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Economia & Impresa sociale 

Banca d’Italia dubita dell’anima mutualistica delle Banche Popolari. Necessario un chiarimento

di Marcello Esposito

“The argument that they will lose their co-operative spirit [with the reform] is not a good one when these big banks have no co-operative soul in them whatsoever”. Questa afferamazione è contenuta in una intervista al Financial Times di oggi (Anderson R., Politi J. “Italy considers reforms to clean up bad loans”, FT 17/02/2015, pag 16), rilasciata dal Direttore Generale, Salvatore Rossi, di Banca d’Italia. Il DG difende difende a spada tratta la riforma della governance delle Popolari (abolizione del voto capitario, trasformazione in SpA) e lo fa in modo sprezzante, con giudizi che richiedono un approfondimento. Nell’articolo sono presenti numerosi virgolettati, tutti molto pesanti e critici nei confronti delle banche popolari. Si riporta ad esempio la seguente affermazione sulla solidità patrimoniale delle grandi Popolari: “In the end they [the mutual banks] passed the stress tests but not by much and that is [the] reason why they have to change their peculiar governance” (“alla fine le Popolari hanno superato lo stress test ma non di tanto e questa è la ragione per cui devono cambiare la loro governance”). Si potrebbe argomentare sul filo logico che lega la governance con il risultato dello stress test, anche perchè le due peggiori banche italiane, sulle 15 totali esaminate dalla BCE-EBA, sono state due SpA (Monte dei Paschi e Carige). Ma non è questo il punto. Questa affermazione è molto diversa dalle dichiarazioni che la stessa Banca d’Italia rilasciò, per bocca del Vice DG Fabio Panetta, nel corso della drammatica conferenza stampa di domenica 26 ottobre in cui vennero commentati ed esposti gli stress-test: “Risultato rassicurante che non ci ha sorpreso. Ne esce la fotografia di un sistema solido e capace di finanziare l’economia”. Se inseriamo nel novero delle banche deboli, oltre alle due bocciate, anche le otto grandi Popolari, rimarrebbero 5 istituti italiani di sana e robusta costituzione. Questo non è che sia molto “rassicurante” e, soprattutto, non concorda molto con la retorica del sistema bancario italiano forte che abbiamo ascoltato fino all’ultima ondata di aumenti di capitale. O il vice DG parlò per carità di patria o il DG ha un’opinione diversa. Sarebbe utile avere qualche delucidazione da Banca d’Italia, senza dover indirizzare la domanda a Francoforte. Ma il commento più pesante presente nell’intervista è questo: “The argument that they will lose their co-operative spirit [with the reform] is not a good one when these big banks have no co-operative soul in them whatsoever” (“l’obiezione che con la riforma le banche popolari perderanno il loro spirito cooperative non sta in piedi, perchè queste grandi banche non hanno alcuna anima cooperative, di nessun tipo”). Detto dalla Banca d’Italia, che ha vigilato per decenni su questi istituti, è un’affermazione fortissima e vorremmo sapere cosa ha da dire l’associazione delle banche popolari in proposito. Abusare della credulità dei cittadini italiani, spacciando per “sociale” un’iniziativa imprenditoriale che non lo è, magari non configura alcun reato, ma di certo è riprovevole dal punto di vista morale.


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