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Barattare un dipartimento di geografia con un abbonamento al National Geographic

di Marco Percoco

Qualche giorno addietro mi trovavo a discutere di politica economica regionale con uno dei più importanti economisti italiani. Gli facevo presente che la politica di coesione dell’Unione Europea (i “fondi strutturali”) è rimasto l’univo intervendo degno di nota volto a ridurre gli squilibri territoriali che da secoli caratterizzano il nostro Paese.

Mi è stato chiesto, provocatoriamente, se, visti i risultati deludenti, non fosse meglio allocare tali fondi su interventi più urgenti, magari per finanziare le tanto famigerate riforme strutturali, perchè tanto i divari di sviluppo possono essere “facilmente” colmati facendo migrare i disoccupati meridionali.

Il motivo di tale posizione, invero diffusa tra gli economisti, consiste nel fatto che se il nostro indicatore di sviluppo è il rapporto tra PIL e popolazione, allora basta ridurre il numero di residenti per ottenere la convergenza desiderata.

Non deve stupire tale approccio perchè c’è di peggio. C’è chi ritiene che le epidemie di malattie mortali siano addirittura positive per lo sviluppo! Questo perchè i superstiti otterrebbero salari più elevati dalle imprese che sarebbero disposte a pagare di pià per convincerli a lavorare. Questo reddito più elevato risulterebbe poi in una migliore qualità della vita. Chissà, forse per questa visione, D’Annunzio, Marinetti e finanche Mussolini non avevano torto rispetto alle virtù della guerra. E poco importa se la desolazione dei luoghi conseguente un’epidemia, una guerra, una carestia, è tale da minarne permanentemente le prospettive di sviluppo.

Secondo me (ma credo anche per qualunque altra persona con un minimo di ragionevolezza) c’è un tarlo logico e culturale (invero tra i tanti) che affligge questo modo di ragionare, ed è la mancanza di cognizione geografica.

Alla fine degli anni ’40, Harvard (seguita da tutte le altre univerità americane e buona parte di quelle europee) chiuse il dipartimento di geografia, nella convinzione che un atlante fosse sufficiente e e che il mondo non necessitasse più di esplorazioni. In sostanza, un’intera disciplina è stata barattata con un abbonamento al National Geographic!

In Italia, la disciplina non gode certo di ottima salute ed è stata relegata ai margini della vita accademica ed anche politica. In Europa, invece, paesi come l’Inghilterra, l’Olanda, la Svezia, la Francia la sostengono vivamente e continuano a stimolare la nascita di nuovi centri di ricerca che indirizzino la politica economica in maniera meno banale e più aderente alla realtà.

Ah, un’ultima cosa. Un economista che disegna una mappa rimane un economista, non diventa un geografo.


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