Famiglia

Orfani di femminicidio, la conta che non conta

Nessuno in Italia ancora sa quanti siano i bambini e i ragazzi rimasti orfani a seguito di un femminicidio. La relazione dell'inchiesta conoscitiva svolta dalla commissione sul femminicidio avanza 15 richieste: al primo posto c'è la realizzazione di un'anagrafe. Intanto sono in atto i primi quattro progetti selezionati da Con i Bambini: hanno preso in carico 250 minori, di cui un terzo ha assistito all'uccisione della madre. L'azione più difficile? Il lavoro diretto sulla famiglia affidataria

di Sara De Carli

palloncini bianchi al funerale di una donna vittima di femminicidio

Sono passati più di cinque anni da quando una legge dello Stato ha “visto” per la prima volta gli orfani di femminicidio, introducendo per essi risorse e attenzioni specifiche: ma ancora nessuno sa quanti siano. Sono passati più di tre anni pure dalla legge 53/2022, che ha dato disposizioni in materia di statistiche, sulla violenza di genere: ma anche lì della conta degli orfani non c’era traccia. E così anche l’inchiesta conoscitiva sugli orfani di femminicidio portata avanti dalla Commissione parlamentare di inchiesta sul femminicidio, dopo 23 audizioni, chiude la sua relazione – un centinaio di pagine – indicando come urgente e non più rinviabile l’istituzione di un registro nazionale, di una banca dati o di una anagrafe degli orfani che consenta di analizzare le dimensioni del fenomeno, gli aspetti quali-quantitativi, i fattori di rischio, la raccolta delle esperienze e degli interventi messi in atto.

La relazione finale, approvata il 6 agosto (relatrici la presidente della commissione, Martina Semenzato e le deputate Elisabetta Christiana Lancellotta ed Elena Bonetti) dopo aver riepilogato punto per punto le azioni previste dalla normativa – la legge 11 gennaio 2018, n. 4 e il Decreto Ministeriale 21 maggio 2020, n. 71  che le dà attuazione – conclude con un giudizio già sentito per tante altre questioni: l’impianto normativo è «valido» e continua ad essere un modello a livello europeo e «tuttavia» permangono «alcune problematicità». Da qui l’elenco di 15 interventi concreti e puntuali da introdurre, che vede in testa – appunto – la conta degli orfani.

Le quattro criticità che permangono

Le criticità principali, secondo la Commissione, sono quattro:

  • una lacuna gravissima nella raccolta dei dati;
  • la mancanza di adeguata informazione sui diritti ed i benefici previsti dalla legge a supporto degli orfani;
  • l’inadeguatezza dell’indennizzo una tantum, fissato in 60mila euro anche in presenza di più pluralità di orfani dello stesso nucleo familiare;
  • l’assenza di una disciplina specifica che assicuri il diritto alla deindicizzazione – alias l’oblio in rete – per gli orfani di femminicidio.


La relazione, tuttavia, non fornisce dati che permettano di “pesare” tali criticità: non c’è un’indicazione di quante risorse del fondo dedicato siano state di anno in anno effettivamente erogate o quante non richieste; dei tempi necessari per ottenerle (si dice solo che «la tempistica risulta molto breve per quanto riguarda l’accesso alle borse di studio e all’inserimento nella formazione e lavoro» ed è «molto breve anche per l’assegno alle famiglie affidatarie», mentre risulta «leggermente più lunga per gli incentivi ai sensi della legge n. 122 del 2016»; di quanti orfani e di quante famiglie affidatarie abbiano effettivamente usufruito del supporto psicologico.

Si parla solo di un recente tavolo di lavoro «che risulta costituito» e che vede coinvolto il ministero dell’Economia e il ministero della Giustizia, per rideterminare gli importi dell’indennizzo agli orfani, «che attualmente risulta sproporzionato rispetto alla gravità dei fatti sottesi», che dovrà rivedere anche l’assegno di 300 euro previsto per le famiglie affidatarie e il budget previsto per le spese psicologiche. La criticità su questo punto si tocca con mano in queste righe: «Per quanto riguarda il supporto psicologico, è finanziato, limitatamente agli anni 2018, 2019 e 2020, ai sensi della normativa sugli orfani. Pertanto, se pervengono delle istanze per supporto psicologico per gli anni dal 2021 in poi devono essere respinte».

Il supporto psicologico è finanziato limitatamente agli anni 2018, 2019 e 2020. Pertanto, se pervengono istanze per supporto psicologico per gli anni dal 2021 in poi devono essere respinte

dalla relazione finale dell’inchiesta conoscitiva sugli orfani di femminicidio

Le 15 azioni da mettere in campo

Dopo l’istituzione di un registro nazionale, di una banca dati o di una anagrafe degli orfani (in cui dovrebbero essere iscritte anche tutte le associazioni che svolgono attività di assistenza legale e psicologica gratuita agli orfani a causa di crimini domestici e a coloro che se ne prendono cura), la seconda azione indicata dalla Commissione è la creazione di un numero di pubblica utilità, che dia informazioni utili e un orientamento verso i servizi socio-sanitari pubblici e privati presenti sul territorio (un numero verde è stato attivato nell’ottobre 2022 dal Progetto Airone, uno dei quattro finanziati dall’impresa sociale Con i Bambini di cui parleremo più avanti: risponde all’800 99 00 44 ed è dedicato in particolare agli orfani di femminicidio e alle famiglie affidatarie residenti nel Lazio, Abruzzo, Marche, Molise, Toscana ed Umbria).


La Commissione auspica che si preveda per legge l’obbligo di dare agli orfani specifiche informazioni in merito alle tutele e ai sostegni previsti dalla legge e alle modalità per ottenerli; la previsione di un difensore d’ufficio per gli orfani a causa di crimini domestici; la possibilità di utilizzare le risorse del fondo dedicato non solo per l’istruzione ma anche per altre esigenze meritevoli di tutela, come le spese per lo sport, per la partecipazione a gite  scolastiche o ad eventi culturali (oggi vale solo per l’erogazione di borse di studio o per iniziative di orientamento, di formazione e di sostegno per l’inserimento nell’attività lavorativa). Dovrebbe essere obbligatoria per legge – prosegue la Commissione – la valutazione prioritaria del collocamento dei minori orfani di femminicidio presso un familiare conosciuto e il ricorso a comunità educative o case-famiglia dovrebbe essere una misura eccezionale e temporanea.

Si chiede di estendere anche agli affidatari il supporto psicologico, come pure l’introduzione di permessi lavorativi specifici o riduzione orarie per gli affidatari, così da poter essere presenti nelle attività del minore e nelle fasi processuali. E ancora: la cifra una tantum di 60mila euro dovrebbe essere corrisposta in favore di ogni singolo orfano e non essere, come adesso, divisa i fratelli. Infine c’è l’indicazione di garantire la deindicizzazione delle notizie relative all’omicidio del genitore, là dove l’orfano ne faccia richiesta.

Con i Bambini, 20 milioni per gli orfani speciali

Per sostenere gli orfani di femminicidio, l’impresa sociale Con i Bambini – soggetto attuatore del fondo per il contrasto della povertà educativa minorile – già nel 2020 ha stanziato 10 milioni nel 2020 con la prima edizione del bando “A braccia aperte”, finanziando quattro progetti della durata di 48 mesi, ancora in corso. Il tema è tanto importante che Con i Bambini ha deciso di dare continuità alle azioni avviate e di promuoverne di nuove stanziando altri 10 milioni di euro per la seconda edizione del bando: le candidature sono aperte e i progetti questa volta avranno una durata di ben 60 mesi.

Marco Rossi-Doria, presidente di Con i Bambini, e Simona Rotondi, vice coordinatrice bandi e iniziative, sono stati auditi in Commissione, così come i rappresentanti di alcune delle reti coinvolte. «La relazione della Commissione accoglie diverse indicazioni emerse nell’audizione del 17 ottobre 2024. Alcune nostre proposte sono confluite nel documento finale. Per Con i Bambini si tratta di un segnale importante, che rafforza la scelta di proseguire e ampliare l’iniziativa “A braccia aperte”, avviata nel 2020 e riconosciuta come modello di intervento sul tema anche nel confronto istituzionale», scrivono ora in una nota.

L’iniziativa “A braccia aperte”, avviata nel 2020 da Con i Bambini, è riconosciuta come modello di intervento sul tema anche nel confronto istituzionale

Con i Bambini

Cinque anni fa il bando “A braccia aperte” rappresentò in effetti un intervento pilota e innovativo, non essendoci in Italia servizi dedicati per questi bambini e ragazzi: esistevano solo esperienze su territori specifici, legati a realtà pionieristiche. Non a caso nel focus book A braccia aperte, pubblicato da VITA all’avvio dei progetti delle quattro reti, parlavamo di bambini “tre volte orfani”: della madre, del padre (omicida e in carcere) e dello Stato.


I primi 250 orfani presi in carico

«Le quattro reti, attive nelle quattro aree del Paese, ad oggi hanno preso in carico 250 minori divenuti orfani a seguito di crimini domestici (in realtà fino ai 21 anni), con supporto psicologico, formazione e inclusione sociolavorativa. Al tempo stesso i quattro progetti stanno lavorando per sostenere le famiglie affidatarie, promuovere la formazione degli operatori, fare educazione per prevenire la violenza di genere», spiega Simona Rotondi.

Il secondo bando «prevede che i nuovi progetti durino 60 mesi: «Un tempo assolutamente inusuale, più lungo anche dei quattro anni solitamente previsti da Con i Bambini. Una scelta che va proprio nella direzione di voler consolidare le esperienze avviate e consegnare al Paese qualcosa che resti. Non a caso i soggetti coinvolti nelle quattro reti del primo bando avranno un ruolo di mentorship e accompagnamento anche per le nuove reti che andremo a selezionare, nuovi partenariati che saranno complementari a quelli esistenti, per esempio con la nascita di nuove équipe in provincie che ad oggi non sono coperte».

I progetti già attivi sono i seguenti: Orphan of Femicide Invisible Victim, promosso dalla cooperativa sociale Iside (Nord Est); S.O.S. – Sostegno Orfani Speciali, promosso da Centri Antiviolenza E.M.M.A. Onlus (Nord Ovest); Airone, promosso dall’associazione Il Giardino Segreto (Centro Italia) e Respiro – Rete di Sostegno per Percorsi di Inclusione e Resilienza con gli orfani speciali, promosso dalla cooperativa sociale Irene ’95 per il Sud.

I dati sul campo

In quasi quattro anni di lavoro, queste quattro reti hanno agganciato 450 orfani speciali e ne hanno presi in carico 250. Un secondo report di monitoraggio del bando “A braccia aperte” sarà pronto a novembre. Il precedente – fermo ai 70 orfani presi in carico al 25 luglio 2023, con un’analisi condotta sui primi 18 mesi di progetto – dice che una volta su tre il bambino o ragazzo era presente al momento del femminicidio della madre (36%). Il 42% dei minori vivono con una famiglia affidataria, che nel 70% dei casi è una famiglia del ramo materno. Il 10% vive in una comunità, il 5% è stato adottato. Nell’80% dei casi ci sono fratelli o sorelle.

In quasi quattro anni di lavoro, le quattro reti hanno agganciato 450 orfani speciali e ne hanno presi in carico 250. Una volta su tre il bambino o ragazzo era presente al momento del femminicidio della madre

Con i Bambini

Circa la metà dei bambini e dei ragazzi ha cambiato scuola o città in seguito all’evento. Il 72% dei bambini soffre di ansie e paure, il 57% ha manifestato disturbi alimentari, il 20% ha difficoltà a scuola.

Il 65% dei nuclei familiari non erano in carico ai servizi prima dell’evento del femminicidio benché il 65% dei nuclei presentasse elementi di vulnerabilità (per esempio familiari con dipendenze o raggiunti da provvedimenti giudiziari o con disabilità). L’83% delle famiglie affidatarie dichiara di arrivare a fine mese con qualche/grande difficoltà.

Le difficoltà dell’aggancio

Agganciare gli orfani non è stato affatto semplice, pur volendolo fare proprio per dare loro supporto. In assenza di un data-base, ogni rete ha lavorato in sinergia con i servizi sociali territoriali, le procure e i tribunali per rintracciare i bambini e i ragazzi orfani di femminicidio: un lavoro che incredibilmente ancora oggi può essere fatto solo sfogliando faldoni cartacei, senza alcun tag o affidandosi – dove possibile – alla memoria di un operatore.


Ciascuna delle reti sta provando a costruire un osservatorio sul tema “anagrafe”. I beneficiari presi in carico risultano così aver subito l’evento traumatico del femminicidio della madre in un range di tempo molto ampio, tra il 2004 e il 2022.

«Entrare in contatto con questi ragazzi e con queste famiglie anni dopo il femminicidio presenta delle complessità. L’aggancio è più difficile, a volte significa riaprire ferite in persone che in qualche modo avevano trovato una loro strada per andare avanti, magari dopo dieci anni in cui non hanno ricevuto alcun sostegno e si sono sentiti – in molti casi effettivamente sono stati – abbandonati da tutti. Completamente diverso è invece poter affiancare i bambini, i ragazzi e le famiglie fin da subito: in questi anni di attività le reti hanno potuto intervenire su una ventina di situazioni in emergenza, a ridosso del femminicidio, offrendo un sostegno tempestivo. Questo cambia tutto», spiega Simona Rotondi.

Tre apprendimenti

Ma quali sono gli apprendimenti che emergono? «La consapevolezza che le prese in carico non possono essere sporadiche, ma devono disegnare dei percorsi individualizzati, su misura delle esigenze e delle necessità pratiche dei minori», risponde Rotondi. «Le reti hanno adottato in maniera diffusa e con successo le “doti educative”, dei veri e propri “patti educativi” che vengono sottoscritti dai minori e dalle famiglie affidatarie, a cui è connesso un budget. Le risorse vengono spese in base a ciò che è previsto da questi progetti “su misura”: c’è tantissimo supporto psicologico ma anche l’acquisto di materiale scolastico, il pagamento delle rette universitarie o l’iscrizione a corsi di musica, sport, teatro. Non dimentichiamo che molte famiglie affidatarie presentano situazioni di fragilità economica e di precarietà lavorativa».

La seconda consapevolezza riguarda la necessità di un intervento tempestivo, immediato. «Quando accade un femmicidio, entro 48 ore dal fatto deve esserci una figura formata che in loco dia assistenza ai minori e alle famiglie: abbiamo visto che questa tempestività fa la differenza. Perché questo accada però occorre che a monte esista una procedura codificata e condivisa, a cui tutti gli attori coinvolti fanno riferimento: forze dell’ordine, personale sanitario, servizi sociali, Terzo settore».

Un terzo pilastro su cui hanno lavorato tutti i quattro progetti è stata la formazione degli operatori: avvocati, rappresentanti delle forze dell’ordine, assistenti sociali, insegnanti, personale dell’amministrazione penitenziaria, medici, psicologi, operatori del Terzo settore, giornalisti… «Tutti hanno bisogno di essere costantemente sensibilizzati e formati, per poter intervenire nella maniera corretta».

Il pezzo di lavoro più complesso si è rivelato quello con le famiglie affidatarie, spesso nonni e zii che accompagnano questi orfani. Non sono facilmente agganciabili, sono feriti a loro volta, spesso affaticati. Sono diffidenti e restii ad accettare un accompagnamento socioeducativo

Simona Rotondi, vice coordinatrice bandi e iniziative Con i Bambini

La difficoltà più grande: lavorare con la famiglia affidataria

Le criticità maggiori sono state riscontrate nel dare sostegno alle famiglie affidatarie. Nonni e zii che accompagnano questi orfani speciali, riflette Rotondi, «non sono facilmente agganciabili, sono feriti a loro volta, spesso affaticati. Sono diffidenti e restii ad accettare un accompagnamento socioeducativo, nonostante tutte le complessità che comporta l’educare un ragazzino che ha vissuto questa esperienza e doverlo fare in età avanzata, com’è il caso dei nonni». Un aspetto da rafforzare sarà quindi quello dell’aggancio degli orfani e lavoro diretto con le famiglie affidatarie: anche per questo, conclude Rotondi, «avere un Osservatorio nazionale e una raccolta dati dei figli degli orfani di femminicidio è una priorità».

Foto di Vincenzo Livieri – LaPresse 

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