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Crescono le dipendenze patologiche. Cosa dovrebbe fare la Regione Sicilia

Nell’agenda dei partiti e dei candidati che chiedono di essere scelti e votati per fare parte del prossimo Governo regionale della Sicilia non si fa assolutamente cenno al tema delle dipendenze patologiche, la cui crescita preoccupa quanti operano sul territorio. L’allarme viene lanciato dal presidente dell’associazione “Casa Rosetta di Caltanissetta”, Giorgio De Cristoforo

di Redazione

Tra i molti e gravi e urgenti problemi della Sicilia che vengono citati dalla politica in questi giorni di campagna elettorale non abbiamo trovato accenni al sempre più inquietante scenario delle dipendenze patologiche (dalla droga, ma anche da alcol, gioco d’azzardo, uso compulsivo di internet e dei social). Non è una questione irrilevante, e nessun “benaltrismo” può giustificarne l’elusione considerando le pesanti conseguenze sociali, sanitarie, economiche per molte famiglie e per la stessa comunità siciliana.

L’approccio alle sostanze e il consumo più o meno abituale che spesso precede di poco la vera e propria tossicodipendenza sono crescenti e sempre più precoci anche nella nostra regione, come rilevano continuamente i Serd delle nove province siciliane, e come segnalano allarmati gli annuali rapporti istituzionali del "Dipartimento per le politiche antidroga" della Presidenza del Consiglio e del Dipartimento della Pubblica Sicurezza.

Secondo il rapporto del DPA al Parlamento, quasi uno studente su cinque nell’età 15-19 anni ha riportato di avere assunto sostanze psicoattive illegali nel corso dell’ultimo anno: cannabis in prevalenza, ma anche molto altro e in primo piano il micidiale crack. Secondo lo stesso rapporto, un quinto degli studenti utilizzatori ha già abitudini di consumo a rischio di sviluppare dipendenza. E il consumo di crack è in forte aumento anche tra adolescenti di 14 – 15 anni con danni cerebrali immediati e in gran parte non reversibili.

Non è forse neppure immaginabile quanta parte della prossima generazione del Paese, fra dieci o vent’anni, sarà sfibrata e logorata dalle dipendenze da sostanze o da altro, e quanto grande sarà la perdita di intelligenze, competenze, lucidità che impoverirà il capitale umano della nostra società. È una penalizzazione che abbiamo tutti il dovere di evitare, o di limitare, soprattutto nella nostra Sicilia già tanto pesantemente impoverita.

Il settore è regolato in Italia da una legge (la 309/90) vecchia di oltre trent’anni, che tutti chiedono di aggiornare, ma resta ancora lì con la sua inadeguatezza anacronistica. In Sicilia il sistema dei servizi è pure ingessato da molti anni, con un rigido blocco attuale che cristallizza la mappa delle comunità terapeutiche residenziali, concepite e disegnate quando i problemi e i bisogni erano molto differenti dagli attuali.

Oggi, ad esempio, sono frequentissimi i casi di comorbidità, con l'insorgenza di entità patologiche accessoria durante il decorso delle dipendenze da sostanze. Ma questi casi, di cosiddetta doppia diagnosi, non sono previsti dalle convenzioni in corso con le comunità terapeutiche. Occorre che la Regione riconosca le “doppie diagnosi”, e può farlo con un semplice atto amministrativo. Occorre, inoltre, aprire alla possibilità di affiancare alle comunità terapeutiche residenziali nuovi servizi di trattamento: residenziali (soltanto diurni) o ambulatoriali. Occorre rivolgere nuova attenzione agli adolescenti, per i quali la comunità terapeutica non è la soluzione più adatta. E occorre intervenire per aiutarli prima che si consolidi la dipendenza: ciò è possibile attivando adeguati centri di ascolto e di aggregazione.

È necessario affiancare alle attuali comunità terapeutiche per le dipendenze da sostanze anche nuovi servizi semiresidenziali o ambulatoriali per altre forme di dipendenza patologica (alcol, gioco d’azzardo) che costano anche meno della comunità residenziale che peraltro non è la risposta più appropriata per i minori. È necessario potenziare, con adeguate risorse, le attività di prevenzione rivolgendole non soltanto ai giovani, ma anche agli adulti che con essi interagiscono (insegnanti, soprattutto). Gli incontri assembleari “una tantum” vecchia maniera sono inutili perdite di tempo; le attività di prevenzione vanno articolare in più incontri, con gruppi non troppo numerosi di giovani (una o due classi al massimo) sì che sia possibile l’interazione con gli operatori. Occorre – ed è urgente – anche l’aggiornamento delle rette per le comunità terapeutiche. Le attuali sono immutate dal 2016.

Il servizio sanitario pubblico non può e non riesce a far fronte ai bisogni crescenti in tema di dipendenze patologiche. I Serd delle Asp svolgono un servizio insostituibile, ma hanno anche molte altre competenze e organici inadeguati.

Le comunità realizzate e gestite dal Terzo Settore svolgono un servizio primario, di necessità prima ancora che di sussidiarietà. Con ogni ovvia garanzia di qualificazione e di trasparenza la Regione deve metterle in condizione di operare senza limiti anacronistici.

Giorgio De Cristoforo, Presidente dell’associazione “Casa Famiglia Rosetta” di Caltanissetta

“Casa Famiglia Rosetta” ha sede a Caltanissetta ed è una realtà il cui approccio globale al disagio si esplica attraverso interventi rivolti alla persona nel campo dell’assistenza socio-sanitaria, psico-sociale, psicopedagogica, socio-culturale e spirituale-pastorale. Fondata negli anni Ottanta da don Vincenzo Sorge, i sui servizi residenziali, ambulatoriali, domiciliari, extramurali e diurni offrono accoglienza, assistenza, riabilitazione e reinserimento sociale a persone affette da disabilità fisica e/o psichica, con Hiv/Aids, con problemi di dipendenza da alcool, droghe e gioco d’azzardo, a donne in difficoltà, minori a rischio o in condizione di disagio familiare, ad anziani.


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