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Per un #2ottobre nonviolento. Senza retorica ma con impegno

di Pasquale Pugliese

Tra le molte “Giornate” celebrative che affollano il calendario dell’impegno civile, ce n’è una che – decretata dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite – non è fin qui entrata nelle agende istituzionali, anzi continua ad essere ignorata o vissuta con fastidio dagli establishment internazionali, a causa delle sue implicazioni politiche stringenti. E’ il 2 Ottobre, Giornata internazionale della nonviolenza, compleanno di Gandhi che, pur proposta all’ONU dal governo indiano, non si presta ad essere celebrata dai governi, molti dei quali spendono ingenti patrimoni per gli armamenti e usano controproduttivamente il mezzo della guerra per…fare la pace. Eppure anno dopo anno, dal 2007 quando la Giornata della nonviolenza fu istituita, il 2 Ottobre sta crescendo dal basso, in Italia e nel mondo, attraverso l’impegno di movimenti e associazioni che ne rilanciano la centralità come momento dedicato alla riflessione ed alla mobilitazione per il disarmo.

 Quest’anno, su proposta del Movimento Nonviolento, un’ampia rete di soggetti (che si riconoscono in Rete Italiana DisarmoTavolo Interventi Civili di Pace e Conferenza Nazionale Enti Servizio Civile), anche sull’onda della campagna italiana contro i caccia F-35, ha lanciato il manifesto 2 ottobre per il disarmo  come momento di “affermazione di un nuovo orientamento politico, di rifiuto della guerra come condizione preliminare per una nuova società”, attraverso l’impegno specifico per il disarmo e la difesa nonviolenta, fondato sul ribaltamento dell’antico motto “si vis pacem para bellum” nel nuovo, e capitiniano,“se vuoi la pace prepara la pace”. Invitando tutti i gruppi locali a fare iniziative e mobilitazioni diffuse sui territori.

 Del resto, come ricordano gli estensori del Manifesto, il 2 Ottobre cade in un momento particolarmente delicato, nel quale – oltre alle guerre in corso ed a quelle in preparazione – nel nostro Paese assistiamo ad una ventata esplicitamente bellicista. Non solo nella trita retorica del ministro della difesa per il quale “per amare la pace, bisogna armare la pace”, ma sopratutto nella ossessiva ricerca di maggiori finanziamenti per gli armamenti da parte del governo e nell’incapacità del parlamento di abolire il programma dei caccia F-35, come chiede con forza gran parte dell’opinione pubblica italiana; nel veto del consiglio supremo di difesa al parlamento rispetto alla sua sovranità decisionale sulle spese militari e nello stato di sofferenza del Servizio Civile Nazionale, strumento di difesa civile, non armata e nonviolenta che riceve (quando va bene) fondi irrisori rispetto alla difesa militare; nella riproposizione e rifinanziamento da parte del governo della cosiddetta mini-naja e nella preparazione del Consiglio europeo di dicembre sulla difesa comune, senza comprendere alcuna forma di difesa civile.

Dunque il 2 ottobre non è la giornata di celebrazione di un innocuo santino “buonista” – come spesso viene trattata la figura di Gandhi – ne di vuota e inutile retorica della pace, incapace di produrre cambiamenti reali. Dev’essere invece un momento di riflessione collettiva e diffusa in tutto il Paese sul presente e il futuro dei movimenti per la pace, il disarmo, la nonviolenza (che avrà un momento centrale a Perugia, città di Aldo Capitini) ma anche di assunzione di precise responsabilità personali e politiche. Oggi che le armi di distruzione di massa hanno raggiunto immani capacità distruttive e, più di ogni altro momento storico, sul loro altare si sacrificano enormi risorse pubbliche sottratte alla cura dei bisogni dei singoli ed all’affermazione di diritti di tutti, siamo giunti al punto che – per citare Mohandas Gandhi – “o l’umanità distruggerà gli armamenti, o gli armamenti distruggeranno l’umanità”.

Ciascuno di noi compie già gesti nonviolenti tutti i giorni con le persone che ama e delle quali si sente responsabile. E’ giunto il momento di sentirsi responsabili del presente e del futuro dell’umanità, scegliendo di camminare con consapevolezza sulla strada della nonviolenza, perché come scrivono, in un altro documento, i promotori della Giornata, “la nonviolenza non si può delegare a qualcun altro. Ciascuno può e deve fare qualcosa. Nessuno può farla al suo posto.”


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