Politica & Istituzioni

Con Renzi ha vinto la voglia di vero cambiamento

di Riccardo Bonacina

Non si dica ora, a commento di un risultato elettorale che nessuno si aspettava, che ha vinto la voglia di stabilità come buona parte dei commentatori sta facendo. Significherebbe non capire lo tsunami di un risultato che non ha eguali nella storia repubblicana per la sua dimensione plebiscitaria.Matteo Renzi non rappresenta e non ha incarnato, nella sua pur breve presenza sulla scena nazionale (è diventato segretario del partito poco più di 5 mesi fa e premier meno di 3 mesi fa), la voglia di stabilità, la sua è una presenza elettrica e pertubativa degli assetti consolidati e di rendita (“la palude” è stata da lui stesso definita), il suo percorso sino a qui trionfale rappresenta la voglia di cambiamento radicatissima nel Paese. Un cambiamento che però non equivale a rovesciare il tavolo, ma a sparecchiarlo buttando via senza se e senza ma le vecchie supellettili e i vecchi riti, per apparecchiarlo in maniera nuova. Non a caso ha detto nella Conferenza stampa terminata poco fa “La rottamazione? Ora può iniziare”.

Matteo Renzi ha cambiato, vicendo le primarie, radicalmente il suo Partito, l’ha rivoltato ne ha cambiato le liturgie senza rispetto per le resistenze a farlo, e l’ha affidato a una generazione completamente nuova sulla scena politica nazionale. Una volta al Governo ha continuato nella sua rivoluzione, di personale politico e di sconvolgimento delle priorità della vecchia politica. E in 80 giorni ha messo in campo  provvedimenti e idee capaci di incarnare la novità e la voglia di cambiamento.

Ha detto, dopo anni di vera “teologia del debito” e di continuo appesantimento della pressione fiscale, che ai cittadini non bisogna chiedere ma restituire.

Ha messo mano e messo in careggiata, dopo oltre un decennio di ignavia del Parlamento, le Riforme istituzionali e di assetto dello Stato.

Ha rimesso al centro un’idea estranea a tutti i suoi predecessori (di destra e di sinistra): ha sottolineato con i comportamenti (lo stare spesso via da Roma, l’andare nelle scuole) e con le azioni (l’educazione come scintilla prima di ogni cambiamento e la Riforma del Terzo settore messa recentemente in campo), sottolinenado che la società viene prima della politica.

Ha non solo sgombrato il campo dalla “concertazione” come metodo consociativo di Governo, ma facendolo ha sottolineato che ogni dialogo si instaura nella libertà e nell’autonomia, autonomia della politica e autonomia dei soggetti sociali.

Ha rimesso in campo la necessità e l’urgenza di una politica che abbia a cuore la giustizia sociale. E l’ha fatto con la norma Olivetti sul cap agli emolumenti dei manager pubblici e con i sacrifici imposti alla politica.

Se non si capisce questo credo non si riesca a capire perchè il Pd di Renzi sia l’unico partito al Governo ad essere premiato dalle urne in misura trionfale. La Merkel è rimasta al palo, Cameron è scivolato al terzo posto tra i partiti così come Hollande lasciando il campo ai neo fascismi. Gli italiani si presentano in Europa oggi orgogliosi della loro scelta e dicono che non desiderano stabilità (per quello bastava Enrico Letta) ma vogliono un vero cambiamento. E hanno anche capito che non è la rabbia il motore del cambiamento ma la speranza che si nutre di azioni e di parole capaci di sostanziarla.

Ora Renzi ha ancor di più un’enorme responsabilità, non solo quella di continuare con ancor più decisione nella sua iniziativa politica suggellata di un così ampio consenso, ma quella di andare in un’Europa sfinita dalle burocrazie e da un personale politico incapace di interpretare le istanze dei popoli, per farle cambiare davvero verso. Auguri

 

 


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