Post estivo, rileggendo Keynes.

di Paolo Venturi

Il genio, oltre a descrivere mirabilmente la verità della natura umana, della scienza o della realtà è sempre profeta.

Rileggendo casualmente  un paper, sono rimasto  “folgorato”  da un brano scritto da Keynes nel 1930. Il grande economista  auspicava questo per i nipoti del suo tempo …

“…  Ciò significa che il problema economico non è, se guardiamo al futuro, il problema permanente  della razza umana. […] Ove questo fosse risolto, l’umanità rimarrebbe priva del suo scopo tradizionale. Sarà  un bene? Se crediamo almeno un poco nei valori della vita, si apre per lo meno una possibilità che diventi un bene. […] Pertanto, per la prima volta dalla sua creazione, l’uomo si troverà di fronte al suo vero, costante problema: come impiegare la sua libertà dalle cure economiche più pressanti, come impiegare il tempo libero che la scienza e l’interesse composto gli avranno guadagnato, per vivere bene, piacevolmente e con saggezza. Gli indefessi, decisi creatori di ricchezza potranno portarci tutti, al loro seguito, in seno all’abbondanza economica. Ma saranno solo coloro che sanno tenere viva, e portare a perfezione l’arte stessa della vita, e che non si vendono in cambio dei mezzi di vita, a poter godere dell’abbondanza, quando verrà. 

[…] Quando l’accumulazione di ricchezza non rivestirà più un significato sociale importante, interverranno importanti mutamenti nel codice morale. Dovremo saperci liberare di molti dei principi pseudomorali che ci hanno superstiziosamente angosciato per due secoli per i quali abbiamo esaltato come massime virtù le qualità umane più spiacevoli. Dovremo avere il coraggio di assegnare alla motivazione “denaro” il suo vero valore. L’amore per il denaro come possesso, e distinto dall’amore per il denaro come mezzo per godere i piaceri della vita, sarà riconosciuto per quello che è: una passione morbosa, un po’ ripugnante, una di quelle propensioni a  metà criminali a metà patologiche che di solito si consegnano con un brivido allo specialista di malattie mentali. […] Ma attenzione! Il momento non è ancora giunto. Per almeno altri cento anni dovremo fingere con noi stessi e con tutti gli altri che il giusto è sbagliato e che lo sbagliato è giusto, perché quel che è sbagliato è utile, e quel che è giusto no. […] In questo frattempo non sarà male por mano a qualche modesto preparativo per quello che è il nostro destino, incoraggiando e sperimentando le arti della vita non meno  delle attività che definiamo oggi “impegnate”.

Ma, soprattutto, guardiamoci dal sopravvalutare l’importanza del problema economico o di sacrificare alle sue attuali necessità altre questioni di più profonda e più duratura importanza. Dovrebbe essere un problema da specialisti, come la cura dei denti. Se gli economisti riuscissero a farsi considerare gente umile, di competenza specifica, sul piano dei dentisti, sarebbe  meraviglioso….”

.…buone vacanze!

Keynes J.M. (1930), “Economic possibilities for our grandchildren”


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