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Turbine nella comunità

di Flaviano Zandonai

Confesso: non l’ho ancora terminato. E quindi questa non è una recensione ma uno “stato di avanzamento lettura”. Perché ferragosto incombe e dopo questa data i libri dell’estate cominciano a sfiorire. E anche perché, diciamocelo, sono oltre seicento pagine e io non sono un lettore accanito.

Comunque alla fine della prima parte del romanzo di Juli Zeh “Turbine” (Fazi editore) ci sono arrivato. Una parte essenziale perché non è ancora successo niente, o quasi, rispetto all’evento che intitola il libro, ovvero l’installazione di un parco eolico in una piccola comunità rurale nei dintorni di Berlino. Un paese con un nome che è più di un programma: Unterleuten, “tra la gente”. Ed è proprio tra abitanti vecchi e nuovi che l’autrice va a rovistare: affonda nelle loro biografie e ricostruisce le loro connessioni. Forse nell’economia di un romanzo, estivo per di più, queste prime 175 pagine si potevano risparmiare per rendere “il prodotto editoriale” digeribile anche ai mezzi lettori come me. Ma in realtà proprio questa parte è rivelatrice di come cambiano i tessuti comunitari sui quali poi atterranno quelle che Aldo Bonomi chiama le dinamiche dei flussi. E poco importa che si tratti di un parco eolico o di qualsiasi altra infrastruttura.

Una prima parte (e molto probabilmente l’intero libro) che consiglierei a community manager o aspiranti tali. Perché mette bene in luce come il lavoro di comunità, soprattutto se l’intento è fare coalizione, richieda di saper giocare sulle ambivalenze delle relazioni grazie a una conoscenza profonda delle individualità. Un approccio all’insegna della scaltrezza che non si limita ad assecondare i processi, ma sa introdurre, artatamente, elementi di discontinuità che creano nuovi scenari. Nel libro questa meta competenza emerge molto bene, sia nei vecchi leader comunitari perennemente in conflitto tra loro (Gombrowky e Kron, epigoni dell’ancien régime comunista), sia nei nuovi arrivati (Gerhard il professore che cambia vita e diventa funzionario della protezione ambientale e Linda che addestrando cavalli e sogna di formare i leader). Ma non solo: lo si nota anche nelle tecniche “persuasive” adottate dal developer dell’impianto eolico e nelle scelte-non-scelte del sindaco.

Vedremo come andrà avanti e soprattutto come andrà a finire. Intanto rimane una rappresentazione davvero ben riuscita della morfologia comunitaria odierna: molto artificiale in molte delle sue componenti anche nelle più remote “aree interne” come si direbbe da queste parti. E d’altro canto con più di un turbine al proprio interno, inteso non come impianto ma come movimento impetuoso che trascina con sé le persone e le loro relazioni intorno a questioni che, anche per motivi misteriosi, scuotono pure i contesti che sembrano più adagiati intorno a routine solo in apparenza immutabili.


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