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Nell’era dell’impresa sociale mainstream

di Paolo Venturi

É divenuta matura la consapevolezza che per dilatare il perimetro dell’azione pubblica, per creare nuova occupazione e per produrre ben-essere, serva qualcosa capace di andare oltre lo Stato e il Mercato. Anche nel paese con il maggior giacimento di non profit produttivo al mondo (in termini di contributo all’occupazione) finalmente si può affermare che l’impresa sociale sia divenuta #mainstream

Questa mia personale convinzione non nasce dallo stupore di aver visto in TV la slide del ns Presidente del Consiglio con la quale si annuncia la nascita di un fondo di 500 mil. per le imprese sociali e neanche perché il termine “impresa sociale” rimbalza da un convegno all’altro, da un quotidiano ad un working paper, da un summit internazionale ad una piattaforma collaborativa di cittadini, ma perché ho la netta sensazione che “l’impresa sociale” si stia affermando, oggi, come paradigma.

Paradigma, cioè modalità adeguata per affrontare la complessitá (sociale) e la modernitá (economica).

Piú si diffonde la conoscenza di come funziona l’impresa sociale, piú aumenta il numero di coloro che la percepiscono come metodo per immaginare la produzione di nuovi servizi sociali, per promuovere sviluppo in nuovi (antichi) settori, per generare occupati  fra i nuovi soggetti vulnerabili, per rigenerare luoghi e nuova socialità, per promuovere   imprenditorialità fra i giovani, per ibridare le tecnologie con i servizi di prossimità, per attrarre la finanza piú paziente.

Non e’ la panacea di tutti i mali….  E’ però un metodo, un modo di organizzare e aggregare persone, competenze, motivazioni più adeguato di quello che, solo lo Stato o solo il Mercato sono in grado di fare.

Fra l’altro, é uno soggetto che, nella misura in cui cresce, rende più forte lo Stato e riduce i costi per il Mercato.

Nell’era dell’impresa sociale mainstream, il campo di gioco (#terradimezzo) si allarga e i nuovi giocatori che popolano e si contendono lo spazio si misureranno innanzitutto su quattro aree di cambiamento, nelle quali sono in atto trasformazioni radicali.

– Da stakeholder ad assetholder. I beneficiari dei servizi sociali non saranno solo portatori di interesse ma anche di risorse, dovranno cioè essere co-produttori delle risposte a loro destinate.

– Dall’innovazione nel campo dell’offerta all’innovazione nell’aggregare la domanda. Il campo dell’innovazione si sposterà nel saper aggregare la domanda in forme nuove e nel promuovere e orientare il consumo verso beni ad alto contenuto sociale: buy social direbbero in UK.

– Dalla competizione alla conversazione. L’arena del mercato oggi vede “giocatori” alle prese con  strategie profondamente mutate: per competere occorre conversare, dialogare con il proprio ecosistema di riferimento, interlocutore privilegiato con cui costruire il proprio vantaggio competitivo.

– Dal finanziamento dell’output al finanziamento dell’outcome. La finanza sarà sicuramente un driver della crescita delle nuove imprese sociali nella misura in cui sapranno esplicitare una misurazione del valore economico del loro impatto sociale o del risparmio garantito alla PA.

Nell’era della impresa sociale mainstream, la sfida sará quella di riuscire a mettere a terra, come la cooperazione sociale in oltre 20 anni di storia ha dimostrato di saper fare, un nuovo modo di produrre valore, conversando.


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