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Servizio civile: tra desiderio e crollo

di Claudio Di Blasi

In questi giorni autorevoli esponenti degli enti di servizio civile hanno segnalato il “crollo” del servizio civile.

Un crollo riferito ai progetti ed ai volontari richiesti dagli enti per il prossimo anno: sono stati infatti presentati progetti che che prevedono di impiegare 43.280 giovani, il 30% in meno rispetto ai 60.000 del 2011.

 Visto che ad oggi la Repubblica Italiana ha deciso di stanziare risorse per avere in servizio nei prossimi mesi meno di 19.000 volontari, un cinico potrebbe replicare che vi sono comunque 24.000 richieste di troppo, e che si dovrà effettuare un arduo lavoro di selezione.

 Ma non sempre la dura realtà finanziaria risponde agli altrettanto reali bisogni della comunità: vediamo di comprendere meglio cosa significa l’arida cifra “43.280”.

 I 43.280 volontari richiesti dagli enti insistono su 4.188 progetti, così suddivisi: 1.756 progetti per 25.303 volontari per quanto riguarda il bando nazionale, 2.432 progetti per 17.977 giovani per i bandi delle Regioni e delle Province Autonome.

Sul “bando nazionale” non riusciamo a dire granché: non sappiamo quanto ha chiesto un singolo ente, per quale ambito di intervento, su quali aree geografiche.

 Diverso il ragionamento sui bandi regionali, di cui possiamo fornire una interessante tabella, che suddivide progetti e posizioni richieste per singola regione e provincia autonoma.

REGIONI N.° Progetti N.° Volontari
Abruzzo 53 315
Basilicata 41 181
Bolzano 14 87
Calabria 274 1354
Campania 252 3597
Emilia Romagna 137 609
Friuli-Venezia Giulia 31 191
Lazio 217 1603
Liguria 29 163
Lombardia 258 1541
Marche 41 366
Molise 33 227
Piemonte 183 763
Puglia 209 946
Sardegna 141 839
Sicilia 297 3592
Toscana 87 723
Trento 39 133
Umbria 14 120
Valle D’aosta 1 9
Veneto 104 589
Totale 2455 17948
Noterete subito alcune differenze tra i numeri contenuti nelle righe precedenti e quelli della tabella: la fonte è in entrambi i casi quella di Ufficio Nazionale per il Servizio Civile, e le discrasie sono talmente leggere da non inficiare alcun ragionamento di carattere generale.

Già dagli aridi numeri della tabella si possono fare alcune semplici considerazioni.

Ad esempio si nota come in Lombardia siano stati presentati un numero di progetti che sono pari a quelli depositati in Campania o Sicilia, e questo nonostante le due regioni meridionali abbiano ognuna circa la metà della popolazione della regione con il simbolo della rosa camuna.

Se invece rapportiamo il numero di volontari a quello dei progetti, notiamo come in Lombardia ogni progetto preveda mediamente l’impiego di poco meno di sei volontari, rispetto ad una media campana di oltre 14 ed ad una siciliana di 12.

 

Ma possiamo andare oltre questi banali rapporti, e prefigurare quali sarebbero le dimensioni del servizio civile nazionale se fossero esauditi i desideri di una regione come la Campania, ovvero di una regione come la Lombardia.

Un primo dato: il 14mo rapporto sulla spesa pubblica della Campagna “Sbilanciamoci”, pubblicato nei giorni scorsi, chiede un finanziamento annuo di “almeno 200 milioni” per il servizio civile, al fine di permettere l’avvio al servizio ogni anno di almeno 40.000 giovani.

Un secondo appunto: i bandi emessi dalle Regioni riguardano da vari anni circa il 46% del Fondo Nazionale per il Servizio Civile.

A loro volta le Regioni si suddividono tale risorsa utilizzando il “criterio FNPS”, dove l’acronimo sta per Fondo Nazionale Politiche Sociali: si tratta sostanzialmente di una percentuale attribuita ad ogni regione sulla base di alcuni parametri quali ad esempio la popolazione, la percentuale di residenti giovani ed anziani, ecc. ecc..

Ebbene a livello nazionale la Campania “pesa” per il 9.98% del FNPS, mentre la Lombardia si attesta al 14,15%.

 

Bene, siamo pronti per la nostra “simulazione”.

Iniziamo con il “Modello Campania”.

Se i 3.597 posti di servizio civile richiesti dagli enti campani costituissero il 9,98% delle posizioni richieste da tutte le Regioni, è facile calcolare come il totale dei volontari richiedibili dall’insieme delle Regioni sarebbe pari a 36.042 unità.

Considerato poi che le posizioni di servizio civile dei bandi delle varie Regioni rappresentano il 46% di tutti i volontari impiegabili annualmente, arriviamo ad un totale nazionale per i cosiddetti “progetti Italia” pari a 78.352 giovani da ingaggiare.

A tale numero va poi assommato un 2% di volontari da impiegare per legge nell’accompagnamento di grandi invalidi e ciechi (1.567 unità), ed un altro migliaio da ingaggiare nei progetti di servizio civile all’estero.

Arriviamo quindi ad un totale di 80.919 volontari ogni anno: un numero che non solo è oltre 4 volte superiore a quello reso possibile dalla disponibilità finanziaria del bilancio 2013 dello Stato Italiano, ma è doppio anche rispetto alle richieste della campagna “Sbilanciamoci”.

 

Quanto costerebbe il “Modello Campania”?

E’ presto detto.

Un volontario “costa” 5.902 euro (fonte UNSC 2011), che moltiplicato per 80.919 porta alla ragguardevole somma di oltre 477 milioni di euro.

A tale importo aggiungiamo le risorse necessarie per il funzionamento di UNSC, le spese di vitto-alloggio-viaggio dei volontari all’estero, ecc. ecc.

Possiamo quindi ragionevolmente affermare che l’investimento complessivo annuo del servizio civile, utilizzando il “Modello Campania” si aggirerebbe tra i 500 ed i 550 milioni di euro.

 

Passiamo ora al “Modello Lombardia”, regione che come già detto pesa per il 14,15% del FNPS.

Le richieste lombarde porterebbero conseguentemente a bandi regionali di servizio civile per un totale di 10.890 volontari.

Tale numero proiettato sul bando nazionale porta ad una richiesta per i “progetti Italia” di 23.673 volontari, che diventano 24.546 calcolando gli accompagnatori di ciechi e i giovani impiegati in progetti all’estero.

 

Costo del Modello Lombardia: poco meno di 145 milioni di euro per i volontari in quanto tali, che con le spese accessorie passano ad un range compreso tra i 155 ed i 165 milioni di euro.

 

Siete sopravvissuti a questo turbinio di cifre?

Spero di sì.

Quali sono le considerazioni di chi scrive, di fronte a questi due “scenari”?

In ordine di “venuta in mente”:

 

Prima considerazione: la Lombardia è popolata da “pirla”.

Enti non profit, enti locali, Regione si sono arrabattati per far rientrare il “bisogno di servizio civile” all’interno delle risorse effettivamente  disponibili.

I risultati  di questi equilibrismi?

Innanzitutto essere rimbrottati per aver effettuato “scelte discutibili” per garantire un accesso equo alla risorsa scarsa, come ho avuto modo di leggere recentemente su “Vita” in un’intervista.

In secondo luogo essere messi comunque nel calderone di chi vede il servizio civile come un “ammortizzatore sociale”, come ho letto su un articolo comparso sul Corriere della Sera dello scorso 10 dicembre.

Da lombardo a lombardi: siamo proprio dei pirla (dialettismo che corrisponde all’aulico italiano “fessi”), diciamocelo!

Impariamo dai nostri fratelli campani, chiediamo anche quello che non c’è… la provvidenza ci verrà in ausilio.

Alla mala parata, sarà un bello scontro “all’ultimo progetto”, dove prevarrà chi ha la penna ed i canini più affilati, alla faccia della programmazione del territorio e della risposta ai bisogni dei più deboli.

 

Seconda considerazione: la mia cittadinanza si sente schizofrenica.

Ho il passaporto con scritto “Repubblica Italiana” sulla copertina.

Quale Repubblica Italiana?

Perché non è possibile che le differenze tra territori che distano poche centinaia di chilometri siano talmente distanti per ciò che riguarda utilizzo di una risorsa pubblica, approccio alla stessa, concetto di governo del territorio e dei bisogni…. e potrei continuare nell’elenco.

Una tale differenza di “modelli” mette in crisi non solo il concetto di servizio civile ma anche il mio considerarmi cittadino, ossia di essere umano titolare di diritti (e di doveri) all’interno di una comunità di eguali.

I numeri raccontano e descrivono due comunità, che ogni giorno si allontanano sempre più: una talmente morigerata da essere “tafazziana”, l’altra così smodata da scivolare nell’assistenzialismo fine a sé stesso.

 

Terza considerazione: i desideri smodati sono fonte di sofferenza

Utilizzo questo bell’aforisma di Nicolas Chamfort (“Massime e pensieri”, Ed. Guanda, Parma, 1998, pagina 13).

Che dire, la razionalità prevale in me, prepotente.

Come può funzionare IL “desiderio campano”, se necessita di risorse più che doppie di quelle avanzate da quegli “estremisti” della Campagna “Sbilanciamoci”?

Nei territori del meridione c’è qualcosa che, in tema di servizio civile, semplicemente non funziona.

La sensazione di assistere ad un periodico “assalto alla diligenza” delle risorse pubbliche è fortissima.

Il dubbio che queste risorse pubbliche vengano male utilizzate è angosciante.

Il fatto che poi oltre il 30% del servizio civile sia concentrato da lustri in due sole regioni, Campania e Sicilia, non dovrebbe farci meravigliare che questo bellissimo istituto venga equiparato ad un “ammortizzatore sociale” su uno dei maggiori quotidiani nazionali.

 

Si è versato il latte, ed imperterriti continuiamo a versarlo….. si abbia il buon gusto di non piangerci sopra.


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