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Le fondazioni oggi (aspettando il modello Usa)

di Luigi Maruzzi

Appena l’ho visto sullo scaffale della Feltrinelli mi son detto: “Questo libro va conservato gelosamente, non lo sfoglio neppure, è importante per il solo fatto che sia stato pubblicato. Troppo prezioso, insomma, per essere sciupato tra il treno e l’ufficio; proprio come un disco che – cercato chissà da quanto tempo – finalmente ti ritrovi tra le mani inaspettatamente”.

Il volumetto di Gian Paolo Barbetta (LE FONDAZIONI. Il motore finanziario del terzo settore) rappresenta quasi un evento per chi (come me) si occupa di erogazioni. Al punto da decidere di prenderne immediatamente visione, a dispetto del mio (assurdo, a dire il vero) proposito iniziale. Ho notato innanzitutto che la pubblicazione riporta in alto sulla copertina il numero 218 che – senza volerlo – richiama gli estremi identificativi della legge Amato che nel 1990 ha istituito le fondazioni di origine bancaria. Ma forse non è un caso: non è poi un mistero il fatto che l’Autore sia particolarmente interessato a questa specifica tipologia di fondazione, che sin dalla sua comparsa sulla scena politico-istituzionale italiana ha fatto intravvedere ad alcuni giovani studiosi dei fenomeni d’oltreoceano (come, appunto, Barbetta) la possibilità di inventare qualcosa che prima non c’era, una specie di politica economica dichiaratamente baricentrata sul nonprofit.

Al di là di questa interpretazione generale, il libro colma una forte carenza conoscitiva sul mondo delle fondazioni e, in particolare, sullo sviluppo della  loro esperienza: nessuna delle considerazioni e delle informazioni che Barbetta fornisce nel volumetto, andrebbe trascurata. Malgrado ciò, a chi volesse approcciare questa lettura per ottenerne il meglio (magari perché ha già studiato l’argomento nell’ambito delle proprie discipline universitarie) suggerisco un indice ‘alternativo’:

  • capitoli 1, 5 e 6 (da leggere integralmente);
  • capitolo 2 (leggere solo il paragrafo a pag. 32 “Le fondazioni nei paesi occidentali”;
  • capitolo 3 (leggere soltanto il paragrafo a pag.44 “Gli incentivi alle donazioni”);
  • capitolo 4 (si può saltare).
  • Le conclusioni a pag.127 andrebbero lette a distanza di qualche tempo, per evitare di rovinare un quadro sulla realtà fondazionale che avrà acquistato contorni abbastanza definiti.
Sdoganare le fondazioni da interessi culturali di nicchia rappresenta un’operazione che oso definire di accrescimento democratico. Attraverso la collana “Farsi un’idea” la casa editrice bolognese sta cercando di dedicare un’attenzione qualificata a tematiche raramente proposte alla collettività dei lettori: come Nonprofit (sempre di Barbetta),  Volontariato, Microcredito, Cooperazione, Banca mondiale, Cooperazione internazionale allo sviluppo, Welfare, Capitale umano, Sviluppo sostenibile.

Io credo che ci sono molte letture che dovrebbero appartenere al patrimonio culturale di ogni cittadino: e i libri che contribuiscono alla diffusione della conoscenza sul terzo settore fanno parte di questa categoria.


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