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Il senso di Matera per l’impresa sociale

di Flaviano Zandonai

Da sola vale il prezzo del biglietto. Si potrebbe sottotitolare in questo modo la prossima Convention del gruppo cooperativo Cgm. Sì perché forse mai come in questa occasione il luogo fa la differenza rispetto alle precedenti tredici edizioni. Matera, e per di più nel corso del suo anno da capitale europea della cultura, è (o dovrebbe essere) tutt'altro che uno sfondo per eventi, ma piuttosto la coprotagonista nel fornire stimoli e cogenerare significati.

Il consiglio quindi – come ricordano gli organizzatori – è di attingere al sedimento storico culturale della città per ricercare risposte alle attuali sfide economiche, ambientali e sociali. Quasi come a dire che c'è nuovo valore anche in tutto ciò che sa depositarsi e non dispedersi per diventare, se opportunamente curato, generativo. Il sostrato, nel caso di Matera, è molto spesso e profondo e consente di arrivare fino alle fondamenta della vita sociale, considerato che è una città abitata ininterrottamente da millenni. Ma anche gli strati superficiali sono interessanti e meritano di essere scavati perché richiamano alcuni aspetti di una storia molto più recente ma comunque ricca: quella dell'impresa sociale.

Negli ultimi anni questa città ha fatto da incubatore a due filoni di imprenditoria sociale. Il primo riguarda il posizionamento della cooperazione sociale nelle value chain di economie coesive come l'agricoltura e il turismo. Un vero e proprio passaggio di stato, anche in termini gestionali e organizzativi, per un soggetto fin qui abituato ad operare soprattutto in coda ai processi di redistribuzione di risorse al fine di correggere i fallimenti dello Stato e del mercato. Ma questa funzione correttiva, come ricordava Zamagni alle recenti Giornate di Bertinoro, può avvenire non solo "post factum", cioè dopo aver registrato la presenza di "estrenalità negative", ma anche rendendo più sociale e sostenibile l'economia. Il secondo filone è rappresentato dall'innovazione socio tecnologica a base culturale e design driven che a Matera a conosciuto esperienze pionieristiche e startup di luogo che ora sono in piena fase di scaling per quanto riguarda l'impatto sociale.

Non è difficile ipotizzare che anche queste tendenze e realizzazioni recenti abbiano contribuito a qualificare il dossier di candidatura a capitale della cultura. D'altro canto è altrettanto vero che forse finora non si è del tutto realizzata una convergenza tra queste stesse evoluzioni, rallentando così l'innesco di percorsi di crescita derivanti da processi di fertilizzazione e apprendimento reciproco, in pieno stile open innovation. Forse la Convention potrà contribuire a sancire questo cambio di rotta. E non solo a Matera naturalmente. Perché solo in questo modo il futuro potrà essere davvero condiviso.


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