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Phiona e la favola in una mossa

di Don Antonio Mazzi

Ci sono notizie che ci avvicinano più alle favole che alle cronache. Ci permettono di credere , di respirare profondo, di meravigliarci. Eccone una. Phiona Mutesi, quindicenne di Katwa, povero sobborgo alle porte di Kampala, capitale dell’Uganda, è arrivata  ai mondiali di scacchi. La Disney ha comperato i diritti per girare un film e Bill Gates, che avrebbe voluto diventare un campione ma non ci è mai riuscito, aspetta Phiona in America per sfidarla. Spaventata da quello scatolone che si muoveva, da noi chiamato aereo, un giorno si è vista trasportare dal caldo africano al gelo siberiano. Fa parte della nazionale del suo paese. Attualmente la sua classifica ufficiale annovera: 42 incontri, 26 vittorie, 6 pareggi, 10 sconfitte. Dicono che si mette al tavolo, si cava le scarpette (battendo due a uno Cenerentola) e via con gli scontri. Le prima avversarie di Svizzera e Scozia si domandavano stupite come fosse possibile, non avendo basi teoriche e non conoscendo i più banali trucchetti che tutti i giocatori conoscono. Il suo talento è straordinario. Con i primi soldi si è comperata due letti e quattro materassi per la sua baracca. Se vogliamo continuare a raccontarci la favola, dicono che non volesse entrare nell’ascensore e che fosse rimasta a bocca aperta, e con occhi stralunati, davanti ai quindici piani dell’albergo siberiano in Chanty-Mansijsk. La notizia ha fatto il giro del mondo ma, soprattutto, ha riportato a dimensioni umane uno “sport” esclusivo, elitario, per bianchi e per ricchi. Quindi passiamo dalla favola ad un balzo straordinario del mondo povero. Ancora una volta lo sport è arrivato dove nessun politico onnipotente e nessuna organizzazione mondiale (Onu e Vaticano compresi) mai sono riusciti. “Avevo scoperto che una associazione caritatevole cristiana organizzava un corso di scacchi in una chiesa del quartiere. È avvenuto tutto per caso”. Oggi anche i ragazzini delle baraccopoli (secondo noi occidentali) possono sedere davanti ad una scacchiera e battere fior di “signori” bianchi e con la puzza sotto il naso. Evviva lo sport!


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