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Cooperazione & Relazioni internazionali

Haiti non è New York

di Marco De Ponte

Lontano dai riflettori e dalla scena mediatica che ci ha inondato delle immagini della Grande Mela, l’uragano Sandy si è abbattuto anche su Haiti. Su un suolo poco fertile, dove la costante siccità e le inondazioni sono le principali cause dell’insufficienza dei raccolti e la conseguente scarsità di cibo, Sandy ha non solo sradicato i tetti delle case e fatto 52 vittime; ma ha anche distrutto interi raccolti. Quelli che si erano salvati da Isaac, lo scorso anno. Stamattina i colleghi di ActionAid mi hanno raccontato che l’intero comparto agricolo ha subito gravi danni, facendo peggiorare  il quadro generale della sicurezza alimentare nel paese che già risultava critico secondo i dati annunciati a settembre da CNSA (il Centro Nazionale per la Sicurezza Alimentare).

Un duro colpo all’economia del paese, già disastrata e alle famiglie haitiane, che vivono di agricoltura su scala familiare e che si vedranno costrette a non avere di che mangiare.

Le conseguenze sono prevedibili: in un luogo dove il 75% della popolazione vive con meno di 2 dollari al giorno, incluso il 90% di tutte le famiglie rurali, i mancati raccolti causeranno un forte aumento dei prezzi dei generi alimentari, che tra l’altro erano già alti, come gli haitiani hanno più volte detto negli ultimi mesi, scendendo in piazza e dando vita a scioperi generali contro il carovita.

Nell’area di Mariani poi la situazione è particolarmente critica perché migliaia di famiglie vivono ancora nelle tende a distanza di tre anni dal terremoto. Jean-Claude -direttore di ActionAid Haiti – racconta che 250 tende sono state danneggiate nei centri di accoglienza che ActionAid gestisce insieme ai partner locali.

Secondo l’ultimo rapporto dell’Organizzazione Mondiale per le Migrazioni, più del 50% degli haitiani che vivevano nei campi sono stati ricollocati in nuove abitazioni ma in molti casi si tratta di abitazioni (in realtà shelter) fragili e non definitive, in cui restano esposti alle intemperie e a conseguenti problemi per la salute, tra cui il colera appunto. Quello che già a due anni dal terremoto  ActionAid ha denunciato è il fatto che gran parte della popolazione ha gravi difficoltà nell’accesso ai servizi base, causa dell’assenza di un piano nazionale di ricostruzione, steso in collaborazione con le comunità colpite.

Sandy è la «tempesta del secolo»: «state a casa», ha intimato il sindaco di New York, Michael Bloomberg. E che dire a chi la casa ancora non ce l’ha?

 


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