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Il canto del mondo, la convivenza tra identità in relazione diventa spettacolo

di Riccardo Bonacina

Da tempo sono convinto che nelle scuole italiane, nella quotidianità del fare scuola in questo Paese operino dei veri eroi, cioè uomini e donne che con spirito di abnegazione, coraggio e una certa dose di generosità che prendono sul serio il proprio ruolo (o missione?) di educatore. Stanno lì ogni giorno nelle classi in relazione con bambini e adolescenti di ogni colore disponibili a giocarsi in un’esperienza di conoscenza che prima dei ragazzi riguarda loro stessi. E lo fanno in uno spazio assai meno al riparo di un tempo, per poco denaro, alle prese con adulti (i genitori) disorientati, spesso scoppiati o isterici, colleghi troppe volte vaghi, dirigenti scolastici umiliati dalla burocrazia.

Ne ho avuto una prova qualche sera fa assistendo a “Voci oltre i confini. Il canto del mondo”, momento finale di un Programma Operativo Nazionale del CPIA 5 (Centro Provinciale per l'Istruzione degli Adulti) di Milano che ha 9 sedi (di cui due in carcere, al minorile Beccaria e a San Vittore) come ci ha spiegato il Preside Pietro Cavagna.

Il progetto ha interessato 30 adulti provenienti da 14 diversi Paesi (Egitto, Senegal, Nigeria, Cina, Libia, Albania, ect) che per una sera, a Milano alla Casa della Memoria, hanno preso possesso di un palcoscenico per recitare e cantare.

«Abbiamo reclutato sia dai corsi di scuola media sia dai corsi di lingua italiana un gruppo di studenti interessati a uno scambio linguistico-culturale in cui condividere testi, poesie, canzoni (anche di propria creazione) nella propria lingua madre utilizzando l’italiano come lingua ponte. La proposta era quella di essere per una volta loro, con la loro identità e la loro storia, i protagonisti del lavoro», ha spiegato Cristina Moroni, la prof che ha coordinato il progetto.

I testi (e i video) portati dagli studenti sono stati poi inseriti all’interno della cornice costituita da un testo persiano del XII secolo, “La Conferenza degli uccelli”, che racconta il viaggio di un gruppo di uccelli alla ricerca del loro re, viaggio che in molti punti rispecchia quello compiuto dagli studenti.

Così, aiutati dal Circolo dei Lettori ad Alta voce, bravissimi volontari che avevano il compito di leggere la traduzione dei testi recitati dagli studenti nelle loro lingue native (arabo, cinese, youruba, djoula, albanese, francese e inglese), gli studenti migranti hanno raccontato il loro viaggio in quattro stanze: Partire, Quali confini superare, Compagni di viaggio, Arrivo. Un percorso di letture, canti e video non solo fatto con maestria ma anche emozionante.

Come quando un giovane papà nigeriano ha cantato Trop de bla bla di un artista della Costa D’Avorio: “Ho sentito troppo bla bla/ A tutto ciò che dicono/ A tutto ciò che promettono/ Non credo più/ Promesse bla bla bla/ Troppo blah blah blah/ C'è troppo bla bla bla/ Perché diamo loro potere/ Hanno forse il sapere?/ La gioventù vive nella disperazione/ C'è troppo bla bla”. E ancora quando Edoinit Morina, un giovane albanese ha intonato il suo rap “Non scappate mai, migrare è troppo dolore”.

Uno dei testi letti è un brano di Alexander Langer del 1994 che restituisce l’importanza di un simile percorso: “Un valore inestimabile possono avere in situazioni di tensione, conflittualità o anche semplice coesistenza inter-etnica gruppi misti (per piccoli che possano essere). Essi possono sperimentare sulla propria pelle e come in un coraggioso laboratorio pionieristico i problemi, le difficoltà e le opportunità della convivenza inter-etnica. Gruppi inter-etnici possono avere il loro prezioso valore e svolgere la loro opera nei campi più diversi: dalla religione alla politica, dallo sport alla socialità del tempo libero, dal sindacalismo all’impegno culturale. Saranno in ogni caso il terreno più avanzato di sperimentazione della convivenza, e meritano pertanto ogni appoggio da parte di chi ha a cuore l’arte e la cultura della convivenza come unica alternativa realistica al riemergere di una generalizzata barbarie etnocentrica”.

Era palpabile il clima di relazione affettiva tra le trenta persone adulte e migranti, al lavoro insieme per molte settimane, lo spettacolo di diverse indentità in relazione che hanno saputo fare del loro percorso un gesto creativo. Sperimetazione viva della convivenza, come sottolineato da Langer.

Un’esperienza che mi fatto ricordare quanto diceva Paul Celan, ovvero che avrebbe bruciato tutte le sue poesie in cambio di una stretta di mano che sapesse rivoluzionare il suo mondo.

Come è noto La conferenza degli uccelli racconta di tutti gli uccelli del mondo che si radunano per intraprendere la ricerca del leggendario Simurgh, il loro re, uccello mitico. Gli uccelli devono attraversare sette valli prima di raggiungere il Simurgh: la valle della ricerca, la valle dell'amore, la valle della conoscenza, la valle del distacco, la valle dell'unificazione, la valle dello stupore, e infine la valle della privazione e dell'annientamento. Arriveranno solo in 30, esattamente come 30 erano i migranti del CPIA coinvolti nel progetto, e scoprono Simurgh, il re, è ciascuno di loro e tutti loro. Così come crediamo i protagonisti della serata avranno scoperto molto di sè e del loro, sia pur tribolato, prezioso destino.

Non è mancata, nella bella serata, una notte di amarezza, la professoressa Moroni ha chiosato: “Purtroppo alcuni studenti che si erano coinvolti in un primo momento sono stati costretti ad abbandonare il progetto a causa di trasferimenti in sedi lontane o di altre delle molte difficoltà che caratterizzano le loro vite”.


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