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Cooperazione & Relazioni internazionali

Sud Sudan: nuovo vice presidente

di Giulio Albanese

Venerdì scorso, è stata diramata la notizia che il Sud Sudan ha, finalmente, un vice presidente. Si tratta di James Wani Igga che succede al controverso Riek Machar Teny, protagonista nei mesi scorsi di una sfida aperta nei confronti del presidente Salva Kiir Mayardit, nella lunga e già turbolenta corsa verso le elezioni del 2015. Igga appartiene al gruppo etnico Bari, il cui territorio circonda la capitale sudsudanese Juba. Una cosa è certa: il braccio di ferro tra Salva Kiir, che appartiene al gruppo Denka e Riek, leader dei Nuer, è tutt’altro che risolto. Del resto, la questione etnica è centrale in Sud Sudan, sia dal punto di vista politico che culturale, non foss’altro perché durante la guerra di liberazione contro il regime di Khartoum (1983-2005), Denka e Nuer furono spesso in disaccordo e addirittura si confrontarono militarmente. Il problema di fondo è che anche nel nuovo esecutivo sudsudanese, in cui Salva Kiir ha ridotto il numero dei ministeri da 29 a 18, è palese la predominanza dell’etnia Denka nella gestione del potere centrale. Basti pensare che sono solo quattro i neo ministri di etnia Nuer, mentre altrettanti provengono dai gruppi etnici dell’Equatoria, l’area meridionale del Paese, da sempre penalizzata dall’esuberanza dei Denka. Ci vorrà, comunque, ancora del tempo per realizzare uno nuovo “Stato” degno di questo nome nel Sud Sudan. Il rischio è che le formazioni partitiche locali, col tempo, assumano sempre più una connotazione etnica, come già avvenuto in molti Paesi dell’Africa Subsahariana. Ecco perché la pacifica convivenza di queste componenti dipenderà molto dalla capacità di saper gestire equamente gli aiuti che la comunità internazionale si è impegnata ad elargire e gli investimenti delle compagnie straniere. Sarebbe davvero un gaio se questi attori facessero dei “passi falsi” che potrebbero mettere a repentaglio la credibilità della nascente nazione sud sudanese. Tra l’altro, l’unità nazionale s’impone necessariamente se il Paese vuole evitare di uscire con le ossa rotte nella “guerra fredda” con il Nord. Fin quando, ad esempio, nella zona di Jonglei, vi saranno contrapposizioni tra i Lou Nuer e i Murle, il governo di Khartoum sarà libero di fare il bello e il cattivo tempo. Parafrasando un celebre detto attribuito a Massimo d’Azeglio, potremmo dire ”Fatto il Sud Sudan, ora bisogna fare i sud sudanesi”. È questa la grande responsabilità di Salva Kiir e dei suoi ministri.


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