Salute e società

Parkinson: caregiver familiari, soli in un crescendo di lavoro

Pubblicato sulla rivista Neurological sciences il primo studio tutto italiano sul carico assistenziale dei caregiver di persone con Parkinson. I neurologi: «Si trasformino questi risultati in strumenti concreti d'azione»

di Nicla Panciera

«Fino a poco tempo fa lavoravo in un ufficio. Poi la situazione di mio padre è diventata più complessa e ho iniziato a prendere sempre più permessi, giorni, ferie. A un certo punto non ce la facevo più a conciliare tutto, e ho dovuto lasciare il lavoro. Ora mi occupo di lui a tempo pieno. Non era nei miei piani, ma non avevamo alternative. Non mi sento preparata, e a volte mi manca l’aria» racconta Laura, 53 anni, ex-impiegata. Il Parkinson quando arriva modifica gli equilibri della famiglia, in particolare delle donne, in modo crescente con l’evolvere della malattia. Se nelle fasi iniziali l’assistenza può limitarsi a pochi giorni a settimana, con il tempo tre caregiver su quattro dichiarano di fornire supporto quotidiano, e oltre il 40% lo fa per l’intera giornata. E il crescente carico di responsabilità, anche in questa malattia neurodegenerativa, è sulle donne, di età compresa tra i 55 e i 70 anni, spesso partner conviventi della persona con Parkinson o figlie come Laura.

La preoccupante situazione emerge dal primo lavoro scientifico italiano sul carico assistenziale dei caregiver di persone con malattia di Parkinson, promosso dalla Fondazione Limpe per il Parkinson Ets e coordinato da Mario Zappia e Giulia Donzuso del Dipartimento di Scienze Mediche, Chirurgiche e Tecnologie Avanzate dell’Università di Catania, che è appena stata pubblicata sulla rivista Neurological Sciences

Anche sul fronte della salute, il quadro è drammatico. Due caregiver su tre riferiscono conseguenze dirette sul proprio equilibrio fisico e psicologico: stanchezza cronica, insonnia, rabbia, depressione. Il 73% ha dovuto rinunciare ad attività personali, viaggi, hobby e relazioni sociali. Anche sul piano economico le difficoltà sono diffuse: il 60% dei partecipanti segnala cambiamenti significativi nella propria situazione finanziaria, legati soprattutto alle spese per riabilitazione, assistenza domestica e spostamenti per cure mediche. Solo una minima parte – appena il 14%riceve un supporto economico concreto.

Manca anche il supporto necessario per affrontare situazioni complesse nell’assistenza quotidiana e, infatti, solo il 9% ha ricevuto una formazione specifica; il 40% esprime il desiderio di accedervi, anche per orientarsi tra aspetti legali e burocratici. «Quando sono andato in pensione pensavo che avremmo finalmente avuto un po’ di tempo per noi» racconta Franco, 70 anni, pensionato «Invece il Parkinson si è preso mia moglie e, piano piano, anche me. Ogni giorno è una sfida: capire i farmaci, aiutarla a vestirsi, accompagnarla ovunque. Non ho mai ricevuto una formazione, e a volte ho paura di fare qualcosa di sbagliato. È come vivere un terremoto lento, che scuote tutto».

Quando sono andato in pensione pensavo che avremmo finalmente avuto un po’ di tempo per noi. Invece il Parkinson si è preso mia moglie e, piano piano, anche me

Franco, 70 anni, pensionato

Servono politiche pubbliche più coraggiose, che includano formazione, supporto psicologico, agevolazioni lavorative, assistenza domiciliare integrata e, soprattutto, un riconoscimento formale del ruolo essenziale che i caregiver svolgono nel sistema di cura. «La nostra ricerca» afferma Zappia «è un primo passo per restituire voce e dignità a migliaia di persone che ogni giorno, nell’ombra, sostengono i propri cari. Ora tocca alle istituzioni e alla società civile raccogliere questo appello e trasformarlo in azione concreta». Insomma, trasformare i risultati dell’indagine in strumenti concreti di formazione, sostegno e riconoscimento. «I caregiver sono un presidio silenzioso e insostituibile del nostro sistema di cura» conclude Michele Tinazzi, presidente della Fondazione Limpe. «È nostro dovere, come comunità scientifica e civile, riconoscerne il valore e garantire loro il supporto necessario».

Foto di Miikka Luotio su Unsplash

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