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Economia & Impresa sociale 

Quale sarà il destino di Parigi? della Francia? dell’Europa?

di Marcello Esposito

Come scrisse duecento anni fa Vincenzo Cuoco nel suo Saggio Storico, osservare una catastrofe politica non è lo stesso che descrivere una catastrofe fisica. “La mente, in osservar questa, segue sempre i moti irresistibili del cuore … Troppo vicini ai fatti de’ quali vogliam fare il racconto … non ne vediamo l’insieme; ne ignoriamo le cagioni e gli effetti”. Charlie Hebdo e il Bataclan. Ma anche la reazione drammatica del Presidente François Hollande con il riferimento allo stato di guerra e la richiesta di modifica della Costituzione. Le restrizioni, speriamo temporanee, delle libertà democratiche, tra cui il divieto di manifestare (in Francia!), e la rabbiosa risposta dei movimenti antagonisti. Place de la Republique trasformata domenica in campo di battaglia, con 289 persone fermate, alla vigila della Conferenza sul clima. Se Parigi e la Francia sono avvolte in “un’ombra impenetrabile”, anche l’Europa appare improvvisamente irriconoscibile. Solo tre mesi fa, la Germania apriva incondizionatamente le porte ai migranti, assumendo quel ruolo guida necessario per portare l’Europa ad un nuovo stadio di integrazione politica. Oggi, il Presidente della Commissione, Jean-Claude Juncker, definisce “comatoso” lo stato di salute dell’accordo di Schengen, la più significativa delle conquiste dell’Europa post-bellica. E avverte che la moneta unica non può esistere senza Schengen. Esagera? Ancora più irriconoscibile e balbettante appare la risposta geopolitica che le capitali europee stanno cercando di imbastire. Il fulcro è infatti il coinvolgimento della Turchia, perché faccia quello che noi ci vergogniamo di fare: fermare l’afflusso dei migranti, con le buone o con le cattive. Un lavoro ben retribuito per la Turchia, pagato sia con aiuti finanziari (3 miliardi di euro) sia con la promessa di ingresso nella UE. Un lavoro che dovrebbe concretizzarsi in immensi campi profughi in cui concentrare, ops … offrire rifugio a centinaia di migliaia di profughi. Tutti trattati umanamente, ça va sans dire, e in maniera europea. Ma dai campi non deve uscire più uno spillo, se non per tornare da dove è venuto. Non è solo una questione di vigliaccheria e ipocrisia, una macchia sulla coscienza, superabile ancora una volta in nome della “realpolitik”. E’ semplicemente puzzling la scelta di rinunciare al compito di integrare i migranti di religione mussulmana per imbarcarsi nell’avventura di allargare la UE alla Turchia. Così, si mette una pietra tombale su qualunque progetto di futura unione politica. La cessione di sovranità politica all’interno di una comunità può avvenire solo a condizione che tutti i membri condividano gli stessi valori di fondo. Valori che non sono (solo) la fiducia nel progresso tecnico, il riconoscimento del principio del “libero mercato”, il rispetto dei diritti fondamentali dell’uomo … ma che riguardano la vita delle persone, il modo in cui si rapportano con il prossimo e con sé stessi. Valori che tengono insieme e definiscono la comunità anche nei tempi più bui, quando la libertà o il benessere materiale possono venire a mancare. Le elite politiche europee non hanno mai voluto riconoscere esplicitamente la natura e l’origine di questi valori. Eppure, per chiunque osservi l’Europa dal di dentro o dal di fuori, è evidente che ciò che caratterizza la civiltà europea sono le comuni radici cristiane. Senza di esse il massimo dell’ambizione per la tecno-Europa è quella di un’area di libera circolazione delle merci, dei capitali e delle persone. Un grandissimo ed efficientissimo mercato. Ma nulla a che vedere con un progetto di sovranità politica condivisa. E quindi non in grado di supportare nel lungo periodo nemmeno un sogno come Schengen e la moneta comune. Comunque, non so se l’idea di Europa rinascerà dalle ceneri del Bataclan più forte di prima o se invece questo sia l’inizio della fine di un sogno iniziato duecento anni fa nella appendice più periferica di una penisola del continente europeo. Oggi, il problema si è spostato nel cuore dell’Europa. Gli studiosi di Cuoco mi perdoneranno se prendo a prestito la bellissima frase conclusiva del suo Saggio Storico, dove mi sono permesso la licenza di sostituire Napoli con Parigi e Italia con Francia: “Quale sarà il destino di Parigi? Della Francia? Dell’Europa? Io non lo so: una notte profonda circonda e ricopre tutto di un’ombra impenetrabile.


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