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Attivismo civico & Terzo settore

La difesa della Patria non c’è più

di Claudio Di Blasi

 

In questi giorni ed ore il piccolo mondo del servizio civile è in subbuglio, a causa del complesso caso di Tanwir Syed Shahzad, il giovane pachistano che, nel 2011, si oppose al rigetto della sua domanda di partecipazione al bando di servizio civile.

I tempi della giustizia italiana non hanno mai brillato per celerità, e si è dovuto attendere il 22 marzo 2013 per vedere pubblicate le motivazioni per cui la Corte d’Appello di Milano ha ulteriormente dato ragione al giovane, rigettando il ricorso della Presidenza del Consiglio dei Ministri.

Quanto deciso dalla Corte d’Appello di Milano è importate per una duplice ragione.

Nell’immediato, perché riconferma un principio: il servizio civile volontario può essere effettuato non solo da giovani in possesso della cittadinanza italiana, ma anche da giovani comunitari ed extracomunitari permanentemente residenti sul territorio nazionale.

Citando la Corte d’Appello il servizio civile è attuabile da “tutti coloro che partecipino alla comunità dei diritti e dei doveri in base ad una scelta non giuridicamente imposta del luogo ove stabilire la propria permanente residenza” e che conseguentemente siano “parti di una ‘comunità di diritti e doveri, più ampia e comprensiva di quella fondata sul criterio di cittadinanza in senso stretto’”.

Ma vi è un altro aspetto importante ricavabile dalle motivazioni della sentenza della Corte d’Appello, e che senza alcun dubbio inciderà sullo stesso dibattito inerente la riforma della legge 64/2001: la “difesa della Patria” non è la ragion d’essere del servizio civile volontario.

Citando sempre la Corte d’Appello di Milano “il servizio civile non è più qualificabile come sostituivo del servizio militare obbligatorio per gli obiettori di coscienza, una volta che il primo sia stato soppresso: infatti non solo viene prestato su base esclusivamente volontaria, ma è anche orientato, ai sensi dell’art. 1 della legge 64, a specifiche finalità che non si esauriscono nella difesa della patria con mezzi ed attività non militari, in alternativa al servizio militare obbligatorio”.

Sempre la Corte d’Appello di Milano rincara la dose e, dopo aver minuziosamente elencato le finalità del servizio civile volontario, contenute nell’articolo 1 della legge 64/2001, afferma come esse “sono prese in considerazione in modo disgiunto e non possono essere in alcun modo ricollegate alla nozione di difesa della patria con mezzi e attività non militari, riguardando, a tutti gli effetti, servizi civili ricollegabili al principio di solidarietà di cui all’art. 2 Cost.”

 

Faccio notare come la Corte d’Appello nell’inciso sopra riportato utilizzi il plurale “servizi civili”, enfatizzando sia la diversità degli stessi sia l’inesistenza di un unico principio fondante del servizio civile, la “difesa della patria” appunto.

Un’interpretazione di tal genere delle ragioni del servizio civile letteralmente demolisce il concetto di servizio civile basato sulla predominanza, legislativa e organizzativa, dello Stato.

A volere essere moderati, il servizio civile del futuro non vedrà solo l’ingresso dei “non cittadini italiani”, ma dovrà prevedere una pari dignità di Stato ed autonomie regionali nella sua organizzazione e gestione.

Le Regioni e Province Autonome dovranno essere soggetti attivi in tutte le sue fasi, e non mere esecutrici di quanto stabilito da Ufficio Nazionale per il Servizio Civile.

Di più: in alcuni ambiti progettuali (ad esempio il settore assistenza e welfare) spetterebbe in via esclusiva alle Regioni la valutazione dei progetti di servizio civile, indipendentemente dal fatto che gli stessi siano presentati da enti nazionali o regionali.

E’ quasi superfluo aggiungere che la Corte d’Appello di Milano nei fatti manda in soffitta buona parte dei progetti di legge di riforma della legge 64/2001 presentati nella scorsa legislatura, in quanto incentrati proprio sul concetto di “servizio civile come difesa della Patria”.

Ben venga quindi l’ingresso dei “non italiani” nel servizio civile, se ciò è la conseguenza logica dell’annichilimento di un servizio civile centralizzato e burocratizzato, travestito con il “vestito buono”, ma che sa di naftalina, della difesa della patria.

Ho un’unica preoccupazione: che nei prossimi mesi e settimane in quel di Roma usino questa sentenza per bloccare o ritardare l’uscita del bando 2013.

Ma nessuno di noi ha la palla di cristallo… vedremo che cosa ci riserverà il futuro.


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