Education & Scuola

Quando una medaglia può cambiare la vita (forse)

di Roberto Brambilla

Vincere una medaglia olimpica può cambiare la vita. E non solo perchè si entra nella storia dello sport. Stephen Kiprotich è un ragazzo ugandese di 23 anni. Il 12 agosto, ultimo giorno delle Olimpiadi, ha vinto l’oro nella maratona, davanti a due atleti del Kenya. E’ stata la seconda medaglia d’oro della storia del suo Paese, il primo podio dopo 16 anni di astinenza.

Ma la gloria sportiva non sarà l’unica cosa che farà felice Stephen, sua moglie e il loro bimbo. Il governo ugandese, oltre a omaggiarlo con una colazione con il presidente Yoweri Museweni, darà al 23enne proveniente dal distretto di Kapchorka, ai confini con il Kenya, un assegno di 80 mila dollari (circa 65mila euro), una promozione (Kiprotich nella vita civile lavora come guardiano in una prigione) ma soprattutto la promessa di una casa per i genitori dell’atleta. Che oltre a Stephen hanno altri sei figli (tutti più grandi del campione olimpico) e vivono in grandi difficoltà economiche nell’est dell’Uganda, lavorando come agricoltori.

Un bel premio, in un Paese in cui il reddito annuo procapite è di 500 euro e dove l’aspettativa di vita è intorno ai 53 anni. E dove gli atleti come Kiprotich devono allenarsi in Kenya nella regione di Eldoret, nella Rift Valley. Lì Stephen ha rubato i segreti ai maestri. E si è portato nella storia delle Olimpiadi, a quarant’anni da John Akii-Bua, quattroncentista ugandese oro a Monaco 1972, che proprio lì, sulla pista dell’Olimpiastadion, aveva iniziato il suo calvario.


Qualsiasi donazione, piccola o grande, è
fondamentale per supportare il lavoro di VITA