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Attivismo civico & Terzo settore

Per fare fundraising per il welfare ci vogliono investimenti

di Massimo Coen Cagli

Possono le biblioteche, gli archivi, i musei, i teatri, le aree archeologiche veramente rispondere con il fundraising alla crisi dei finanziamenti pubblici? A quali condizioni è possibile colmare la difficoltà di finanziamento con il contributo di donazioni, sponsorizzazioni, e finanziamento privato di progetti? Possiamo semplicemente scaricare il problema sulle spalle dei funzionari e degli operatori di questi importanti servizi del welfare culturale? Cosa si sta facendo negli altri paesi a tale proposito? Preparando un intervento ad un convegno scopro una cosa molto interessante che si sta facendo nel Regno Unito…
Il 14 novembre scorso sono stato invitato a prendere parte ad una interessante iniziativa della Rete Amici degli Archivi (RADAR) dedicata al fundraising per sostenere queste importanti istituzioni. La gran parte degli Archivi sono di natura pubblica (statale o di enti locali) e da anni soffrono di continui tagli delle risorse e del personale, come gran parte delle istituzioni culturali. In conseguenza di ciò si parla sempre più spesso del ricorso al fundraising come risposta a tale situazione.


Nel preparare la mia relazione, come di solito, ho fatto una passeggiata su internet per vedere cosa si dice in merito negli altri paesi, e ho scoperto una cosa molto significativa. In UK gli Archivi di stato (presenti in tutte le contee) per far sviluppare il fundraising hanno dato vita ad un programma di "empowerment" delle capacità del personale nella raccolta fondi e di accompagnamento allo start up del fundraising. Un investimento sostenuto con fondi derivanti dalla lotteria nazionale pari a circa 480mila sterline.

Il tutto è finalizzato ad aumentare il fundraising dei singoli archivi ma è anche orientato a mettere in pratica un piano strategico di sviluppo che tende a trasformare gli archivi da luogo di mera conservazione in una delle più importanti operazioni di open data su leggi e regolamenti e di gestione collettiva della memoria storica e sociale del paese (obiettivo 1 milione di frequentatori). Coinvolgendo per altro nel progetto le tante associazioni "Friend of….".

Stiamo parlando di uno Stato che investe nelle associazioni e nel personale affinchè abbiano strumenti per sostenere adeguatamente un bene comune. SI tratta in pratica di un ciclo di corsi di formazione e di un servizio personale di assistenza a chi si occuperà di raccogliere fondi per l'Archivio.
L'ho presentato durante il convegno invitando dirigenti degli archivi (che dipendono direttamente dal ministero) e associazioni di amici degli archivi a proporre questo approccio al MIBACT, anche perchè se il Paese e le istituzioni che lo rappresentano e lo amministrano vogliono che ci sia maggiore partecipazione concreta della comunità alla gestione dei beni comuni e che le istitruzioni culturali facciano fundraising è indispensabile – come insegna l'esperienza di altri paesei – che su questo vi sia un investimento strategico in formazione, assistenza e accompagnamento agli operatori che se ne dovranno occupare oltre che la creazione di un ambiente favorevole affinchè tutto cià sia possibile.
Per contro va osteggiata l'idea che la crisi economica giustifichi un minore stanziamento di fondi sui servizi. Questo è possibile solo se lo Stato in tutte le sue articolazioni si dota di una politica e di un programma per rendere possibile ciò. Ogni altro atteggiamento è quanto meno utopico e ingenuo.

Ma qualcosa del genere, senza conoscere questa iniziativa lo abbiamo fatto anche in Italia con il progetto biblioraising di cui ho parlato in un precedente post su questo blog.

Anche quest'anno su proposta della Scuola di Roma Fund-raising.it e con un piccolo finanzimento del Centro per il Libro e la Lettura (rispetto a quello stanziato in UK) 12 biblioteche verranno formate al fundraising e accompagnate nella realizzazione di altrettante azioni concrete di raccolta fondi (progetti pilota). Forse sarebbe il caso che tali progetti fossero presi in considerazione come elemento importante di politiche di sviluppo delle nostre istituzioni culturali. Come si fa nel resto del mondo, peraltro.

Proprio parlando di questo, la dirigente dell'Archivio di Stato di Genova che ha dato vita da anni ad una interessante iniziativa di adozione di documenti da restaurare, mette in evidenza un paradosso. Lo strumento dell'Art bonus, che permetterebbe di agevolare l'intervento di donatori con uno sconto fiscale molto consistente, è uno strumento poco amato dai suoi "adottatori" perchè, per ragioni burocraticvhe amminsitrative, dovrebbero versare le loro donazioni nelle casse centrali dello stato che poi – con tempi molto lunghi – li dovrebbe girare all'Archivio di Genova con enormi difficoltà nel definire capitoli di bilancio e procedure. Tant'è che il donatore preferisce non avere lo sconto fiscale e donare direttamente all'Archivio. Anzi no!. Questo non è possibile se non con altre complessità burocratiche enormi. E quindi preferisce pagare direttamente il restauratore. Ecco, se almeno lo Stato si occupase di facilitare queste procedure noi forse potremmo fare meglio e più fundraising per i nostri beni comuni.


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