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È tempo di nonviolenza. Non più di retorica della pace

di Pasquale Pugliese

Sono passati dieci anni da quando l’Assemblea generale delle Nazioni Unite ha dichiarato il 2 ottobre, anniversario della nascita di Mohandas K. Gandhi, Giornata internazionale della nonviolenza. La risoluzione n. 61/271 del 2007 chiede agli Stati membri di celebrare in maniera appropriata questa Giornata e di “diffondere il messaggio della nonviolenza attraverso l’educazione per renderne consapevoli i cittadini”. Tuttavia, non solo il governo del nostro Paese non promuove in nessun modo il messaggio della nonviolenza, ma ne è culturalmente e politicamente lontanissimo.

Ricordiamo alcuni dati. Questo governo ha una spesa pubblica militare che – come certifica il MILEX, l’Osservatorio sulla spesa militare italiana, anche in questo video esplicativo – per il solo 2017 è di 23 miliardi, ossia di 63 milioni al giorno, 2.6 milioni all’ora. Il maggior incremento su scala europea. Una cifra spaventosa sottratta agli investimenti civili e sociali, per esempio alla difesa del territorio sottoposto ad ogni sorta di devastazione – dagli incendi ai terremoti, dalle inondazioni alle valanghe di neve- senza risorse per la prevenzione, come dichiarato dal direttore della Protezione civile Fabrizio Curcio il 18 luglio scorso al Senato.

Inoltre, i governi Gentiloni e Renzi hanno autorizzato tra il 2014 e il 2016 la moltiplicazione dell’export italiano di armamenti, con profitti per l’industria bellica schizzati da 2,1 a 14,6 miliardi di euro, ossia + 452%. Anche in violazione della legge 185/90, come accade con la vendita dei missili all’Arabia Sauditache li scarica sulla popolazione civile dello Yemen. La maggioranza governativa – nonostante le risoluzioni con cui il Parlamento europeo ha chiesto agli Stati membri di mettere in atto “un embargo sulle armi nei confronti dell’Arabia Saudita tenuto conto delle gravi accuse di violazione del diritto umanitario internazionale da parte di tale paese nello Yemen” – lo scorso 20 settembre ha respinto le analoghe mozioni presentate nel Parlamento italiano.

Infine, il 7 luglio scorso si è conclusa la Conferenza delle Nazioni Unite che ha messo a punto e votato il Trattato per la messa al bando delle armi nucleari, al quale il nostro Paese non ha partecipato, come tutti i “paesi atomici”. E’ la prima norma internazionale che mette fuorilegge le più potenti armi di distruzione di massa. “Si tratta” – come scrive la campagna “Italia ripensaci” – di un passo ormai non più rimandabile, come testimoniano le tensioni internazionali che in questo momento coinvolgono anche la proliferazione nucleare” Sono circa 15.000 le testate ancora presenti nel mondo di cui una settantina presenti sul territorio italiano, nelle basi statunitensi, sottratte al controllo italiano. Arsenale accuratamente rimodernato per essere utilizzato sui novanta cacciabombardieri F35, che il governo continua imperterrito ad acquistare al costo di 14 miliardi di euro.

Queste sono sufficienti ragioni, spesso ammantate di retorica della pace, per comprendere perché il nostro Paese – pur attento ad altre Giornate internazionali – si sottragga all’impegno della diffusione della nonviolenza, anche il 2 di ottobre. La nonviolenza non è retorica della pace, ma è la ricerca – ossia la costruzione, il finanziamento, l’organizzazione – di mezzi e strumenti alternativi alla guerra ed alla violenza per risolvere (o almeno rendere meno distruttivi) i conflitti e le controversie internazionali. E’ quanto propone, per esempio, la campagna “Un’altra difesa è possibile” per la costruzione della difesa civile, non armata e nonviolenta nel nostro Paese, con la proposta di legge incardinata nelle Commissioni Difesa e Affari costituzionali della Camera dei Deputati, dove vedremo – e valuteremo – il comportamento dei singoli deputati.

Per tutto questo non è un caso che, anche quest’anno, sia stato il Movimento Nonviolento a svolgere un ruolo di supplenza per la promozione e il coordinamento delle iniziative italiane per la Giornata internazionale della nonviolenza. “Decisiva nel pensiero di Gandhi” – ha scritto il Movimento fondato da Aldo Capitini e Pietro Pinna – è la riflessione su “mezzi e fini”: non è il fine che conta, ma il metodo che scegli per raggiungerlo, perché in esso già prefiguri il fine. Si dice: i mezzi in fin dei conti sono mezzi. Io dico: i mezzi in fin dei conti sono tutto. Questa è la rivoluzione nonviolenta. Dunque, ancor più importante della pace di domani, è la scelta del disarmo di oggi, a partire dal ripudio della guerra e degli strumenti che la rendono possibile: eserciti e armi”.

Per questo – oggi più che mai – di fronte ai sempre più foschi scenari internazionali, di fronte al crescere di guerre e terrorismi, di spese militari e profitti bellici, è tempo di nonviolenza. Non più di retorica della pace.


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