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Re-inventare e il tesoro dei templari

di Maria Laura Conte

Now is the best time to reinvent yourself, ora è il momento migliore per reinventare te stesso; Do not procrastinate, reinvent yourself for survival post-corona lockdown, non procrastinare se vuoi sopravvivere: un fremito ti prende nel leggere questi titoli imperativi che segnano il ritmo di questa nuova primavera.

Avanti, le porte si riaprono, i giorni più grigi che consumavamo attorcigliati al bollettino dei morti delle 18 sfumano negli archivi, e non abbiamo più alibi. Saltiamo giù dall’altalena del “saremo migliori-saremo peggiori” e tuffiamoci nella nuova prova. Re-inventiamoci, suggeriscono tutti, gli esperti, i coach globali, quelli del “be positive”, sii positivo e non soccomberai alle nuove norme della realtà ritagliata intorno a noi dal virus.

Reinventare noi stessi, il nostro business, la nostra carriera, le nostre città; come ci muoviamo nello spazio liberato, come amiamo e siamo amici, come andiamo in vacanza o ci alleniamo.

Ma non è solo un affare privato. Lo testimonia Le Monde quando dalla colonna degli editoriali spiega che dopo la pandemia lo stesso ordre mondial, l’ordine mondiale, va reinventato, perché la crisi sanitaria ha modificato i rapporti tra le grandi potenze e la stessa Europa deve cominciare a organizzare la sua ricostruzione. Macron, pure lui, ama questo verbo: ha sollecitato tutti, in primo luogo se stesso, a reinventarsi, cioè a uscire dai sentieri battuti e dalle ideologie, se si vuole anche solo provare a pensare a domani.

Sachons nous réinventer, et moi le premier

E. Macron

Re-inventare è una parola dalla vicenda provocante. In latino in-venire e invenzione richiamano il movimento verso una meta: giungo a una destinazione, quindi trovo qualcosa. In principio “invenzione” si sovrapponeva quasi a “scoperta”: trovo qualcosa che già esiste, solo che prima era nascosto o non riconoscibile a occhi inesperti. Se ci lavoro, scopro cioè invento.

Dante, per esempio, in uno dei suoi saggi usa la parola invenzione proprio in questo senso: “Secondo lo cercamento e la invenzione che ha fatto l’umana ragione con l’altre sue arti, lo diametro del corpo del sole è cinque volte quanto quello de la terra”. Invenzione per lui è l’esito di studi e analisi di dati noti, il traguardo di una riflessione sintetica che porta a scoprire una misura già presente in natura, ma fino ad allora sconosciuta.

Invenzione mantiene questa valenza semantica nel tempo, come testimonia l’uso che ne viene fatto per riferirsi per esempio alla scoperta di tesori come quello dei Templari: qui l’invenzione è il ritrovamento di un forziere di preziosi.

E’ Leonardo da Vinci che sembra dia una svolta alla parola, portandola ad abbracciare nuovi significati: invenzione gli serve per definire le creazioni del suo intelletto unico, della sua creatività, come quei dispositivi ingegneristici mai neppure pensati prima. Invenzione è in lui un processo che intreccia immaginazione e ingegno, scardina il noto e apre spazi sconfinati di novità, grazie a lavoro e metodo.

Questa è l’invenzione che arriva fino a noi, con un patrimonio accumulato nei secoli. E quel re-inventarsi a cui siamo invitati dalla curva del dopo Covid19 è in debito con quella storia.

Perciò, in sintesi, che compito ci toccherebbe ora? Pensarci come scienziati che si chiudono in un laboratorio per uscirne con congegni avanguardistici, utili ad adattarci al mondo nuovo? Appare come un’impresa affascinante ma non alla portata di tutti, faticosa, e siamo pure un po’ stanchi.

Piuttosto potrebbe risultare avvincente un’azione del tipo ricerca del tesoro dei Templari: reinventiamoci tornando ad attingere ai depositi di passioni, bisogni e abilità essenziali che ci costituiscono, che strutturano quella che in gergo aziendale chiameremmo la nostra mission.

Ce li siamo smarriti nella sospensione pandemica? O addirittura prima, nel logorio della vita “normale” e distratta? Forse sì. Ma potrebbero anche chiedere di essere rivalutati, una volta liberati dalle macerie delle incombenze cancellate o rimandate a data da destinarsi. E che quindi forse non erano così indispensabili.


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