iscrizione al Registro unico. E attueremo la co-programmazione e co-progettazione previste, dando pari dignità a pubblico e privato.

A proposito di leggi che rischiano di rimanere a metà, ce n’è una in materia di disabilità, attesa da milioni di famiglie. Quell’impianto la convince? O ci vuole altro?


L’impianto della legge contiene aspetti positivi ed altri da verificare.

Partiamo dai positivi.

Certamente c’è stata la volontà di ampliare le tutele delle persone non autosufficienti, destinando sforzi ed energie al riassetto delle disposizioni in vigore con l’obiettivo di dare centralità e garanzia al diritto alla vita indipendente e alla piena inclusione e accessibilità.

Cosa non la convince, invece?

Nella riforma è assente la fattiva integrazione socio-sanitaria, con la piena attuazione dei Lea e la definizione dei Leps, come anche la promozione dell’accesso al lavoro delle persone disabili e il riconoscimento del valore sociale ed economico dei caregiver. Se questi aspetti verranno realizzati nei decreti delegati a cui il futuro governo provvederà, si farà un importante passo avanti nel mettere la persona non autosufficiente e la famiglia al centro. Se gli italiani ci affideranno questo compito, potranno stare sicuri del nostro operato

Sulla non-autosufficienza è circolata una bozza di disegno di legge governativo. Che idea avete in materia?

L’Italia è la seconda nazione nel mondo e la prima in Europa per numero di anziani. Se a questo dato affianchiamo quello della denatalità che è giunta a record storici, scendendo al di sotto delle 400mila nascite nel 2021, arriviamo ad avere delle società rovesciate, con la popolazione anziana che supera significativamente per numerosità quella giovanile. È facile comprendere che le ripercussioni sulla stabilità del welfare sono e saranno gravi, con un progressivo peggioramento correlato ai continui saldi passivi tra nascite e morti. Pertanto, l’invecchiamento demografico ci impone di mettere tra le priorità dell’agenda di governo la riforma dell’assistenza socio-sanitaria, così da promuovere una welfare community.

Ossia?

Una comunità che accompagni le persone per tutto il corso della loro vita, privilegiano lo sviluppo di reti di assistenza territoriale di prossimità e il domicilio come luogo elettivo delle cure laddove possibile. Sono fermamente convita che la redazione solipsistica del Pnrr da parte dell’esecutivo, tutta incentrata sulle case di comunità, condannerà milioni di italiani anziani e non-autosufficienti a servizi scarsi se non assenti.

Qual è il punto, invece?

Per riuscire ad affrontare una tale riforma, e vincere la sfida dell’assistenza socio-sanitaria per tutti coloro che ne hanno diritto e bisogno, è necessario favorire una solida alleanza tra pubblico, privato e privato sociale, fondata sulla co-programmazione e co-progettazione. Solo seguendo questa strada questo sarà possibile e attuabile

Parliamo di Servizio civile, con la ministra Fabiana Dadone, questa esperienza ha attraversato non poche difficoltà. Nel cinquantennale dell’obiezione di coscienza, pensa che si possa rilanciare?

Bisogna rimetterlo al centro del dibattito, perché snaturato da una gestione disordinata e confusionaria. Serviranno maggiori risorse strutturali per il Fondo nazionale dedicato; il potenziamento del numero di operatori volontari da impiegare nei progetti e la valorizzazione del confronto svolto dalla Consulta nazionale per il servizio civile, esaltando il ruolo della collaborazione tra i protagonisti del pubblico e del privato sociale.

Il reddito di cittadinanza ha bisogno di una riforma profonda. Che direzione prenderete?

Si tratta di un provvedimento sbagliato, con un nome bellissimo.

Definizione singolare, spieghiamo perché, allora.

Si tratta di un provvedimento che non è stato capace di emancipare coloro che sono disoccupati: ha drenato risorse che potevano essere destinate al taglio del cuneo fiscale, agli aiuti alle famiglie, al finanziamento di percorsi di formazione professionale utili a favorire il ricollocamento della forza lavoro espulsa da settori in crisi o a fine ciclo. Certamente chi è inabile al lavoro deve essere aiutato economicamente dallo Stato ma…

Ma?

Ma poi la lotta alla povertà si fa creando le condizioni affinché, chi è nella condizione di poter lavorare, trovi imprese in grado di generare occupazione con stipendi adeguati.

Famiglia: lei ha duramente criticato il taglio per l’assegno unico. Se Fdi governerà, quali interventi immagina?

La sforbiciata di 630 milioni per l'assegno unico prevista nel Decreto legge “Aiuti” è un colpo basso le cui giustificazioni sono frutto di un linguaggio burocratese lontano dalla realtà. Una disfatta frutto dell'assenza di una comunicazione adeguata verso i cittadini e di un ministero che non ha coinvolto gli aventi diritto.

Quindi lo potenzierete?

Certo, nelle risorse e nei criteri, i quali non devono essere penalizzanti per coloro che hanno un valore Isee più alto solo perché, per esempio, proprietari di una prima casa. Il potenziamento dell’assegno unico e la riforma dell’Isee sono atti indispensabili per promuovere la natalità e sostenere la famiglia.

Parliamo di migrazioni, onorevole. Meloni ha riproposto il blocco navale, un tema che spaventa molte associazioni che si occupano di migranti. Vogliamo chiarire la ratio di questo provvedimento? E, più in generale, come si affronterà il tema generale dell’immigrazione?


Siamo contrari all’immigrazione illegale e incontrollata sia per ragioni di sostenibilità, ma soprattutto per rispetto della vita umana.

E perché, per rispettare la vita umana, si dovrebbero bloccare dei barconi?

Ma perché, già adesso, a pagare le conseguenze peggiori sono quegli immigrati che realmente si trovano nelle condizioni di necessitare di protezione e accoglienza e che in alcun modo riescono ad arrivare in Europa, come, in particolare, bambini, disabili, donne, anziani. La proposta di Giorgia Meloni, peraltro lanciata dalla stessa Ue nel gennaio del 2017 – senza che la sinistra urlasse allo scandalo – è di assoluto buonsenso e realizzabilità.

Concretamente come pensate di operare?

Fratelli d’Italia propone il blocco navale mediante una missione europea in accordo con gli Stati del Nord Africa per fermare, insieme a loro, la tratta di esseri umani e istituire in territorio africano hotspot, gestiti insieme all’Unione europea, dove vagliare le richieste di asilo e distinguere chi ha diritto alla protezione internazionale da chi quel diritto non lo ha. Contiamo di avere il sostegno dei Paesi del Mediterraneo che, come noi, condividono la stessa problematica.

Un altro tema che preoccupa molto il mondo associativo, quello che si occupa dell’infanzia, è quello dei minori a rischio. In Piemonte, i vostri alleati della Lega hanno lavorato a una legge regionale “allontanamenti zero”. Fratelli d’Italia, partendo dalla vicenda di Bibbiano, ha avuto una posizione molto dura in materia. Se governerete che direzione prenderete?

Quella della piena tutela delle persone di minore età e del riconoscimento del loro superiore interesse. Innanzitutto, non è più tollerabile il cono d’ombra che in Italia si abbatte sui minori allontanati dalla famiglia da anni.

Lei siede anche nella Commissione d’inchiesta interparlamentare…

E in più occasione ho denunciato l’assenza di un monitoraggio annuale che dia certezza del numero di minori in stato di affido e di tutte quelle informazioni circa la condizione di ciascuno, il collocamento, i progetti individualizzati necessari per dare garanzie di tutela. Serve un registro nazionale apposito, smantellando il labirinto in cui questi minori rischiano di perdersi diventando invisibili per lo Stato.

È sufficiente?

No, ovviamente, è indispensabile anche che l’Italia rispetti quanto recepito attraverso la ratifica della convenzione Onu sui diritti dell’infanzia in termini di ascolto del minore in sede giudiziaria, attraverso modalità a misura di bambino. È necessario, altresì, che vengano potenziati i Servizi sociali attraverso la dotazione di un adeguato organico composto da psicologi e assistenti sociali; l’Italia è drammaticamente sotto la media europea. Paradossalmente, a fronte di bambini che i Italia oggi muoiono per maltrattamento e violenze a causa di un sistema di protezione delle Istituzioni precario e insufficiente, vi sono minori che vengono allontanati dalle famiglie senza che ve ne sia la necessità come si è dimostrato dalla vicenda di Bibbiano.

Gli anni di pandemia ci consegnano un Paese in cui il disagio giovanile pare crescere, almeno a guardare le cronache. Quali risposte dare a una generazione?

Gli effetti della pandemia sono evidenti, molti ragazzi ne sono usciti smarriti, stanchi e stremati. Sono infatti in aumento dati su disturbi d’ansia, depressioni, atti di autolesionismo e tentati suicidi, oltre che quelli relativi all’uso di droghe e dipendenze comportamentali da internet, social e video giochi e il dramma della pedopornografia on-line. I numeri, dell’Istituto superiore di Sanità, sono preoccupanti.

Che fare, allora?

Dobbiamo intervenire per garantire il benessere psicologico e la salute mentale in età infantile e durante l’adolescenza. Per fare questo è fondamentale l’introduzione dello psicologo scolastico in pianta organica della scuola e il potenziamento dei nostri servizi di neuropsichiatria infantile che sono al collasso. E dobbiamo arrestare il dilagare delle dipendenze patologiche tra i giovani e fermare la cultura della normalizzazione dell’uso droghe mediante serie campagne di prevenzione e informazione.

Su questi temi, Telefono Azzurro ha proposto un Manifesto per l’infanzia e l’adolescenza. Che ne pensa?

L’ho già sottoscritto perché la tutela dei minori deve essere una priorità per uno Stato giusto. Condivido pienamente che un'emergenza infanzia esista in Italia, arriva a oltre il 26% la povertà minorile, abbiamo una scarsa accessibilità alla cura del benessere psicologico e della protezione della salute mentale in età evolutiva, oltre al pericoloso costante e veloce aumento dei rischi che provengono da internet e dai social. Poi c'è la questione drammatica dell'aumento della pedopornografia on line, solo nel 2021 la percentuale si è innalzata del 47%.

Del tema dipendenze lei è esperta, avendo lavorato anni su questa frontiera.

Sì, per anni ho lavorato con persone tossicodipendenti attive, in strutture a bassa soglia e unità di strada. Ho toccato con mano i limiti della cultura della riduzione del danno fine a se stessa, quando non garantisce con convinzione e dedizione un approccio fondato sul recupero pieno della persona, puntando sull’avvio di un percorso in Comunità. In questi casi ho lasciato contesti lavorativi, di cui sperimentavo questi limiti, andando alla ricerca e costruzione di un modo diverso di vivere la mia professione d’aiuto e il mio impegno sociale

Che cosa non la convinceva?

Non riuscivo a stare dentro certe idee, senza la speranza di un cambiamento, del recupero pieno di una persona, libera dalle catene della patologia, della dipendenza, aiutata e sostenuta da operatori in grado di accompagnarla in un percorso di elaborazione dei propri traumi, di conoscenza di se stessi e responsabilizzazione.

A proposito, in questi giorni si è molto discusso sulle devianze per il riferimento che vi ha fatto Meloni e un tweet, poi ritirato, di Fdi. Lei, da psicologa prima che da parlamentare, che ne pensa?

Che troppo spesso la campagna elettorale venga vissuta dal centrosinistra come una guerra contro il nemico, abbandonando l’illustrazione di contenuti e approfondimenti del programma e destinando, invece, tutte le energie a demonizzare e strumentalizzare ogni parola. Un peccato per la dialettica politica, un peccato per i cittadini, che dovrebbero invece andare a poter essere messi di fronte ai programmi e ai contenuti.

E quindi quel riferimento era giusto o sbagliato?

Parliamo di tematiche studiate ampiamente in psicologia. In Università come Sapienza di Roma, Lumsa o di Sassari vi sono insegnamenti specifici destinati alla Psicologia della devianza, sono stati scritti testi accademici che trattano il tema “delle devianze”. Insomma, usare il termine devianza in quanto problema di cui la politica si deve occupare è assolutamente corretto, La devianza è l'espressione di un malessere più profondo, di un disagio, che può sfociare in comportamenti antisociali, nell’uso di sostanze stupefacenti e di dipendenze patologiche. E poi mi viene in mente che la stessa ministra Lamorgese ha emanato di recente un bando per prevenire e contrastare le devianze?!

Veniamo a Maria Teresa Bellucci. Perché è entrata in politica?

Io sono una psicologa e psicoterapeuta. E guardi, io ho sempre visto la politica come partecipazione alla costruzione del bene comune e ho sempre pensato che per fare politica non si debba necessariamente stare in Parlamento. Puoi farlo da ogni luogo in funzione dell'attenzione che destini non soltanto ai bisogni individuali ma, anche, ai bisogni del prossimo, della comunità di persone con cui vivi. E questo è qualcosa che mi accompagna da quando sono giovanissima. Ho sempre fatto attività di volontariato. Quando ero adolescente, nei primi anni di università, prima in forma spontanea attraverso il volontariato e poi sentendo il bisogno di strumenti professionali per farlo meglio e, così facendo, sono diventata una psicologa e psicoterapeuta.

Poi la Meloni l’ha chiamata.

Si, nel 2018 mi ha chiesto di portare in Parlamento le mie istanze valoriali e la mia esperienza: la tutela della persona, con particolare attenzione alle fasi del ciclo vitale in cui questa è più fragile, oltre la sussidiarietà, dunque l’attenzione al mondo del Terzo settore italiano.

Se il Centrodestra vincesse e se Meloni, dopo esser salita a Palazzo Chigi, la chiamasse per entrare nel suo governo, si sentirebbe pronta?

Sì, sono pronta. Ho costruito fondamenta solide nel mio percorso professionale e nell’impegno sociale; per questo penso di essere pronta per servire l’Italia con l’abnegazione che mi contraddistingue, se gli italiani ci offriranno la loro fiducia attraverso il voto.


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