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Politica & Istituzioni

La trasparenza ha pagato. Sono 15 le città in cui a vincere sono stati sindaci aderenti alla campagna Sai chi voti.

di Federico Anghelé

La trasparenza non è passata inosservata alle ultime elezioni. I curricula, le esperienze professionali, gli incarichi e le condanne mai erano stati oggetto di discussione come in questa tornata elettorale che ha rivoluzionato il governo di alcune delle principali città italiane. Dallo scandagliatissimo cv di Virginia Raggi, una delle aderenti più note alla campagna Sai chi voti, accusata di aver omesso incarichi e imbarazzanti collaborazioni, alla grave omissione di Nando Marino, candidato sindaco a Brindisi che in più occasioni pubbliche ha negato di avere ricevuto una condanna a 4 mesi di arresto, con sospensione condizionale, emessa dalla Corte di Cassazione per reati ambientali. Più che in passato, media e opinione pubblica si sono domandati se gli aspiranti sindaci e consiglieri comunali avessero tutte le carte in regola per poter accedere all’incarico pubblico a cui si erano candidati. Ề l’ennesima dimostrazione che Sai chi voti ha svolto una fondamentale funzione in questa fase elettorale permettendo ai cittadini di trovare facilmente online informazioni sui candidati a sindaco delle loro città che sarebbe stato altrimenti impossibile scovare.

Sono i numeri a decretare il successo di iniziative come Sai chi voti, a dimostrazione che gli elettori sono molto interessati a sapere chi intende amministrarli (e, se ci fosse bisogno dell’ennesima conferma, che la trasparenza può pagare in termini di consenso): in poco più di un mese di campagna, la petizione ha raggiunto 25.000 firme, mentre sono state visualizzate 230.000 pagine della piattaforma digitale e le sessioni di visita sono state quasi 95.000.

Com’è stata la performance degli aderenti a Sai chi voti in questi ultimi ballottaggi? Su 18 città che al primo turno avevano visto passare uno o più candidati trasparenti, ne sono state perse solo 3. In definitiva, sulle 30 città monitorate dalla nostra iniziativa, in 15 si è affermato un candidato che aveva sottoscritto gli impegni di Sai chi voti. Si tratta dei nuovi primi cittadini di Roma, Milano, Napoli, Torino, Bologna, Trieste, Brindisi, Caserta, Savona, Novara, Latina, Vittoria, Rho, Gallarate, Varese, tutti accomunati dall’aver messo online i loro cv dettagliati, la situazione giudiziaria e i loro potenziali conflitti d’interesse.

Quindici su trenta corrisponde a un lusinghiero 50%. Obiettivo raggiunto? Beh, per chi, come me, si occupa di campagne, si potrebbe parlare di successo. E tuttavia, è lecito chiedersi perché nella metà dei comuni da noi monitorati, tutte città con più di 50.000 abitanti, i candidati a sindaco risultati vincitori abbiano rifiutato di aderire a una campagna sulla trasparenza promossa dalla società civile che rivolgeva loro domande di “buon senso”. Qualcuno, come quel Nando Marino di Brindisi, ha evitato di aderire perché forse qualcosa da celare agli elettori lo aveva davvero. Ma tutti gli altri? Bugiardi incalliti o, più probabilmente, convinti che iniziative come Sai chi voti non paghino in termini elettorali? Un candidato, in queste settimane di rush, ci ha fatto dire dal suo staff di non credere a campagne extraistituzionali come la nostra. Si tratta di Stefano Parisi, candidato a Milano. Inutile dire che è risultato sconfitto.

 


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