Politica & Istituzioni

La rivolta nelle carceri e il fantasma di Bonafede

di Riccardo Bonacina

Sono sei i detenuti deceduti nel carcere di Modena durante la rivolta di ieri pomeriggio: lo si apprende oggi da fonti della Questura modenese confermate dal sindacato della polizia penitenziaria, Sappe. A Modena si è sviluppata ieri una vera e propria rivolta dei carcerati, circa 530, in segno di protesta per le restrizioni ai colloqui dovute all'emergenza coronavirus.

Modena arriva però dopo le rivolte di Salerno e di Poggioreale, e prima di a Bari, Alessandria, Vercelli, Pavia, Padova Frosinone, Palermo, Foggia. E oggi San Vittore a Milano.

La scintilla di una rivolta che non ha precedenti per numero di carceri (ben 27) e di carcerati coinvolti, sono state le misure riguardanti gli istituti penitenziari e negli istituti penali per minorenni. Nessuna apertura per pene alternative per malati e anziani. Nel decreto legge recante "misure straordinarie ed urgenti per contrastare l'emergenza epidemiologica del nuovo coronavirus e contenere gli effetti negativi sullo svolgimento dell'attività giudiziaria", si contemplano anche le misure per quanto riguarda le carceri italiane. Negli istituti penitenziari e negli istituti penali per minorenni, a decorrere dal giorno successivo alla data di entrata in vigore del presente e sino alla data del 31 maggio 2020, i colloqui con i congiunti o con altre persone cui hanno diritto i condannati, gli internati e gli imputati, saranno svolti solo a distanza, mediante, ove possibile, apparecchiature e collegamenti di cui dispone l'amministrazione penitenziaria e minorile o mediante corrispondenza telefonica, che può essere autorizzata anche oltre i limiti previsti dall'ordinamento penitenziario. Inoltre è previsto il divieto ai volontari di visita. Quindi divieto di visita, ma ampliamento, diciamolo assai teorico, delle telefonate e utilizzo di Skype. Altra novità è il divieto dei benefici penitenziari. Tenuto conto delle evidenze rappresentate dall'autorità sanitaria, il magistrato di sorveglianza, nel periodo compreso tra la data di entrata in vigore del decreto ed il 31 maggio 2020, può sospendere la concessione dei permessi premio e del regime di semilibertà.

Nel decreto, quindi, nessuna apertura per quanto riguarda la concessione di pene alternative per le persone vulnerabili come malati e anziani che difficilmente in carcere, se dovessero contrarre il coronavirus, potrebbero essere isolate dal resto della popolazione detenuta.In carcere la paura, la solitudine, l'angoscia sono cresciute di ora in ora esponenzialmente tra i quasi 61 mila detenuti nelle carceri italiane. Decine di migliaia di genitori, figli, fratelli, sorelle non possono vedere i loro cari in carcere. Sono impauriti, in alcuni casi disperati.Per questo vanno allargate le possibilità di contatto. In base alla legge attualmente in vigore al detenuto spettano dieci minuti di telefonate alla settimana (seppur estendibili eccezionalmente), e i collegamenti internet sono pressoché vietati. La solitudine e le tensioni in questo modo possono crescere oltre il limite della ragionevolezza.

Occorrerebbe un provvedimento governativo urgente e necessario quello che consenta al detenuto di telefonare ai propri famigliari per almeno venti minuti al giorno. In questo modo si andrebbero a mitigare gli effetti delle limitazioni progressive ai diritti delle persone detenute.

E occorre soprattutto dire con forza e con chiarezza che paura del virus e le misure del governo sono state solo l’ultima scintilla, purtroppo l’attuale dirigenza del Dap ha dato prova di inefficienza e del carcere ha colto solo l'aspetto repressivo che ha esarcebato la situazione carceraria anche nei mesi scorsi.

La chiusura delle carceri era già iniziata ed era sotto gli occhi di tutti (ben prima che questo maledetto virus rendesse le cose così drammatiche) ma pochi lo hanno fatto notare, affascinati da mistificanti progetti lavorativi dove si utilizzano i detenuti in attività gratuita per coprire le buche delle strade romane.I magistrati devono fare i magistrati non hanno doti particolari per amministrare e i risultati si vedono. Hanno dato potere alla polizia penitenziaria.

Ecco le allucinanti dichiarazioni che la rappresentante dei funzionari (commissari) comandanti gli istituti ha fatto oggi : "Il tam tam – secondo la leader dell'Associazione nazionale dei dirigenti e funzionari di polizia penitenziaria Daniela Caputo – creerà presto un effetto emulazione". La dirigente propone il pugno di ferro: "l'esercito intorno a tutti i muri di cinta, punizione severa di coloro che stanno fomentando le rivolte, interdizione da subito di ogni accesso a esponenti o associazioni che in ragione delle loro campagne storiche di tutela e promozione dei diritti dei detenuti possano vedere la loro voce strumentalizzata da facinorosi e violenti".

Praticamente uno scenario egiziano, una situazione degna di regimi totalitari. Anni di buone pratiche buttae via per insipienza e per irresponsabilità. Fermiamoci. Fermateli.

E se abbiamo un ministro della Giustizia, si faccia vivo!


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