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5 proposte per riportare la finanza “giusta” nel dibattito elettorale

I temi della finanza restano assenti dal dibattito in vista delle elezioni del 25 settembre e nei programmi dei partiti sono marginali. Eppure banche, società di investimento, assicurazioni e fondi pensione hanno un grande potere nell’indirizzare le economie e nel definire il modello di società in cui viviamo. Per questo il Gruppo Banca Etica sottopone a partiti e candidati cinque proposte per un sistema finanziario inclusivo e al servizio di ambiente e diritti

di Redazione

Benché il modo in cui gli operatori finanziari gestiscono il denaro loro affidato da risparmiatori e investitori ha impatti immediati sul tessuto produttivo, sull’ambiente, sulla tutela dei diritti e sulla lotta alle diseguaglianze i temi della finanza restano assenti dal dibattito pre-elettorale e assolutamente marginali nei programmi dei partiti. Partendo da questa considerazione il Gruppo Banca Etica ha deciso di sottoporre ai partiti politici in corsa per le prossime elezioni del 25 settembre un pacchetto di proposte per una finanza al servizio di uno sviluppo economico pulito e inclusivo.

«Sulla scorta di oltre vent’anni di esperienza in cui il movimento della finanza etica italiano e internazionale hanno sviluppato modelli di business e strumenti finanziari (crediti, risparmi, investimenti, polizze assicurative, ecc.) che coniugano la ricerca dell’efficienza e del rendimento economico con la tutela dell’ambiente, il contrasto ai cambiamenti climatici, la promozione dei diritti e la lotta alle diseguaglianze, il Gruppo Banca Etica chiede alla politica di scrollarsi di dosso una certa subalternità nei confronti della finanza mainstream, e di indirizzare l’intero sistema economico tramite misure pensate per uno sviluppo collettivo più sano, equo e sostenibile», afferma la presidente di Banca Etica, Anna Fasano. «Benché negli ultimi anni si sia verificato un importante sforzo normativo, di livello europeo e nazionale, per regolamentare la cosiddetta finanza sostenibile, a oggi l’esito di tale sforzo è un quadro iper-complesso che non fissa paletti precisi, concentrato prevalentemente sugli impatti ambientali e poco su quelli sociali dei prodotti finanziari, trascurando sostanzialmente altre tematiche, come ad esempio il contrasto alla speculazione finanziaria».

L’auspicio del Gruppo è che il nuovo Parlamento e il nuovo Governo che usciranno dalle urne diano un impulso affinché l’Italia partecipi attivamente ai tavoli europei che possono contribuire a modellare una politica finanziaria coerente con gli impegni assunti per l’Agenda Onu 2030 per lo sviluppo sostenibile, con gli accordi di Parigi contro i cambiamenti climatici e con l’Action Plan dell’Ue, che propone una visione olistica e coordinata dell’economia sociale.

Ecco i temi su cui bisognerebbe agire secondo il Gruppo Banca Etica:

  • Finanza per la transizione energetica: per incentivare il credito alle imprese con impatti ambientali e sociali positivi proponiamo di introdurre “green o social supporting factor” che riducano gli assorbimenti patrimoniali sui finanziamenti con orientamento Esg . Si tratta di un’eventualità già in passato discussa ma che ancora non si è concretizzata. Analogamente si potrebbe applicare un “brown punishing factor” e richiedere maggiori assorbimenti patrimoniali per i finanziamenti ad attività con impatti ambientali e sociali negativi. Per quanto riguarda gli investimenti auspichiamo che l’Italia si spenda per chiedere all’Europa di modificare l’infelice decisione con cui ha incluso l’estrazione di gas e l’energia nucleare tra gli investimenti che si possono definire sostenibili.
  • Inclusione finanziaria per l’inclusione sociale: in seguito al continuo succedersi di fusioni bancarie abbiamo assistito al disimpegno dei grandi gruppi bancari su tutto il territorio, e in particolare nelle aree fragili e al Sud. Aumentano così le persone soggette a esclusione finanziaria. È necessario difendere la biodiversità del sistema bancario: come tante volte ricordato anche dalle associazioni delle banche di credito cooperativo e delle banche popolari, i dati dimostrano che le banche cooperative e di territorio, che mantengono una salda relazione con la clientela e una profonda conoscenza dei suoi bisogni, sono un presidio importante contro lo spopolamento delle aree fragili e contro le infiltrazioni criminali nei tessuti produttivi e sociali. Eppure la politica da anni spinge per un sistema bancario sempre più concentrato nelle mani di poche grandi società. Occorre invertire la logica delle norme bancarie a taglia unica, pensate per i grandi gruppi bancari, che penalizzano le realtà più prossime alle persone e alle Pmi. Oggi la maggior parte delle nuove regole bancarie finisce con il penalizzare l’attività creditizia delle banche con due effetti deleteri: chi avrebbe più bisogno è escluso dall’accesso al credito mentre assistiamo a un ulteriore spostamento di capitali verso attività speculative, meno regolate, o addirittura nel sistema bancario ombra che opera nell’opacità senza essere sottoposto alle stesse regole e controlli delle banche e delle altre istituzioni finanziarie.
  • Terzo settore: il prezioso mondo del non profit e dell’associazionismo per svilupparsi pienamente ha bisogno di nuove regole per la concessione di credito. Le banche che – come Banca Etica – vogliono dare credito alle realtà non profit non devono più essere penalizzate sul piano degli assorbimenti patrimoniali. Proponiamo inoltre di definire in modo stabile strumenti di garanzia pubblica sul credito al Terzo Settore.
  • Speculazione finanziaria: come stiamo amaramente toccando con mano la speculazione finanziaria impatta enormemente sui prezzi di beni primari come il cibo e l’energia; arricchisce pochi mentre depaupera le risorse per l’economia reale e i diritti primari delle persone. La politica deve e può contrastare la speculazione finanziaria ad esempio studiando forme di tassazione sulle transazioni finanziarie (cd. ”Tobin Tax”) e introducendo limiti e regole sui derivati.
  • Paradisi fiscali: auspichiamo un sempre maggiore impegno dell’Italia nei consessi internazionali per il contrasto ai paradisi fiscali. Qualche passo avanti si è fatto con la direttiva UE e con l’accordo Ocse del 2021 che obbligano le multinazionali a dichiarare quante tasse pagano in ciascun paese in cui operano, ma – come rilevato da Oxfam – non è ancora sufficiente.

In apertura photo by micheile dot com on Unsplash


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