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Dall’Amazzonia a Fa’ la cosa giusta!

di Serena Carta

Quando si parla di “Italia diffusa”, si pensa a una rete di italiani dentro e fuori i confini del Bel Paese che comunicano e lavorano tra loro, protagonisti di un flusso continuo di relazioni sociali e professionali. ArBio, associazione nata con l’intento di proteggere la foresta amazzonica, incarna perfettamente questa idea. Può sembrare strano – l’Amazzonia non è proprio dietro l’angolo, obietterete voi – ma per un gruppo di 30enni lombardi rappresenta un ponte tra il Perù e l’Italia.

Ingegnere ambientale specializzato nella conservazione della foresta tropicale, originario di Como, da quell’Erasmus in Cile nel 2003 Michel in Italia non ha più fatto ritorno. L’idea di ArBio è sua e di sua moglie Tatiana, peruviana, ingegnere in Scienze forestali. Dal 2010 si occupano di proteggere 916 ettari di foresta amazzonica a Puerto Maldonado (capitale della regione Madre de Dios nel Perù meridionale) che hanno ricevuto in concessione dal governo peruviano. Proteggere da cosa? Dalla deforestazione attuata dai privati che investono nelle monocolture e dai cantieri dell’Inter-oceanica, superstrada che collega la costa pacifica peruviana a quella atlantica brasiliana – un’infrastruttura che “può aprire molte opportunità di sviluppo per la popolazione locale”, ma che comporta anche la distruzione di ampie porzioni di foresta. Il progetto di Michel e Tatiana è quello di garantire lunga vita alla foresta promuovendo uno sviluppo sostenibile e resiliente, socialmente utile per i più vulnerabili abitanti della regione, i raccoglitori di noce brasiliana.

Quando Michel ha parlato di ArBio ai suoi amici ed ex compagni d’università, è stato amore a prima vista. Tanto che nel 2012 è nata ArBio –Italia, oggi gestita da una quindicina di volontari. Ne è presidente Guido, una “passione sfrenata” per la foresta e l’attivismo ambientale che lo ha portato a licenziarsi per poter dedicarsi a tempo pieno all’associazione. ArBio-Italia supporta la preservazione dei 916 ettari di foresta a Puerto Maldonado attraverso attività di raccolta fondi tra privati e aziende e di sensibilizzazione e informazione sul territorio lombardo. Tra le collaborazioni più significative c’è quella con la cooperativa “del verde” Demetra, quella con il Centro di formazione professionale polivalente di Lecco e ancora quella con Equo mercato di Cantù, che presto distribuirà anche in Italia prodotti come la noce brasiliana e la marmellata di mango provenienti dalla foresta di ArBio in Perù. E’ interessante soffermarsi a riflettere sulla potenzialità e ricchezza racchiusa in attività di questo tipo: ArBio-Italia stringe relazioni che animano il territorio, contribuisce a stimolare e arricchire il capitale umano locale, mobilita la cittadinanza, la educa e ne accresce la consapevolezza.

La partecipazione stessa alla fiera Fa’ la cosa giusta! (dal 28 al 30 marzo a Milano) è l’emblema della vivace e giovane rete tutta italiana che l’associazione sta mettendo in piedi. Ospite della sezione critical fashion, ArBio sarà presente con le sue magliette di vintage rinnovato rimesse a nuovo da Le  bibbiribì (Merate, Lecco), sovra-serigrafate da Upupa&Colibrì (Ancona) ed esposte per l’occasione in uno stand (nella foto) realizzato interamente con materiali di recupero da Loko (Lecco). Il tutto, insomma, all’insegna dell’impatto (e km) zero e del riciclo creativo.

Se stiamo parlando di ArBio su Cervelli di ritorno, è tutto merito di Francesca, blogger per l’associazione, che me l’aveva segnalata come “un’ong fondata da ragazzi di 30 anni che resistono, si danno da fare e lo fanno anche per il pianeta”. Lei vive a Tampere, in Finlandia dove fa un dottorato sulla sostenibilità agro-alimentare, ma prima o poi vorrebbe tornare in Italia. ArBio rappresenta un’occasione per iniziare a occuparsi delle tematiche che le stanno a cuore nella sua terra di origine, nella speranza che “da cosa nasca cosa” e che le opportunità di lavorare in Italia diventino concrete. Francesca mi ha chiesto di raccontare la storia di ArBio perché “sprigiona positività ed è un esempio che dimostra che nonostante le difficoltà di ordine economico, culturale e politico è possibile fare qualcosa di veramente significativo”. Riuscirà Francesca a diventare un “cervello di ritorno”? Se è quello che desidera, non posso che augurarglielo; e se così capiterà, il merito sarà anche di ArBio e di quel ponte fatto di passione e professionalità che i suoi fondatori sono riusciti a creare tra Perù, foresta amazzonica e Italia.


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