Education & Scuola

Carcere sì, carcere no

di Don Antonio Mazzi

Quale può essere il criterio con il quale uno psichiatra dichiara ad una donna come la Franzoni, in galera da 12 anni, che è ancora socialmente pericolosa? Sono usciti dal carcere con tanto di o.k., bestioni pericolosissimi, ancora lontanissimi da una rieducazione profonda e vera. Appena fuori anno fatto disastri, ammazzando, vendicandosi e minacciando cose spaventose. I cosiddetti psichiatri si sono affrettati a dare giustificazioni banali e talvolta da voltastomaco. Vivo da trent’anni con i peggiori individui e me li sono portati in comunità, li ho aiutati a rinascere, tenendoli giorno e notte vicino a me. Ho discusso la loro uscita con gli educatori del carcere, senza scomodare nessun luminare. Sono usciti, stanno e fanno bene. Oggi, vorrei sapere perché dopo anni e anni di galera e di lavoro fatto su di se, la Franzoni debba essere una potenziale assassina. E se fosse veramente così, cioè come dicono i soloni dei postulati cartacei, come si giustificherebbe la giustizia moderna? Come si collocherebbe nella società che l’ha pensata e voluta? Tra il delitto e il delinquente, c’è qualche luogo di speranza, o ci sta solo l’ergastolo e la pena di morte? Ho letto l’elementare compitino svolto della commissione: “Ha espresso disturbi di adattamento attraverso preoccupazione, facilità al pianto e   problemi di interazione col carcere”. Ma, per favore, volete spiegarmi quanti di noi, non “godono” di questi disturbi? Vi pare che la società di quelli che stanno fuori, cioè di tutti noi, non generi situazioni di questo tipo? Andiamo in galera tutti? Non sarebbe meglio che mandassimo un po’ al fresco (magari per uno stage di sei mesi, o meglio ancora per un master ad Opera) quelli che beatamente lasciano marcire uomini e donne in nome di una giustizia solo punitiva? Ci lasciamo troppo condizionare da test stracotti e da vecchie tesi imparate all’università. Ci sono poi alcuni casi segnati da maledizioni accademiche politiche o popolar nazionali. Non fatemi ricordare Erika o Milena. Le ho sempre seguite io. Se liberate, secondo i cervelloni, avrebbero dovuto ammazzare tutti i bambini degli asili nido e tutte le suore delle scuole elementari. Il diavolo al loro confronto sarebbe stato un seminarista. Un buon lavoro, con la direttrice del carcere, con il magistrato, con l’equipe educativa e il sottoscritto, ha permesso alle due un recupero in due nostre strutture. Hanno lavorato, riflettuto, discusso. Sono uscite. Stanno bene e fanno bene. Soprattutto non hanno ammazzato nessuno. Peccato!


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