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Attivismo civico & Terzo settore

Autunno senza consulte

di Claudio Di Blasi

Nella storia del servizio civile, se mai verrà scritta, l’agosto del 2012 sarà ricordato come il mese in cui le Consulte furono abolite.

Infatti, all’interno della legge nota come “spending review” il Parlamento sovrano, su proposta del Governo, ha deciso di sopprimere ben due organismi di rappresentanza del servizio civile: la Consulta Nazionale per il Servizio Civile e, come effetto indiretto,  il Comitato per la Difesa Civile Non Armata e Nonviolenta.

 La vicenda non pare aver interessato più di tanto l’opinione pubblica: qualche comunicato di protesta di enti di servizio civile a dimensione nazionale, alcuni articoli su riviste e blog di area pacifista.

 Chi ha tentato di opporsi a tali “soppressioni” ha sfoderato due argomenti: il risibile costo di mantenimento degli organismi (per ciò che riguarda la Consulta Nazionale per il Servizio Civile si è calcolata una spesa effettiva di circa 2.500 € annui) ed il venir meno di due importanti strumenti di confronto e partecipazione.

Sui costi economici degli organismi non mi pronuncio, non essendo in possesso di elementi sufficienti in materia.

Il costo di una struttura del genere è infatti determinato dalle voci “dirette” (ad esempio i rimborsi viaggio forniti ai componenti degli organismi per partecipare agli incontri), che risultano essere pari ai già citati 2.500 €.

Ma vi sono anche i costi “indiretti”, come il numero di funzionari stipendiati per seguire e supportare tali organismi di rappresentanza: lo stipendio medio di un dipendente della Presidenza del Consiglio dei Ministri è di circa 30.000 € annui (fonte ISTAT 2011), mettiamo che fossero in quattro a seguire le consulte….  e  i costi iniziano a lievitare.

Purtroppo l’approccio, tipicamente economico aziendale, dei “centri di costo” non fa ancora nel patrimonio culturale dell’amministrazione pubblica.

Decisamente più interessante l’argomentazione inerente il venir meno di strumenti di confronto, partecipazione e dialogo: si tratta di tre sostantivi che molto hanno a che fare con la mia concezione della “politica”.

A tal proposito ricordo un bell’aforisma di Alcide De Gasperi, pronunciato in un discorso del 1948 a Milano: “politica vuol dire realizzare”.

Ad essere sinceri, il Comitato DCNAN (improponibile acronimo che sta per Difesa Civile Non Armata e Nonviolenta) nel suo vocabolario non contemplava il verbo “realizzare”.

Dal febbraio 2004, data della sua istituzione, ad oggi mi risulta abbia prodotto un documentino di 20 pagine, un paio di seminari ed un progetto di servizio civile sperimentale che ha coinvolto 4 o 5 volontari: davvero pochino, ne converrete.

Tanto poco che per anni la relazione finanziaria di Ufficio Nazionale per il Servizio Civile metteva a bilancio risorse economiche per le attività di tale Comitato… salvo poi trovarsele inutilizzate l’anno successivo.

Spiace dirlo, ma del Comitato DCNAN nessuno sentirà la mancanza, anche perché sono stati pochissimi ad accorgersi della sua esistenza.

Diverso il discorso per la Consulta Nazionale per il servizio civile, che di attività ne ha svolta, e parecchia.

E’ necessario pertanto far riferimento ad un aforisma consono e il più indicato è quello tratto dal “Don Chsciotte della Mancia” di Cervantes: “l’onestà è la miglior politica”.

Onestamente, si è trattato di un organismo che della “riservatezza” ha fatto la sua parola d’ordine: era talmente riservato che dal 1999 ad oggi solo in un paio d’occasioni (la seconda nel giugno 2012) è stato pubblicato il verbale, od almeno il sunto del verbale, di una sua riunione… eppure di riunioni  ne sono state fatte a decine e su argomenti che riguardavano la stessa esistenza del servizio civile.

Insomma, un organismo che si esprimeva per enti e volontari, ma di cui enti e volontari non potevano conoscere le decisioni e le prese di posizione.

A questa singolare concezione della trasparenza si è sempre accompagnata una altrettanto singolare concezione di partecipazione.

Solo i volontari in servizio civile infatti hanno eletto i loro rappresentanti in Consulta, e di questo va loro dato merito.

I rappresentanti degli enti di servizio civile sono sempre stati nominati dal componente del Governo che aveva la delega al servizio civile, e sono sempre stati scelti tra i rappresentanti degli enti a dimensione nazionale, che sono poco più di un centinaio su un totale di ….. 3.581.

Ma lo prevede la legge… obietterà qualcuno.

Ebbene accade che una legge sia poco democratica e partecipativa.

Onestamente, quando un organismo di partecipazione diviene nella realtà un organismo di partecipazione di pochi, e guarda caso quei pochi sono anche i più “robusti”, capita che la sua esistenza non interessi più di tanto alla massa dei tapini.

Ed infatti non ho notato alcuna agitazione tra i 3400 e rotti “non eleggibili nella Consulta” alla notizia che questo organismo di rappresentanza veniva soppresso…. per la semplice ragione che non si sentivano rappresentati.

Insomma, sono stati gli enti componenti la Consulta a creare le condizioni ideali per la soppressione della Consulta stessa…. speriamo che imparino da questa spiacevole esperienza.


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