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Politica & Istituzioni

Trionfano i cattivi? Riascoltiamo Capitini 50 anni dopo

di Riccardo Bonacina

Corre oggi il 50° anniversario della morte di Aldo Capitini, filosofo, attivista, profeta della nonviolenza. Il caso ha voluto che proprio oggi la commissione Giustizia del Senato ha approvato il testo base della riforma sulla legittima difesa, modificando alcuni articoli del codice penale. La legittima difesa sarà sempre presunta, pur rimanendo il principio di proporzionalità, ma scatterà anche senza la minaccia vera e propria di un’arma. Il ministro di Polizia in un trionfale tweet ha annunciato che la pratica sarà evasa entro l’anno. Anche perché la maggioranza ha dato carta bianca alla componente leghista per portare a casa un provvedimento di bandiera.

Per questo non posso chiudere la giornata senza far risuonare alcune parole di Aldo Capitini, così per arredare la nostra testa e la nostra anima in questi frangenti cattivi.

L’uso della violenza non ci dà sufficiente garanzia che trionfino i buoni, perché l’uso della violenza richiede che si facciano tanti compromessi» e poi, poco dopo, che «se per tenere testa ai cattivi, bisogna prendere tanti dei loro modi, all’ultimo realmente è la cattiveria che vince» e che, così, «scompare la differenza tra noi e loro, e c’è bisogno che sorga una differenza netta tra chi usa le armi potenti, e chi usa altri modi, con fede che essi trasformino il mondo.
(Trionfano i cattivi?)

Ogni essere a cui possa rivolgere un tu mi dà un aiuto nella produzione dei valori; perciò il vero mio intimo è la compresenza, perché da lì attingo per vivere i valori, creandoli e conoscendoli.
(La compresenza dei morti e dei viventi)

Chi è nonviolento è portato ad avere simpatia particolare con le vittime della realtà attuale, i colpiti dalle ingiustizie, dalle malattie, dalla morte, gli umiliati, gli offesi, gli storpiati, i miti e i silenziosi, e perciò tende a compensare queste persone ed esseri (anche il gatto malato e sfuggito) con maggiore attenzione e affetto, contro la falsa armonia del mondo ottenuta buttando via le vittime
(Aggiunta religiosa all’opposizione)

Accanto ad una società che usa la guerra come via alla pace, la violenza come via all'amore, la dittatura come via alla libertà, la religione mi porta ad anticipare di colpo il fine nel mezzo; e ad attuare comunque, qui e sùbito, pace, amore, libertà. La religione è impazienza dell'attendere il fine.
(Il problema religioso attuale)

L'altro uomo è a noi un'immagine di come siamo noi; se io, anche nel silenzio e nella solitudine della mente, rispetto l'immagine di un uomo, affermo in quel momento stesso la mia dignità di uomo, rendo omaggio all'essere spirituale in lui e in me. Chi non rispetta un altro, in realtà non rispetta nemmeno se stesso. Meglio è essere offesi che offendere; bisogna ricambiare il male con il bene: noi non dobbiamo dare che il bene, la vita, l'amore, la luce, la vicinanza, l'atto infinitamente aperto.

La vita è lotta. Non c'è cosa di valore che non costi.

Io non dico: fra poco o molto tempo avremo una società che sarà perfettamente nonviolenta, regno dell'amore che noi potremo vedere con i nostri occhi. Io so che gli ostacoli saranno sempre tanti, e risorgeranno forse sempre, anche se non è assurdo sperare un certo miglioramento. A me importa fondamentalmente l'impiego di questa mia modestissima vita, di queste ore e di questi pochi giorni; e mettere sulla bilancia intima della storia il peso della mia persuasione, del mio atto, che, anche se non è visto da nessuno, ha il suo peso alla presenza e per la presenza di Dio.

(Elementi di un’esperienza religiosa)


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