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Politica & Istituzioni

Il 4 ottobre la Giornata del dono. Per favore non siate banali

di Riccardo Bonacina

In anteprima l’editoriale del numero di VITA in edicola da oggi

Un po’ in sordina, il 4 ottobre, giorno di San Francesco, debutterà il Giorno del dono. Ci sono voluti quasi due anni (novembre 2013 – luglio 2015) affinchè il nostro Parlamento, malato di bicameralismo, licenziasse una legge di tre articoli, con un obiettivo “buono”, senza oneri per le finanze dello Stato e con un primo firmatario di assoluto prestigio come l’ex presidente della Repubblica il senatore Azeglio Ciampi. Debutterà un po’ in sordina il Giorno del dono anche perché un Disegno di legge del novembre 2013 è stato licenziato a metà luglio nella distrazione generale.

La legge, promulgata in una giornata di mezza estate recita così all’art. 1: “La Repubblica italiana riconosce il 4 ottobre di ogni anno «Giorno del dono», al fine di offrire ai cittadini l’opportunità di acquisire una maggiore consapevolezza del contributo che le scelte e le attività donative possono recare alla crescita della società italiana, ravvisando in esse una forma di impegno e di partecipazione nella quale i valori primari della libertà e della solidarietà affermati dalla Costituzione trovano un’espressione altamente degna di essere riconosciuta e promossa”.

È un’intenzione giusta quella che si propone la legge: accrescere la consapevolezza del contributo che le scelte e le attività donative possono recare alla crescita della società italiana. Ed è un’intenzione che non può risolversi in qualche pur giusta e ovvia iniziativa straordinaria di fundraising o in un contest per le scuole dal titolo giusto titolo “Donare, molto più di un semplice dare”, ma che per forza di cose non ha potuto quest’anno che coinvolgere poche decine di istituti.

Rimettere giustamente al centro il dono, come fa l’istituzione della Giornata, non può essere solo un modo per aderire a una morale astratta di bontà e giustizia, ma deve diventare una forma pratica per orientare le nostre scelte, per dirigerci verso una esistenza in sé più giusta e felice, per impedire che all’altro ci si continui a rivolgere com’è consuetudine dentro un’ottica solo utilitaristica e autocentrata. Questa mi pare sia la sfida.

Viviamo in una società schiacciata dal peso e dai “limiti dell’utile”. Non solo il discorso economico preso in sé, ma anche la scuola, la formazione dei giovani, persino la “cura” intesa in senso lato, rischiano di essere improntati ai soli standard di mera efficienza e funzionalità. Per resistere a questa logica e per uscirne bisogna sviluppare e valorizzare altre dimensioni della vita sociale e personale. Soprattutto ora, in un momento di forte crisi, recuperando, ad esempio, la dimensione del dono e del gratuito. Il legame sociale, del resto, è sempre stato fondato sulla logica del dono e del contro-dono, non solo su quella dell’utile. E il legame sociale è oggi un bene scarso, scarsissimo.

Dona chi ha, ma dona anche chi sa capire il valore generativo del dono che non è mai, soltanto, “dono di qualcosa”, ma generazione di legame. Solo se chi dona sa di essere a sua volta in debito (per questo i poveri sono più generosi) il dono perde il suo lato utilitaristico, che è sempre in agguato. Come ha ricordato Papa Francesco nel suoo recente viaggio nelle Americhe: “Servire l’altro non servirsene”.

Già Marcel Mauss nel suo fondamentale Saggio sul dono (1923), spiegava come donare qualcosa a qualcuno significa «regalare qualcosa di se stessi», per questo il dono, se è vissuto con questa profondità di intenzione, inaugura sempre un legame sociale nuovo e rigenera le comunità. La logica del dono gratuito, infatti, è basata sulla circostanza che il legame sostituisce il bene donato o comunque che il primo è più importante del secondo. Come ha magistralmente scritto Benedetto XVI nella Deus caritas est: “Perché il dono non umili l’altro, devo dargli non soltanto qualcosa di mio ma me stesso, devo essere presente nel dono come persona”.

Mentre la moneta utilizzata negli scambi economici è strettamente impersonale e mette fine al rapporto, il dono sempre apre all’altro. Kahlin Gibran scriveva che “È bene dare quanto si è richiesti, ma è meglio dare quando, pur non essendo richiesti, si comprendono i bisogni degli altri”. Buona Giornata del dono e sia giornata in cui partecipiamo qualcosa di noi stessi agli altri


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