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Suicidarsi per il lavoro che non c’è e per i debiti

di Riccardo Bonacina

Un suicidio al giorno tra i disoccupati: una ricerca dell’Eures, istituto di ricerche economiche e sociali, relativa al 2009 e resa nota il 3 gennaio scorso, già delineava un aumento record dei suicidi per motivi economici con dati impressionanti. A pagare questo prezzo sono sempre più gli uomini, più fragili rispetto alla perdita di ruolo determinata dal licenziamento o dai debiti. Come è stato anche evidenziato dai fatti di cronaca di questo inizio 2012, che hanno visto piccoli imprenditori, ma anche un pensionato, in crisi economica decidere di togliersi la vita. Se il trend dei suicidi seguirà il trend della crisi dovremo aspettarci dati ancor più impressionanti nel 2010 e 2011.

Non potendo farlo per i morti del 2009, voglio ricordare nome per nome i caduti sul fronte della disoccupazione e dei debiti di questo inizio anno. Un agricoltore cinquantaquattrenne di Montefiore dell’Aso, in provincia di Ascoli Piceno, che si è ucciso impiccandosi nel magazzino dove teneva gli attrezzi per i campi. Antonio Losciale, 49 anni, è il quinto imprenditore in pochi giorni ad essersi tolto la vita perché sommerso dai debiti. È successo a Trani. Poi quello di un elettricista di Robecco sul Naviglio di 64 anni. Si è sparato un colpo alla tempia, nel suo furgoncino davanti all’ingresso della ditta individuale «Chiodini» a Gaggiano sulle rive del Naviglio Grande. A Catania Roberto Manganaro, 47 anni, che insieme al fratello Giuseppe gestiva un concessionario di moto Honda, si è tolto la vita ingoiando un’intera scatola di antidepressivi. «Temeva di non farcela, di non superare le difficoltà del 2012», hanno raccontato i parenti. Infine Roberto De Tullio, un pensionato di Bari di 74 anni, la cui famiglia gestisce in città diversi negozi. Si è ucciso gettandosi dal quarto piano del suo palazzo, in una zona signorile del capoluogo pugliese. Neanche lui, come gli altri, ha lasciato messaggi indirizzati alla famiglia. Solo la lettera firmata dall’Inps nella quale, dopo aver ricalcolato i versamenti, l’istituto chiedeva indietro cinquemila euro. Vite e storie diverse, ma per tutti lo stesso cupo finale: tra Capodanno e ieri si sono tolti la vita, colpiti dalla crisi, piegati dal peso dei debiti, spezzati dall’ansia di non farcela, consumati dalla disperazione.

Ma torniamo alla ricerca: sono stati 2.986 i suicidi commessi in Italia nel corso del 2009, anno in cui non era ancora evidente la portata della crisi economica, con un aumento del 5,6% rispetto all’anno precedente. Un incremento che riguarda sia gli uomini che le donne, ma l’incidenza della componente maschile (78,5% contro il 21,5% di quella femminile) raggiunge nel 2009 il valore più alto mai registrato negli ultimi decenni, con un indice di mascolinità pari a 364,4 suicidi compiuti da uomini ogni 100 femminili. In costante aumento l’incidenza maschile è anche nei tentati suicidi. Ciò che sembra caratterizzare il fenomeno è la sua forte interdipendenza con la crisi economico-occupazionale: sono stati infatti 357 i suicidi compiuti da disoccupati nel 2009, con una crescita del 37,3% rispetto al 2008, generalmente compiuti da persone espulse dal mercato del lavoro (76%). Anche in termini relativi appare evidente come il lavoro costituisca un vero e proprio discrimine: nel 2009 si registrano infatti ben 18,4 suicidi ogni 100 mila disoccupati contro 4,1 suicidi tra gli occupati. Un ulteriore indicatore del rapporto diretto tra il fenomeno e la crisi è rappresentato dal numero dei suicidi per ragioni economiche, che raggiungono proprio nel 2009 il valore più alto degli ultimi decenni (198 casi, con una crescita del 32% rispetto al 2008 e del 67,8% rispetto al 2007). In termini relativi, i suicidi per motivi economici arrivano a rappresentare nel 2009 il 10,3% del fenomeno “spiegato” a fronte di appena il 2,9% rilevato per il 2000. Ed è un fenomeno quasi esclusivamente maschile (95% dei casi nel 2009), a conferma di come questo si leghi alla acquisizione/perdita di identità e di ruolo sociale definita dal binomio lavoro/autonomia economica. A livello generale, il suicidio è più diffuso tra gli anziani, e più al Nord che nelle altre aree del Paese, anche se nel Mezzogiorno si è registrata nel 2009 la crescita più consistente.


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