Sezioni

Attivismo civico & Terzo settore Cooperazione & Relazioni internazionali Economia & Impresa sociale  Education & Scuola Famiglia & Minori Leggi & Norme Media, Arte, Cultura Politica & Istituzioni Sanità & Ricerca Solidarietà & Volontariato Sostenibilità sociale e ambientale Welfare & Lavoro

Politica & Istituzioni

Una manovra mangia comunità e Giovanni Paolo II

di Riccardo Bonacina

Il 10 maggio 1986, invitato dalla cooperativa “Prodotti Agricoli Faentini”, Giovanni Paolo II parlo a un migliaio di cooperatori in questi termini: «La mia presenza fra di voi intende richiamare l’attenzione sull’importanza che le cooperative possono assumere nella vita economica, per il bene dei loro associati e dell’intera comunità. (…) In un mondo che è troppo spesso contrassegnato da un’eccessiva competitività, dalla sopraffazione del più debole da parte del più forte, dal ricorso a soluzioni collettivistiche che soffocano l’iniziativa dei singoli e sviliscono le ragioni della collaborazione, questa forma di organizzazione economica e sociale, se ben gestita, può costituire una stimolante esperienza di partecipazione e insieme uno strumento efficace per realizzare un livello più alto di giustizia. (…) Le cooperative appartengono a quegli organismi che nella enciclica Laborem exercens ho chiamato “corpi intermedi”. Esse infatti costituiscono una via fra tante altre, per associare, per quanto possibile, il lavoro alla proprietà e al capitale. Tale associazione è capace di “dar vita a una ricca gamma di corpi intermedi a finalità economiche, sociali, culturali: corpi che godano di una effettiva autonomia nei confronti dei pubblici poteri, che perseguano i loro specifici obiettivi in rapporti di leale collaborazione vicendevole, subordinatamente alle esigenze del bene comune, e che presentino forma e sostanza di una viva comunità, cioè che in essi i rispettivi membri siano considerati e trattati come persone e stimolati a prendere parte attiva alla loro vita” (Ioannis Pauli PP. II Laborem Exercens, 14)». L’occasione per riandare alle parole di Giovanni Paolo II sulla cooperazione come forma economica e di organizzazione del lavoro resistente al pensiero unico economico i cui disatri stiamo ancora subendo, ce lo dà l’edizione di un Dvd a cura della Fondazione Giovanni Dalle Fabbriche che fa utilmente memoria di un incontro di 25 anni fa. I responsabili della Fondazione non potevano immaginare che nella correzione alla manovra il Governo, a corto di idee e nella più assoluta confusione, mettesse nel mirino le, poche, agevolazioni che il mondo cooperativo ancora mantiene dopo continue erosioni diella fiscalità di vantaggio dal 2004 in poi.Si tratta, per Tremonti di un misero bottino di 80 milioni di euro. Ma, al di là delle misure che verranno prese (per chi voglia sapere di quali residui vantaggi godano le cooperative legga qui) quel che più conta è che invece di colpire le ricchezze e i redditi alti o altissimi, o gli evasori, si è scelto di attaccare una forma di economia e di lavoro che in questi anni ha creato più occupazione e non ha prodotto disastri sociali.

Luigi Marino, presidente di Confcooperative e portavoce dell’Alleanza delle Cooperative Italiane a nome di Rosario Altieri, presidente Agci e Giuliano Poletti, presidente Legacoop fa sapere, con troppa timidezza: «Nella fase di crisi, infatti le cooperative hanno privilegiato l’occupazione, che hanno continuato a incrementare, sacrificando la redditività dell’impresa. Le cooperative continuano ad essere in prima linea, tra l’altro, nell’assicurare i servizi di welfare e alla persona, nonostante gli annosi ritardi di pagamento della PA. Ritardi che si acuiranno in seguito ai tagli disposti per gli enti locali. È bene ricordare se la misura fiscale venisse approvata colpirebbe imprese dove i soci rinunciano per sempre a beneficiare individualmente della ricchezza prodotta dalla loro attività, destinando quelle risorse allo sviluppo dell’impresa, con vantaggi per tutta la comunità e il territorio, in termini di creazione di occupazione e di ricchezza».

Io, più brutalmente, avrei intimato a Berlusconi, Tremonti, Sacconi di mai più nominare la dottrina sociale della Chiesa da loro troppe volte ipocritamente citata e avrei consigliato di lasciare il campo a qualcuno con un’idea di Stato e di società.


Qualsiasi donazione, piccola o grande, è
fondamentale per supportare il lavoro di VITA