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Atleti amputati, “stretta” su Mondiali e Olimpiadi

di Roberto Brambilla

Non se n’è accorto nessuno. O quasi. Perché tutti gli occhi erano puntati sulla sfida mondiale dei 100 metri tra Usain Bolt e Justin Gatlin e su Sebastian Coe, il nuovo presidente della Federazione Internazionale. Ma proprio nell’assemblea che ha eletto l’ex mezzofondista britannico ai vertici dell’atletica mondiale è stata presa una decisione a suo modo storica. Dal 1 novembre 2015 nessun atleta paralimpico con le protesi potrà più partecipare ai Mondiali e ai Giochi Olimpici “a meno che l’atleta possa produrre tutte le prove che le protesi non producano vantaggi rispetto agli altri atleti”. Una modifica dell’articolo 144.3 (paragrafo d) del regolamento IAAF potrebbe evitare quello che è successo ai Mondiali di Daegu 2011 e alle Olimpiadi 2012, quando il biamputato Oscar Pistorius corse i 400 ostacoli e la staffetta 4×400 e in Corea vinse l’argento nella prova a squadra senza però correre la finale.

Un cambio delle regole che non vale per i meeting e per i campionati continentali (Europei, Panamericani) ma che soprattutto inverte l’onere della prova, cioè deve essere l’atleta a dimostrare che la sua protesi non porta vantaggi e non la Federazione come accadeva fino ad ora. E trovare protesi conformi con questo nuovo regolamento non sarà facile, come ha raccontato Markus Rehm, lunghista tedesco, amputato dalla tibia destra che con il suo 8.29 di primato personale ottenuto con le protesi agli ultimi Mondiali di Pechino si sarebbe preso l’argento. “Anche se trovo un partner che mi aiuta – racconta al quotidiano “Neues Deutschland” – non è chiaro se anche la IAAF accetterà i risultati”. In attesa di ulteriori spiegazioni e dei primi casi tutto rimane fermo. Con Rehm e gli altri che nonostante le proteste di alcune federazioni, come quella tedesca, dovranno accantonare almeno per un po’ il sogno olimpico e mondiale.


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