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L’Africa che genera bellezza

In Casentino, VII edizione di Cantastorie - Stand up of Africa: artisti e produzioni culturali del grande continente. I curatori: «Quello che si impara nella convivenza tra individui sono le esperienze dirette, raccontate attraverso la vita». Fino al 30 ottobre

di Barbara Marini

In questi giorni il Casentino, la verde valle toscana che lambisce la Romagna e l’Umbria, parla di Africa. Ma a tema non ci sono carestie, la povertà o i rifiuti che gli stiamo scaricando mentre si discute la sostenibilità ma si erge un’Africa come potenza creatrice di bellezza, nell’esperienza, nella produzione artistica e culturale che troppo poco vengono raccontate.

Cantastorie – Stand up for Africa, curata da Pietro Gaglianò, dal 2016 artisti, laboratori e collezioni in quel pezzo di Toscana abitato da foreste secolari, abbazie, castelli e natura incontaminata: è un progetto, ideato dall’Hymmo Art Lab di Pratovecchio, in provincia di Arezzo, con la cura e direzione di Paolo Fabiani e Rossella Del Sere. È fortemente incoraggiato e sostenuto dall’Ecomuseo del Casentino, diretto dall’architetto Andrea Rossi, che ci racconta come “Stand up for Africa rappresenti una risorsa preziosa anche per l’Ecomuseo, che non è un progetto legato solo al passato, alle interpretazioni delle tradizioni e delle specificità locali. Ma vuole essere anche un laboratorio per il presente e quindi quale migliore strumento se non l’arte contemporanea, per indagare la necessità di dialogo interculturale, di confronto che non riguarda solo gli abitanti storici, ma che riguarda persone che a diverso titolo scelgono di abitare su questo territorio. Quindi è un vero e proprio laboratorio culturale a disposizione di tutta la prima Valle dell’Arno”.

Il tema della VII edizione si chiede se è possibile davvero raccontare le migrazioni, restituendo i tempi dell’addio, del viaggio, degli arrivi, dell’attraversamento dei luoghi. Tra i figli di questo immenso continente Maurice Pefura (nelle immagini), nato a Parigi nel 1967 da genitori camerunensi, vive e lavora tra Milano e Parigi, mentre Zakaria Mohamed Ali regista somalo, rifugiato in Italia dal 2008.

Il primo, Pefura, architetto, pittore e artista poliedrico, conosciuto per le sue installazioni. La sua ricerca sul rapporto tra il corpo e lo spazio interiore e quello esteriore, fisico, che siamo chiamati a condividere si concentra sulle periferie delle metropoli, e segue la rotta dell’appartenenza perduta, e dell’identità nuova che va costruendosi tra generazioni miste e confini geografici (non ideologici) sempre più superati. Per Stand up for Africa creerà un’opera inedita espressamente pensata per lo spazio di HYmmo Art Lab, incentrata sul tema dell’abitare, della sua flessibilità e della sua permanenza. Pefura inoltre condurrà un laboratorio di una settimana rivolto a quattro artisti emergenti: Giovanni Bonechi, Gianluca Braccini, Gianluca Tramonti, Apo Yaghmourian. Gli esiti del laboratorio verranno presentati al pubblico il 24 settembre a HYmmo Art Lab, Pratovecchio. La mostra sarà visibile fino al 30 ottobre.

Ali ha invece lavorato come libero professionista in Somalia durante la guerra civile. Per il suo lavoro ha rischiato più volte la vita e nel 2007 ha lasciato il suo paese, arrivando in Italia, attraverso il Mediterraneo, nel 2008. Zakaria sarà ospite a Stand up for Africa per la conclusione della mostra, il 30 ottobre, per incontrare il pubblico e presentare alcuni suoi film. L’incontro, realizzato in collaborazione con AMM, Archivio delle memorie migranti, Roma, verrà introdotto e mediato da Federico Triulzi.

Così in questo inizio di autunno difficile e preoccupante per tutti chiedo a Paolo Fabiani se ci siano modi diversi per parlare di immigrazione, identità e appartenenza e quali novità imparate nella contaminazione con questi artisti? «Quello che si impara nella convivenza tra individui», mi racconta, «sono le esperienze dirette, raccontate attraverso la vita. Forse più che "novità" il recupero di quei valori umani che stanno nel dialogo, nel racconto, nell'empatia comune che ci si scambia quando si incrociano le vite umane.La migrazione è, da che mondo è mondo, una condizione fondamentale dell'essere umano che ha viaggiato sin dai primordi, da oceano a oceano; si pensi alle grandi opere scultoree di Rapa Nui, nell’Isola di Pasqua, che si trova ad ovest dell'America Meridionale, sicuramente realizzate, non sappiamo ancora con quale tecnica, dalle popolazioni emigrate dalla Polinesia. Quindi l'arte è il fulcro per la riscoperta di ciò che l'uomo ha forse dimenticato». L'attesa da nuova edizione e dai giorni di laboratori, spiega Rossi, «il desiderio che proviamo a condividere con chi visita la mostra di restituzione del workshop di Maurice Pefura, è provare a fare un salto dentro la realtà vissuta da chi vive oggi il viaggio della migrazione».

Stand up for Africa è un evento promosso dall’Unione dei Comuni Montani del Casentino, in partenariato con una serie di soggetti pubblici e privati, con il sostegno della Regione Toscana – Toscanincontemporanea2022, con il contributo di Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi Monte Falterona e Campigna, Comune di Pratovecchio Stia, Rete SAI, (Sistema Accoglienza Integrazione) e con la collaborazione della Venerabile Confraternita di Misericordia di Pratovecchio e di AMM, Archivio delle memorie migranti, Roma.

Programma e aggiornamenti sulla pagina Facebook dell'evento.


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