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Fork in Progress: più di un ristorante, al servizio di Foggia

di Serena Carta

Prendete un nonno, un nipote e un cuoco e dategli il compito di comporre un menù con ricette e ingredienti foggiani. Metteteli in cucina e lasciateli fare. Voi intanto sedetevi a tavola e godetevi l’attesa di quel che generazioni diverse saranno capaci di creare a partire dai frutti e le tradizioni della loro terra. A Foggia, la rivoluzione inizia in cucina.

«Nella vita volevo fare la progettista, mi piace scrivere progetti e rispondere a bandi. Ho scritto quello di Fork in Progress per mettermi alla prova durante il Master in Europrogettazione che stavo seguendo a Roma; e ho partecipato al bando Principi Attivi 2012 per vincerlo e poterlo inserire nel curriculum.» Lei è Luana Stramaglia, 27 anni e un sogno nel cassetto che si è trasformato nel momento stesso in cui si realizzava: da progettista a imprenditrice, ristoratrice sociale a essere più precisi. Fork in Progress è il suo progetto imprenditoriale: una cucina cosiddetta narrativa in cui anziani a rischio di emarginazione e studenti dell’istituto alberghiero sviluppano solidarietà intergenerazionale tra i fornelli.

Un’idea seminata dal nonno Peppe, che dopo aver perso la gamba in un incidente ha trasferito tutte le sue energie dalla campagna circostante alla cucina, e che ha fatto un po’ il giro d’Europa prima di germogliare a Foggia, laddove era stata concepita. Bari, Roma, Parigi, Ginevra, Siviglia e Milano: sono queste le città in cui Luana ha vissuto per 8 anni, prima di rientrare nella città natale. «A Foggia ho sempre vissuto bene, attiva e interessata alle cose che succedevano in città. Ma viaggiare è stato indispensabile: ho imparato un sacco di cose che mi hanno portato al punto in cui sono adesso – racconta – Nonostante tutte le esperienze, però, volevo provare a tornare in Puglia e sapevo che avrei dovuto trovare un’ottima motivazione per farlo per davvero: così me la sono creata».

Imprenditoria al servizio della comunità

Fork in Progress è un esperimento sociale. Un ristorante come tutti gli altri, che emette scontrini e offre al cliente un menù di alta qualità con prodotti selezionati e a km0, ma con un tocco in più: l’esperienza emozionale, perché il piatto servito è il risultato di un incontro e di una collaborazione intergenerazionale.

«Il punto di forza è che è un’idea molto semplice, che riesce ad essere al tempo stesso innovativa e tradizionale» spiega Luana. Un’impresa con una chiara finalità sociale: «Per l’anziano è un’attività di invecchiamento attivo: lui ci mette a disposizione il suo tempo e noi gli offriamo la possibilità di passare una serata in cucina e in compagnia, rivivendo quella soddisfazione (spesso perduta) del preparare banchetti per una famiglia numerosa. Per i ragazzi – studenti dell’alberghiero di Foggia che devono fare un tirocinio obbligatorio – si tratta invece di un’attività di orientamento e di educazione informale. Diversamente dagli altri ristoranti, dove il lavoro è concentrato sulla preparazione del cibo barricati tra le mura della cucina, nel nostro locale vivono soprattutto un’esperienza umana. Oltre alla cucina a vista, è l’interazione con la persona anziana che dà quel quid in più, permettendo di sviluppare l’ascolto e la pazienza. E questo vale tanto per i nipoti quanto per i nonni». L’ingrediente segreto, infine, è il cuoco: «È lui che deve essere in grado di mettere in risalto le qualità dell’uno e dell’altro e farle funzionare in un’orchestra perfetta».

Il ristorante di Fork in Progress accenderà i fornelli e aprirà le sue porte questo autunno. Sono già state individuate 6 coppie nonno-nipote che si daranno il cambio in cucina una volta alla settimana nel corso di qualche mese. Per iniziare a sperimentarsi, durante l’estate Luana e la sorella Tania, cofondatrice, si sono inventate l’Operazione Serial Kitchen: sette appuntamenti itineranti che hanno regalato un assaggio di quello che succederà nel prossimo futuro. Per un’anteprima, ascoltate nonna Franca mentre racconta allo chef Alessio e al giovane Paolo come si prepara il pancotto:

Unendo lo sguardo sociale a quello imprenditoriale, Fork in Progress coglie così la sfida di un investimento non solo nel mercato, ma nelle relazioni: «Puntiamo a risollevare il capitale sociale della città – spiega Luana – Il nostro obiettivo sul lungo periodo è quello di fare comunità… a partire dalla cucina!».

E non solo. Anche il luogo scelto in cui aprire la cucina narrativa ha il suo perché: «Quello che abbiamo visto durante quest’anno cercando il locale è che c’è stato un vero e proprio abbandono del centro storico di Foggia. Noi stesse non volevamo fondarlo lì. Poi però ci siamo dette che siamo un’impresa a finalità sociale e quindi a maggior ragione dovevamo andarci, per migliorarlo». Nell’ottica di lavorare per la città e pensare alle ricadute del proprio lavoro sul tessuto sociale, è di questi giorni la campagna #forkinprogressnonèsolounristorante con la quale la startup ha aderito a Reactivicity, un laboratorio diffuso in tutta la Puglia per la riqualificazione urbana dei centri storici.

Aprire un locale ai tempi della crisi

Luana fa il bilancio: oltre a un piccolo investimento privato, Fork in Progress può contare su 25.000 euro ricevuti dalla Regione Puglia attraverso Principi Attivi per l’avviamento della startup, ma il bando non permette l’acquisto di un bene strumentale durevole – come una cucina professionale – per un valore superiore di 2.500 euro. Ecco allora l’idea di mobilitare i futuri clienti attraverso un crowdfunding su Indiegogo che si chiuderà a fine ottobre. I locali del ristorante, inoltre, saranno arredati con mobili ricevuti in dono dalla Fondazione Maria Grazia Barone – già partner per il coinvolgimento degli anziani – e restaurati per l’occasione.

Più in generale, sulla questione economica Luana si ritiene fortunata: «È un periodo nero, ma questo paradossalmente è un vantaggio per noi: i prezzi degli affitti sono più bassi, le cucine si possono comprare di seconda mano senza grandi spese e sono stati attivati incentivi per le assunzioni grazie ai quali potremo assumere una o due persone part-time con contratto a tempo indeterminato».

Siate incoscienti!

È questa l’esortazione conclusiva di Luana, che afferma: «Ho trent’anni 27 anni e mi sento libera, responsabile di me stessa. La mia ricchezza è il mio cervello e nessuno me lo può togliere: anche se questa avventura imprenditoriale non dovesse funzionare, troverò il modo di reinventarmi». Invita poi ad avere fiducia nelle proprie capacità e nei tempi (che son precari, sì, ma anche vergini): «Questo è un periodo veramente ottimo per noi – dice – la nostra generazione sta rimontando, supportata dallo spirito di cooperazione e da una situazione in cui nessuno ha la risposta, in cui nessuno sa cosa fare ma gli spazi per fare le cose ci sono, come lande da popolare». Il suo ottimismo deriva anche dal messaggio positivo lanciato dalla Regione Puglia,  «che negli ultimi anni ha puntato tutto sui giovani: qui il cambiamento si sente proprio nell’aria, ci sono così tante possibilità che io i ragazzi pugliesi che fanno ritorno al Sud li vedo».

 


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