Regioni: diamo i numeri

di Marco Percoco

Da alcuni anni ormai è in corso un processo di rimodulazione della governance territoriale. Il percorso è stato schizofrenico e privo di principi cardine attorno ai quali defnire interventi specifici.

Nel tempo, si sono succeduri: riforma del Titolo V della Costituzione, aumento del numero di province, riduzione ed abolizione delle province, abolizione delle elezioni provinciali, ri-creazione delle città metropolitane. A questo marasma istituzionale (cui sarebbe opportuno porre un argine con un Testo Unico), si è aggiunto un dibattito sciatto circa il numero di regioni, con una forte pressione verso l’accorpamento.

Ci sono almeno tre ragioni che mi inducono a ritenere il (povero) dibattito in corso privo di logica, oltre al fatto che vengo da una regione che si vuole far scomparire.

1. L’Italia non ha un numero eccessivo di regioni, se paragonata a Franca o Germania.

2. Ho la sgradevole sensazione che si confonda il fallimento di una classe politica regionale con il fallimento dell’istituzion regionale e la soluzione drastica a questo problema si pensa sia data dalla riduzione di alcuni perimetri d’azione, non delle persone, ma della cosa pubblica.

3. La definizione del numero ottimale di regioni non può prescindere dalla definizione di un principio ordinatore, altrimenti qualsiasi nuova ripartizione non potrà non essere arbitraria e non necessariamente migliore della precedente. In altre parole: in base a quale logica le 20 regioni attuali devono essere accorpate in 16, 17 o 14? Come si stabilisce questo numero?

Rimane, poi, una questione fondamentale. Prima di aggredire drasticamente le regioni (e prima le province), sarebbe utile avere un’idea chiara di quale debba essere la governance territoriale del futuro e perchè. Tutto ciò non è dato sapere e si continua a dare i numeri….sulle regioni.


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