Cooperazione & Relazioni internazionali

Dalla Spagna all’Italia. La disobeddienza civile contro la privatizzazione

di Emanuela Borzacchiello

Dopo il dibattito con Marta Perez sulla sanità pubblica, gli strumenti e le invenzioni per difenderla,  voi avete continuato a dibattere così:

 Andrea Cardoni “esserci nei luoghi in cui si sta lottando contro la privatizzazione”… Bell’approfondimento: brava Emanuela!

Valeria Galanti Mi permetto di riportare un articolo scritto recentemente rispetto alle norme penali proposte dal PdL per “contrastare il femminicidio” (http://www.linkiesta.it/legge-femminicidio). Sull’onda dell’entusiasmo molti non si resero conto dell’aberrazione che tali norme avrebbero implicato. Di nuovo la complessità, che non permette mai di abbassare la guardia e non perdona la superficialità. Una società civile sensibile e informata genera una disobbedienza più che mai civile, legittima e imprescindibile. Mi viene in mente il doloroso capitolo dell’introduzione del reato di clandestinità in Italia. Il notorio pacchetto sicurezza riuscì a violare in un colpo solo diritto alla salute e principio di non discriminazione. Tralasciando i fondamentali interventi di Consulta (che si pronunciò sull’illegittimità del reato di clandestinità come aggravante) e CGUE (che bocciò l’ipotesi di reato e la previsione di una pena detentori), fu la disobbedienza dei medici ad attirare l’attenzione di tutti sulla gravità di quanto stava accadendo. Una disobbedienza che Medicina Democratica definì “più che mai civile”. L’introduzione del reato di clandestinità implicava l’obbligo di denuncia degli immigrati senza permesso di soggiorno da parte dei medici del pronto soccorso, altrimenti passibili di un processo penale (art. 361 codice penale Omessa denuncia di reato da parte di un pubblico ufficiale). Ricordo che medici in tutta Italia attaccarono cartelli nei servizi sanitari territoriali, per dichiarare la propria disobbedienza alla legge (o obiezione di coscienza, se vogliamo), obbedendo piuttosto a principi deontologici e costituzionali. Succede frequentemente che la legislazione nazionale colpisca, direttamente o indirettamente e per ovvi motivi, i migranti. Vedendosi preclusa la partecipazione politica, hanno più che mai bisogno che l’attenzione della società civile rimanga sveglia e sensibile a questo tipo di derive. Mi sono soffermata a lungo sul passaggio relativo alla disobbedienza civile e al suo essere legittima, sovversiva o legittimamente sovversiva. Data la complessità in cui viviamo, mi capita spesso di scontrarmi con la difficoltà di stabilire, in maniera assoluta, se una sia pratica giusta o ingiusta. (Non sottolineo, perché è ovvio, che non mi riferisco a nessuna pratica che sia lesiva dei diritti umani). Leggo quanto dice Marta Perez sul rifiuto di rispettare una legge considerata ingiusta e in contrasto con una “legge superiore”. Nell’intervista si fa riferimento alla Ley Real de Sanidad, precedente all’incriminato Real Decreto, di cui si invoca la difesa. Mi permetto di condividere una riflessione: non è il caso, in queste materie, di scegliere la strada di un’argomentazione “cronologica” rispetto alla superiorità di una norma sull’altra, perché (per fortuna) è proprio l’evoluzione giuridica e legislativa a offrirci gli strumenti più efficaci per difendere i diritti della persona. Dall’intervista di Marta Perez emerge senza dubbio che si sta parlando di questioni riguardanti i diritti fondamentali delle persone, ed è su questo che poggia la legittimità di una disobbedienza ad una legge che li viola. E’ per questo che la loro protesta è giusta e necessaria.

Giuseppe D’Antonio Di contro, in Italia pare non ci si muova poi tanto. I Movimenti sono immobili. Gli unici che sembrano avere ancora qualcosa da dire sono i WUMING (sul loto sito si possono seguire dibattiti e analisi molto interessanti). Per il resto, sembra che si sia tutti in attesa che si muova qualcosa, che si prenda una direzione per poi avviarsi. Verso dove, non si sa.

Kati E ora cosa succede? …mi piacerebbe essere aggiornata….


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