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Economia & Impresa sociale 

Volcker Rule

di Marcello Esposito

Da domani entra in vigore negli USA la cosiddetta “Volcker Rule“, la legge che impedisce alle banche commerciali di svolgere attività di proprietary trading e che prende il nome dall’ex-Governatore della Federal Reserve, Paul Volcker. E’ una delle sezioni più rilevanti del “Dodd-Frank Wall Street Reform and Consumer Protection Act“, nato dalla reazione alla crisi finanziaria del 2007, e anche uno dei più controversi, tanto da essere entrato in vigore con un anno e mezzo di ritardo rispetto alla data prevista.

Nella vulgata giornalistica la Volcker Rule è vista come un’arma contro la speculazione e la turbo-finanza che aveva portato nel 2007-2008 il mondo sull’orlo dell’abisso di una seconda Grande Depressione. Le banche, che appartengono al sistema della Federal Reserve e quindi godono delle protezioni e delle garanzie che ciò comporta, non possono più svolgere attività di trading speculativo con il portafoglio di proprietà. Questa riforma è stata considerata correttamente come un modo per rendere più stabile il sistema finanziario e sanare il “moral hazard” del management che, potendo contare su un sistema di protezione pubblica ideato per garantire il corretto funzionamento del sistema creditizio, speculano sui mercati finanziari, privatizzando i profitti (via stipendi d’oro, bonus milionari, fringe benefit degni del grande Gatsby …) quando le scommesse vanno bene e socializzando le perdite quando invece le scommesse vanno male.

In realtà, il prop trading non è stato la causa della crisi finanziaria del 2007-2008. Altre sono state le cause: i mutui sub-prime, il fenomeno delle cartolarizzazioni selvagge, lo shadow banking system, l’ingresso sconsiderato delle assicurazioni nel mondo del credito, la politica di investimento dei fondi monetari che non avevano alcuna attenzione alla liquidità degli strumenti in portafoglio, … Tuttavia, il prop trading svolto da banche che contemporaneamente operano sui mercati finanziari in nome e per conto dei clienti ha rappresentato e rappresenta tutt’ora un esempio di finanza “immorale” e come tale andava eliminato. Non è solo un problema di “moral hazard” e di scaricare le perdite di un fallimento bancario sugli azionisti e in ultima analisi sul contribuente che deve salvare la banca. Con il prop trading è in gioco il rapporto fiduciario tra clienti e banche.

Il prop trading richiede per fare utili (in eccesso rispetto al risk-free) che la banca assuma una posizione contro il mercato. E l’unico modo per fare utili in maniera consistente in questa maniera è scommettere contro operatori meno informati, magari utilizzando l’informazione che deriva dall’osservazione privilegiata dei comportamenti degli investitori in quanto clienti . Non è un caso che molte super-star del trading delle banche internazionali abbiano miseramente fallito come gestori di hedge fund: nel momento in cui non si osservano più i flussi dei clienti, inizia a diventare molto più difficile giocare al beauty contest. E’ chiaro che su mercati opachi la linea di confine tra market-making e prop trading può essere difficile da distinguere, così come quella tra attività di hedging e attività speculativa. Ma stiamo parlando di linea di confine. L’importante è spazzare via l’80% del comportamento scorretto e concentrare l’attenzione sul rimanente 20%.

Un modo per eludere la Volcker Rule potrebbe consistere nello spostare l’attività di prop trading al di fuori della banca, magari in un hedge fund di cui la banca è azionista. La Volcker Rule regolamenta anche questa possibilità, regolando in maniera strettissima i rapporti tra hedge fund e banche. D’altro canto, se i sistemi di risk management delle banche si basano sull’idea di mercati efficienti, come può il loro management decidere di buttare via i soldi investendo in fondi che si basano sul concetto opposto di mercati inefficienti?

Rimane aperta la possibilità che gli individui possano eludere la regola e con banche dominate dal management non è un rischio da poco. La Volcker Rule regolamenta la struttura retributiva evitando le strutture che possono incentivare i manager ad assumere rischi eccessivi e comportamenti scorretti nei confronti dei propri clienti. Ma quando le remunerazioni sono tali che basta anche solo un anno o due per sistemare per sempre se stessi (e spesso anche figli e nipoti)  anche le regole “positive” valgono a poco se non c’è la possibilità di regole “punitive”, cioè di perdere tutto (ma proprio tutto) quello che si è indebitamente percepito. E anche in questo caso la Volcker Rule fa fare passi avanti prevedendo la responsabilità individuale del management.

Certo la lotta contro la finanza deviata non finisce qui, ma un bel pezzo di strada è stato fatto rispetto al 2007 e i risparmiatori/consumatori devono dire grazie una seconda volta a Volcker, l’uomo che nel 1982 sconfisse l’inflazione e che una volta definì, non del tutto a torto, il Bancomat come il contributo più importante della finanza all’economia reale.

 

 


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