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Il meccanismo generativo

di Paolo Venturi

Uno dei tanti fattori positivi che questa crisi (intesa come tempo di passaggio/cambiamento)  ha fatto emergere è che la persona è importante, o meglio è al centro come recitano i titoli di quasi tutti i convegni; è al centro nelle politiche sociali, nello sviluppo economico, nell’educazione e (ci dicono) nell’azione politica.

Non voglio entrare nelle reali motivazioni di queste affermazioni (strumentali e non) ma bensì nelle proposte in campo per arrivare ad un reale protagonismo della persona: tutte concordano sul fatto che il metodo (ossia la strada, la via da percorrere) passi attraverso “l’innovazione sociale”. L’innovazione sociale, infatti, postula un cambiamento ossia una ricombinazione di fattori, un cambio di paradigmi  innescati dalla spinta di  crescenti bisogni insoddisfatti: in un recente convegno il direttore dell’SWG mi  raccontava come il 65% delle 100  più grandi imprese del mondo siano nate nei periodi di “crisi”, attraverso il contributo di persone che in “imprevedibili istanti” hanno deciso di non lasciarsi trascinare dalla corrente della lunga lista delle cose che mancano e che non vanno  e hanno preso iniziativa seguendo con tenacia e creatività un’intuizione che le ha portato a trovare:

“una soluzione innovativa a un problema sociale, più efficace, efficiente, sostenibile e giusta di quelle esistenti, che produce valore per la società nel suo complesso piuttosto che per i singoli individui”  (Stanford University)

Ma come nasce “l’imprevedibile istante”, come alimentare questa scintilla che nasce dalla persona capace di generare valore ?

Il mainstream dell’innovazione sociale (giustamente) spinge per costruire un ecosistema più ospitale, una cultura della collaborazione e della partecipazione capace di accelerare i processi e aumentare l’impatto sociale, ma l’ecosistema diventa “importante” quando è “importante” la motivazione di chi lo abita, ossia quando diventa centrale quella risorsa che nessun altro soggetto possiede e che ci rende unici e irripetibili: il desiderio.

E’ quindi il desiderio (oggi sempre più inaridito) il meccanismo generativo di qualsiasi innovazione; non nascerà nessuna soluzione nuova (o non durerà così a lungo)  se manca “chi” la desidera così tanto da farla nascere… gli ecosistemi sono indispensabili per trasformare le capacità in capacit-azione (capability)  ma al centro di tutto resta il desiderio.

Prima della relazione c’è il desiderio. Non si può rinunciare al  desiderio per creare, come ci ricorda Chesterton:

«una cosa costruita si può amare solo dopo che è stata costruita, ma una cosa creata la si ama prima ancora di farla esistere»


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