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Immischiati: la call della Chiesa per i giovani in politica

Parte questa sera il percorso "Immischiati", un percorso smart sulla dottrina sociale della Chiesa. L'idea è quella di far riscoprire ai giovani la passione per la politica, andando oltre la rassegnazione e la logica del “tanto non cambia mai niente”. Sono 3.400 gli iscritti, al di là di ogni aspettativa. De Palo: «Nessun partito politico cattolico nuovo, la volontà è riaccendere la miccia del desiderio di politica. Anzi, il desiderio è ancora acceso, bisogna solo dare ai giovani la possibilità di vedere che il loro impegno incide. Altrimenti la partecipazione è solo indignazione»

di Sara De Carli

Martedì 20 settembre prende il via il progetto “Immischiati”, un corso per migliorare la qualità della partecipazione e della cittadinanza dei cattolici. Un percorso smart per riscoprire la dottrina sociale della Chiesa: un'esperienza già sperimentata "on the road" da un gruppo di amici tra professori, presidenti di associazioni, liberi professionisti e padri di famiglia che or ha trovato un finanziamento della Fondazione Cattolica e quindi ha fatto il salto sul digitale e sui grandi numeri. Al debutto, queesta sera, ci saranno il cardinal Matteo Zuppi e Giovanni Scifoni. Ne parliamo con Gigi De Palo, presidente di Fondazione per la Natalità.

Cos’è esattamente “Immischiati” e a chi si rivolge?

È un corso che si rivolge a tutte le persone di buona volontà, che in un certo senso passando e il tempo e vedendo la situazione politica italiana si stanno rassegnando. A tutte quelle persone che sono tentate di non andare a votare perché quando diminuiscono la qualità della partecipazione e la qualità della propria cittadinanza ognuno inizia a dire ma sai che c’è, c’è la guerra, c’è la pandemia, inizio a farmi gli affari miei, tanto le cose non cambiano mai lo stesso. Ecco, il corso è rivolto a loro, soprattutto volendo insistere su una narrazione nuova, più divertente, più immediata, io dico non convenzionale della dottrina sociale della Chiesa. È un po’ come con la famiglia: per tanto tempo l’abbiamo raccontata male, in maniera triste, angosciante, noiosa. Così anche la dottrina sociale della Chiesa, l’abbiamo raccontata come una cosa ammuffita, pesante, mentre invece è un tesoro da scoprire. Il nome non aiuta, ma è un tesoro da scoprire.

Quale riscontro avete avuto?

Eccezionale. Avevamo pensato questo percorso per 500, massimo mille persone e avevamo comprato gli accessi a Zoom per queste cifre, mentre in questo momento gli iscritti sono 3.400. Ora, non vuol dire che 3.400 persone tutte insieme inizieranno oggi il percorso e lo finiranno – ne siamo consapevoli – ma questo dimostra che c’è un interesse, un desiderio di tornare a partecipare, un desiderio di tornare a crescere dal punto di vista della competenza e della consapevolezza politica. Questo è un bellissimo segnale, in controtendenza con i dati che molto probabilmente vedremo settimana prossima sull’astensionismo. L’obiettivo quindi è proprio andare a parlare a tutte le persone che si sono rassegnate e che si astengono, cercando nei prossimi 5 anni di fargli tornare la voglia di appassionarsi alla politica e di dare il proprio contenuto. Che ci piaccia o no, infatti, la politica è necessaria.

Alla vigilia di ogni elezione torna il dibattito sul ruolo dei cattolici in politica e sul ritorno o meno di un partito cattolico: questo percorso firmerà le nuove leve di un nuovo partito dei cattolici?

No, nessun nuovo partito dei cattolici. L’irrilevanza dei cattolici non nasce dal fatto che il pensiero cattolico, i principi cattolici, la solidarietà del mondo cattolico, la sussidiarietà che quotidianamente porta avanti il mondo cattolico è irrilevante: no. La solidarietà, la sussidiarietà, il lavoro silenzioso che molti cattolici fanno con gli anziani, con i disabili, con gli immigrati, con le famiglie, con tutte le realtà difficile di questo Paese non sono irrilevanti: se il mondo cattolico smettesse di fare quello che fa il Paese andrebbe a rotoli perché buona parte dell’associazionismo nasce in area cattolica. L’impegno dei cattolici però non può essere solo questo. C’è necessità anche una partecipazione politica e di cittadinanza più matura. Il percorso vuole fare tornare il desiderio di politica, consapevole: fermo restando che la politica non è solo mi candido a sindaco, entro in un partito, mi candido come parlamentare. La politica è anche coinvolgersi – o immischiarsi come dice il titolo del percorso – nella scuola di tuo figlio, nel consiglio d’istituto, nel comitato di quartiere. Politica è proporre e arrivare a fare il quoziente famigliare all’interno del tuo condominio, facendo pagare il riscaldamento in base alla composizione del nucleo famigliare come avviene in alcune situazioni che ho conosciuto. Si può fare un percorso per la gestione delle risorse…. Immischiarsi in tutti gli ambiti politici. Quindi no, nessun partito politico cattolico nuovo, la volontà è riaccendere la miccia del desiderio di politica. Anzi, nemmeno riaccendere la miccia, forse l’immagine più corretta è soffiare sulle ceneri, perché sotto le ceneri la brace è ancora accesa, va solo riattizzata la fiamma.

Politica come forma più alta di carità: vale ancora? O meglio, c’è ancora qualche giovane che lo pensa?

Io credo che siano tanti i giovani che lo pensano. Il problema è che oggi il sistema politico, per come è strutturato e per la legge elettorale che abbiamo ti impedisce di dire che sì, può essere vero. Oggi come oggi non riesci a votare la persona che si spacca la schiena sul tuo territorio, non ci sono le preferenze. Questo percorso – è una cosa su cui mi batterò – si adopererà per fare un grande movimento che possa rimettere al centro le preferenze, perché di fatto la politica diventa carità e servizio se c’è un riscontro territoriale: se la politica è tutta decisa a Roma dal leader di partito e tu di fatto hai la possibilità di fare qualsiasi cosa solo in base a qual è il tuo rapporto con il leader del partito, questo allontana totalmente dalla politica. La politica è bella e i giovani questo lo sanno, ripeto, perché il desiderio c’è. Torno a fare un parallelo con la famiglia: il desiderio di famiglia tra i giovani c’è, ma se tu non metti i giovani nelle condizioni di realizzare famiglia, vanno all’estero. C’è il desiderio di politica, ma se non metti i giovani nelle condizioni di impegnarsi, di farsi in quattro ma vedendo che il loro servizio genera un consenso e che questo consenso incide, ha anche un riscontro politico e che tu puoi servire il tuo comune, la tua città, il tuo paese o chi vuoi tu… che fa? Si rassegna o si indigna. Così tutta la partecipazione viene canalizzata verso l’indignazione, la polemica, le critiche non costruttive se non anche in situazioni di violenza perché comunque uno il desiderio di dire come la pensa lo ha.

Perché Immischiati?

Mettersi in mezzo. È una parola che può essere letta con due accenti, immìschiati come imperativo, come invito a mettersi in gioco ma anche immischiàti, che è lo stile del cristiano, di essere lievito e sale, di stare nel mondo ma non essere del mondo, del portare le proprie chiavi di lettura in tutte le situazioni del mondo: la dignità della persona umana, il lavorare per il bene comune, un approccio solidale, la valorizzazione della sussidiarietà per il protagonismo delle persone, la partecipazione, sono questi i pilastri della dottrina sociale della Chiesa e il senso dell’invito a immischiarsi.

Elezioni 2022, manca meno di una settimana al voto. Quale livello di attenzione e proposte hai registrato su famiglia e natalità?

Non faccio nomi di partito. Ci sono due delle quattro coalizioni che hanno proprio preso a cuore il tema natalità e famiglia e questo è un bene, perché finalmente si mette al centro la natalità che è la nuova questione sociale. Tutti i partiti hanno preso a cuore il tema famiglia e tutti hanno detto che vogliono migliorare l’assegno unico e anche questo è un bene: si è compreso che l’assegno unico era una riforma strutturale, adesso c’è e adesso bisogna costruirci attorno altro. L’idea mia è che serva anche rivedere i fondi Pnrr sul tema natalità, che in questo momento è un tema “accessorio”: nessun partito lo ha messo nei programmi ma spero che tutti lo possano fare. L’importante è capire che la natalità non riguarda solo i cattolici, l’associazionismo famigliare, i giovani: riguarda tutti. Riguarda gli anziani che non avranno i servizi sanitari che abbiamo avuto finora, i fragili perché se crolla il welfare non avranno più servizi, le imprese – finalmente lo dicono anche loro – perché il Pil diminuisce. Ma io dico che innanzitutto se non nascono più figli non c’è più speranza, perché la cartina tornasole oggettiva del livello di speranza di un paese sono i bambini che nascono, è quello che ti fa capire il desiderio di futuro. Chi non mette al mondo figli vuol dire che si è rassegnata, che non ha fiducia nel futuro. Questo mi spaventa soprattutto. Un percorso come questo che iniziamo oggi rimette in moto dei desideri, una voglia di un futuro diverso che c’è ma che in Italia viene anestetizzata.


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